64
Frammenti
chiederei se non fosse piuttosto presente un riferimento a un vero e proprio
“incubo” dei cittadini ateniesi; con σϋκον era infatti etimologicamente collega-
to συκοφάντης, losca figura di delatore tristemente nota nell’Atene del V sec.
a. C. e oggetto di violenti attacchi nelle commedie di Aristofane58. È notevole
che anche nella parabasi delle Vespe (vv. 1037-1042) Aristofane ricorra alla
metafora dei sicofanti che come “febbri” (πυρετοί: v. 1038) turbano di notte
(νύκτωρ: v. 1039) i sonni degli Ateniesi (sulla metafora dei sicofanti, veri “incu-
bi” dei dormienti, cf. Taillardat 1965, 425; Imperio 2004, 291-292); ed è signifi-
cativo che Evatlo, noto come ρήτωρ συκοφάντης (cf. schol. [vet Tr] Ar. V. 592b
Koster) e frequente bersaglio degli strali comici (su questo argomento cf, tra
i più recenti, Sommerstein 1996, 348; Treu 1999, 206; Napolitano 2002, 95-97;
Olson 2002, 252-253; Imperio 2004, 158-160), sia attaccato per la sua violenza
accusatoria neH’antepirrema della parabasi degli Acarnesi (vv. 703-718), in un
passo in cui l’angoscia dei vecchi perseguitati dalle azioni giudiziarie è resa
icasticamente con l’impossibilità di “prender sonno” (cf. v. 713: τούς γέροντας
ούκ έάθ’ ύπνου τυχεΐν)59. Non mi pare dunque improbabile che Nicofonte, con
l’immagine dell’indigestione da “fichi” con successiva “febbre” che incombe
nelle ore del riposo (cf. v. 2: καθεύδηι), alludesse a quella piaga del sistema
giudiziario ateniese, destinata a sconvolgere la quiete dei cittadini.
v. 3 ούκ άξιος τριωβόλου: L’espressione pone difficoltà esegetiche: Edmonds
FACI, 941, seguito da Greselin 2001, 225 n. 3, traduce «not worth thè doctor’s
sixpence» e in nota chiosa: «Ut. not worth three obols, presummably a doc-
tor’s fee, but this is not certain» (941 n. b); e che il sintagma non fosse chiaro
avvertiva già Kock: «verba [...] quid significent nescio. [...] neque esse potest
febris, non trioboli iactura, sed magno pretio curando» (CAFI, 777). Analoghe
espressioni, «d’allure proverbiale» (Taillardat 1965, 126 e n. 2; e cf. Tosi 2010,
1243-1244), non sono rare in commedia (cf., ex. gr., Ar. Nu. 1395-1396, Pax
1223, Ra. 614, Pi. 124-125; Eup. fr. 99.20 K.-A.); e il nesso è attestato anche
in età alessandrina: in Fenice di Colofone (fr. 6.21 Powell = fr. 1.21 Diehl3),
58 Cf., ex. gr., Taillardat 1965, 423-425; Labarbe 1996, 143-171; Doganis 2001, 225-248;
e, soprattutto, le monografie di Christ 1998, di Doganis 2007 e di Pellegrino 2010;
per l’oscuro legame etimologico tra σϋκον e συκοφάντης: Frisk GEW11 218-219
s.v. συκοφάντης; Chantraine DELG 1069 s.v. σϋκον; Arnott 1996, 551-552; Pérez
Martel 2000, 237; Imperio 2004, 201; Beekes EDG 1421 s.v. συκοφάντης.
59 Si veda in proposito Totaro 2000, 185 n. 13; e che nella metafora proposta nella
parabasi delle Vespe (v. 1038) siano riconoscibili giovani fortemente interessati
all’attività causidica, come ad esempio Evatlo, suggerisce anche Sonnino 2005,
213-220.
Frammenti
chiederei se non fosse piuttosto presente un riferimento a un vero e proprio
“incubo” dei cittadini ateniesi; con σϋκον era infatti etimologicamente collega-
to συκοφάντης, losca figura di delatore tristemente nota nell’Atene del V sec.
a. C. e oggetto di violenti attacchi nelle commedie di Aristofane58. È notevole
che anche nella parabasi delle Vespe (vv. 1037-1042) Aristofane ricorra alla
metafora dei sicofanti che come “febbri” (πυρετοί: v. 1038) turbano di notte
(νύκτωρ: v. 1039) i sonni degli Ateniesi (sulla metafora dei sicofanti, veri “incu-
bi” dei dormienti, cf. Taillardat 1965, 425; Imperio 2004, 291-292); ed è signifi-
cativo che Evatlo, noto come ρήτωρ συκοφάντης (cf. schol. [vet Tr] Ar. V. 592b
Koster) e frequente bersaglio degli strali comici (su questo argomento cf, tra
i più recenti, Sommerstein 1996, 348; Treu 1999, 206; Napolitano 2002, 95-97;
Olson 2002, 252-253; Imperio 2004, 158-160), sia attaccato per la sua violenza
accusatoria neH’antepirrema della parabasi degli Acarnesi (vv. 703-718), in un
passo in cui l’angoscia dei vecchi perseguitati dalle azioni giudiziarie è resa
icasticamente con l’impossibilità di “prender sonno” (cf. v. 713: τούς γέροντας
ούκ έάθ’ ύπνου τυχεΐν)59. Non mi pare dunque improbabile che Nicofonte, con
l’immagine dell’indigestione da “fichi” con successiva “febbre” che incombe
nelle ore del riposo (cf. v. 2: καθεύδηι), alludesse a quella piaga del sistema
giudiziario ateniese, destinata a sconvolgere la quiete dei cittadini.
v. 3 ούκ άξιος τριωβόλου: L’espressione pone difficoltà esegetiche: Edmonds
FACI, 941, seguito da Greselin 2001, 225 n. 3, traduce «not worth thè doctor’s
sixpence» e in nota chiosa: «Ut. not worth three obols, presummably a doc-
tor’s fee, but this is not certain» (941 n. b); e che il sintagma non fosse chiaro
avvertiva già Kock: «verba [...] quid significent nescio. [...] neque esse potest
febris, non trioboli iactura, sed magno pretio curando» (CAFI, 777). Analoghe
espressioni, «d’allure proverbiale» (Taillardat 1965, 126 e n. 2; e cf. Tosi 2010,
1243-1244), non sono rare in commedia (cf., ex. gr., Ar. Nu. 1395-1396, Pax
1223, Ra. 614, Pi. 124-125; Eup. fr. 99.20 K.-A.); e il nesso è attestato anche
in età alessandrina: in Fenice di Colofone (fr. 6.21 Powell = fr. 1.21 Diehl3),
58 Cf., ex. gr., Taillardat 1965, 423-425; Labarbe 1996, 143-171; Doganis 2001, 225-248;
e, soprattutto, le monografie di Christ 1998, di Doganis 2007 e di Pellegrino 2010;
per l’oscuro legame etimologico tra σϋκον e συκοφάντης: Frisk GEW11 218-219
s.v. συκοφάντης; Chantraine DELG 1069 s.v. σϋκον; Arnott 1996, 551-552; Pérez
Martel 2000, 237; Imperio 2004, 201; Beekes EDG 1421 s.v. συκοφάντης.
59 Si veda in proposito Totaro 2000, 185 n. 13; e che nella metafora proposta nella
parabasi delle Vespe (v. 1038) siano riconoscibili giovani fortemente interessati
all’attività causidica, come ad esempio Evatlo, suggerisce anche Sonnino 2005,
213-220.