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Phrynichos
ricorre, per es., in Ar. Ph. 339-340, con Austin / Olson 2004, p. 163). Sull’uso
di ύποβάλλεσθαι nell’accezione di “spacciare per proprio (come fosse un fi-
glio) il lavoro di altri” cfr. Futile selezione di passi offerta da Ziegler (1950,
p. 1958.31-35), in cui si raccoglie una casistica di situazioni che fanno riferi-
mento a episodi di plagio e/o di imitazione letteraria: (a) Stradone (XVII. 1. 5),
nel commentare la polemica tra il platonico Eudoro e il peripatetico Aristone,
autori di due monografie sul Nilo identiche nei contenuti, ricorre alla seguente
battuta: “e quale dei due fu colui che si appropriò del lavoro dell’altro (ò
τάλλότρια υποβαλλόμενος), lo si potrebbe scoprire solo andando nel tempio
di Ammone”; (b) nell’Arg. (a) 25-26 Diggle della Medea di Euripide si attesta
che il dramma euripideo sarebbe in realtà una rielaborazione di una tragedia
di Neofrone (= TrGFT, 15 T 2): το δράμα δοκεΐ ύποβαλέσθαι παρά Νεόφρονος
διασκευάσας; (c) in Phot. Bibl. 487b si discute se Isocrate possa essere in-
colpato di furto (κλοπή) per essersi appropriato, nel Panegirico, di materiale
tratto dai discorsi funebri di Archino, di Tucidide e di Lisia (cfr. la locuzione
impiegata da Fozio per esprimere il concetto: ύποβαλλόμενον τά άλλότρια);
(d) in Diog.Laert. II. 60 si accenna all’accusa, rivolta dai rivali a Eschine di
Sfetto, di spacciare per propri i dialoghi che erano invece opera di Socrate
e che egli avrebbe acquisito per il tramite di Santippe, moglie del celebre
filosofo: “Eschine [...] era calunniato, e soprattutto da Menedemo di Eretria,
in quanto avrebbe fatto passare per suoi (ύποβάλλοιτο) parecchi dialoghi, che
erano di Socrate, dopo averli presi da Santippe (λαμβάνων παρά Ξανθίππης)”.
Alla luce di questi esempi, sembra dunque plausibile ritenere che, anche nella
testimonianza su Frinico, il verbo ricorra a indicare l’usurpazione, da parte
del commediografo, della paternità di componimenti altrui: in altre parole, il
poeta verrebbe accusato da Ermippo di essere un plagiario. Sullo sfondo di
una «authorial collaboration» tra commediografi, Halliwell (1989, pp. 517-518,
524, 528) ha suggerito la possibilità che ύποβάλλεσθαι vada inteso nel senso
di “far passare il proprio componimento (come se fosse un figlio) sotto altri”
(cfr. LSJ, s. v. υποβάλλω [ILI], p. 1875: «palm offone’s own child as another’s»),
prospettando l’ipotesi che Ermippo in realtà attaccasse il rivale per il fatto di
presentare a proprio nome i drammi composti da un altro poeta.
Che l’accusa rivolta da Ermippo a Frinico si inserisca nel quadro più ampio
di una «competition between [...] generations», che avrebbe visto contrappo-
sti i poeti comici della cosiddetta ‘prima generazione’ e quelli della ‘seconda
generazione’, ha argomentato in tempi recenti Biles (2001, pp. 199-200); sui
concetti di ‘prima generazione’ e di ‘seconda generazione’ di comici vd. supra,
ad T 1.
Phrynichos
ricorre, per es., in Ar. Ph. 339-340, con Austin / Olson 2004, p. 163). Sull’uso
di ύποβάλλεσθαι nell’accezione di “spacciare per proprio (come fosse un fi-
glio) il lavoro di altri” cfr. Futile selezione di passi offerta da Ziegler (1950,
p. 1958.31-35), in cui si raccoglie una casistica di situazioni che fanno riferi-
mento a episodi di plagio e/o di imitazione letteraria: (a) Stradone (XVII. 1. 5),
nel commentare la polemica tra il platonico Eudoro e il peripatetico Aristone,
autori di due monografie sul Nilo identiche nei contenuti, ricorre alla seguente
battuta: “e quale dei due fu colui che si appropriò del lavoro dell’altro (ò
τάλλότρια υποβαλλόμενος), lo si potrebbe scoprire solo andando nel tempio
di Ammone”; (b) nell’Arg. (a) 25-26 Diggle della Medea di Euripide si attesta
che il dramma euripideo sarebbe in realtà una rielaborazione di una tragedia
di Neofrone (= TrGFT, 15 T 2): το δράμα δοκεΐ ύποβαλέσθαι παρά Νεόφρονος
διασκευάσας; (c) in Phot. Bibl. 487b si discute se Isocrate possa essere in-
colpato di furto (κλοπή) per essersi appropriato, nel Panegirico, di materiale
tratto dai discorsi funebri di Archino, di Tucidide e di Lisia (cfr. la locuzione
impiegata da Fozio per esprimere il concetto: ύποβαλλόμενον τά άλλότρια);
(d) in Diog.Laert. II. 60 si accenna all’accusa, rivolta dai rivali a Eschine di
Sfetto, di spacciare per propri i dialoghi che erano invece opera di Socrate
e che egli avrebbe acquisito per il tramite di Santippe, moglie del celebre
filosofo: “Eschine [...] era calunniato, e soprattutto da Menedemo di Eretria,
in quanto avrebbe fatto passare per suoi (ύποβάλλοιτο) parecchi dialoghi, che
erano di Socrate, dopo averli presi da Santippe (λαμβάνων παρά Ξανθίππης)”.
Alla luce di questi esempi, sembra dunque plausibile ritenere che, anche nella
testimonianza su Frinico, il verbo ricorra a indicare l’usurpazione, da parte
del commediografo, della paternità di componimenti altrui: in altre parole, il
poeta verrebbe accusato da Ermippo di essere un plagiario. Sullo sfondo di
una «authorial collaboration» tra commediografi, Halliwell (1989, pp. 517-518,
524, 528) ha suggerito la possibilità che ύποβάλλεσθαι vada inteso nel senso
di “far passare il proprio componimento (come se fosse un figlio) sotto altri”
(cfr. LSJ, s. v. υποβάλλω [ILI], p. 1875: «palm offone’s own child as another’s»),
prospettando l’ipotesi che Ermippo in realtà attaccasse il rivale per il fatto di
presentare a proprio nome i drammi composti da un altro poeta.
Che l’accusa rivolta da Ermippo a Frinico si inserisca nel quadro più ampio
di una «competition between [...] generations», che avrebbe visto contrappo-
sti i poeti comici della cosiddetta ‘prima generazione’ e quelli della ‘seconda
generazione’, ha argomentato in tempi recenti Biles (2001, pp. 199-200); sui
concetti di ‘prima generazione’ e di ‘seconda generazione’ di comici vd. supra,
ad T 1.