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Ignota è l’identità di A, ma l’impiego del verbo αποδιδράσκω (detto spesso
in riferimento a figure di servi ovvero di disertori: vd. infra) lascerebbe sup-
porre che a parlare sia un qualche servus-, l’uso letterario di απαγγέλλω come
verbo proprio dei messaggeri (vd. infra) consentirebbe invece di ipotizzare
per B un ruolo da nuntius, mentre, sulla base del titolo della commedia (e,
soprattutto, in ragione del tradizionale ‘binomio satiresco’ Dioniso-Satiri),
non sarebbe insensato immaginare che dietro la figura del θεός menzionato
al v. 2 si celi il dio Dioniso (così suggeriva già G. Kaibel [ap. PCG VII, p. 415],
per il quale la situazione scenica adombrata nel frammento sarebbe stata la
seguente: «senatui oppositus Satyrorum [...] chorus tamquam concio, loquitur
servus hominis alicuius qui bonum quendam nuntium praeter spem ad sena-
tum prius quam ad populum adtulit. Deus autem, Bacchus ni fallor, videtur
senatus hospitio exceptus in curia morari»289).
La fissazione dello schema metrico dei versi risale per primo a JJ. Scaliger
(ap. Hoeschel 1603, p. 3). Sull’attenzione destinata al frammento dagli studiosi
ai fini della ricostruzione della possibile trama della commedia vd., supra, ad
Contenuto.
1 ότιή Brillante intervento congetturale di JJ. Scaliger (ap. Hoeschel
1603, p. 3), approvato all’unanimità dalla critica, in luogo della lectio codicum,
banale e ametrica, ori. Tale congiunzione causale - un colloquialismo tipico del
dialetto attico (cfr. Eust. in II. p. 118.37; Tz. gl. in Ar. PI. 324 Massa Positano) - è
attestata nella letteratura drammatica unicamente in commedia290 e nel dram-
ma satiresco291, spesso come incipit di trimetro giambico292 ovvero di altri

289 Giudicando «a potent suggestion» l’ipotesi di Kaibel di identificare il dio men-
zionato al v. 2 con Dioniso, Bakola (2010, p. 104) ha suggerito la possibilità che
il frammento «was spoken by thè chorus of satyrs, who had arrived in Athens
after escaping from thè Service of Dionysus». Favorevoli all’idea che nel θεός del
v. 2 vada riconosciuto Dioniso si sono mostrati ora anche Storey (FOC III, p. 69) e
Zimmermann (2011, p. 751): vd., supra, ad n. 282.
290 Cfr., e.g., Ar. Ach. 1062, Eq. 29, 34,181, 236, 343, 360, 428, 732, 780, 821,1077,1083, Nu.
331, 755b, 756, 784, 1046, 1258, V. 786, 853, 1395, Pax 211, 409ξ Αν. 150&, lOlOc, Lys.
11,442, 1228, Ih. 85, 706, Ra. 523, 557, 811, 1146,?/. 48b, 324, 573, 948, 1112; Hermipp.
fr. 63.11; Eup. frr. 50, 328.2; Alc.Com. fr. 10.1; Aristomen. fr. 3; Alex. fr. 268.3; Ephipp.
fr. 21.4; Mnesim. frr. 4.9, 7.1. Giova segnalare che, in taluni casi, quando non rappre-
senta una varia lectio nella tradizione manoscritta, la congiunzione avverbiale ότιή è
frutto di un’emendazione moderna, adottata dagli editori metri causa: degli esempi
sopra citati, cfr., e.g., Ar. Pax211, Lys. 1228, Ih. 706; Hermipp. fr. 63.11; Ephipp. fr. 21.4.
291 Cfr., e.g., Aesch. fr. 218a.9; Eur. Cyc. 643.
292 Degli esempi citati alla n. 290, cfr. Ar. Ach. 1062, Eq. 29, 34, 181, 236, 732, 1077, Nu.
756, 784, 1258, V. 786, 853, Pax 211, Lys. 11, Eh. 85, Ra. 523, 557, 1146, PI. 948; Eup.
 
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