76
Phrynichos
Ben più squalificante è l’immagine del musico tracciata al v. 675 delle Vespe,
in cui, attraverso l’espressione Κόννου ψήφον (“voto di Conno”), variazione
di matrice aristofanea del proverbio Κόννου θρϊον (“foglia di fico di Conno”),
detto in riferimento a cose prive di valore (cfr. scholl. [vett.-Tr.] Ar. V. 675bde;
Hsch. κ 3534; Suid. κ 2048; vd. inoltre Kanavou 2011, p. 66), si allude al fatto
che il personaggio avesse fama di essere uno stupido; una nomea, che sembra
peraltro trovare riscontro in una glossa esichiana, di probabile derivazione
comica (Hsch. κ 3536 [= Com.Adesp. fr. 371]: κοννόφροσιν· άφροσιν), e nella
notizia - ascritta dallo schol. [VT; Aid.] Ar. V. 675b al grammatico Eufronio
(fr. 72 Strecker) - che Conno era ήδύς τις, vale a dire un individuo «simple»,
«soft in thè head» (Sommerstein 1983b, p. 489).
La notorietà del personaggio era legata non alle sue doti artistiche, ma al
fatto di essere stato maestro di kithara di Socrate, che - come informa Platone
(Euthd. 272c, 295d, Mx. 236a; cfr. inoltre Cìc. farri. IX. 22. 3, Caio 26; Quint. inst.
I. 10. 13; Max.Tyr. Diss. 38. 4; Epist.Sacrai. 14. 2 [= p. 619 Hercher]) - si recò
da lui, in tarda età, per prendere lezioni di musica.74 Una scelta che, invero,
si rivelò infelice per il filosofo, il quale non trascorse affatto bei momenti
nella scuola di Conno, poiché, come rammenta lo stesso Socrate neW Eutidemo
platonico, questi era un didaskalos parecchio suscettibile e, nel corso dei suoi
(frequenti) impeti d’ira, arrivava a dare dell’“ignorante” al suo maturo allievo,
per via della proverbiale άμαθίαάί Socrate in campo musicale;75 e, come se ciò
74 Interessante è parso agli occhi degli esegeti il passo del Menesseno: “questi due
infatti sono i miei maestri, l’uno di musica (= Conno), l’altra di retorica (= Aspasia).
Nessuna meraviglia, dunque, se un uomo cresciuto in questo modo sia abile a
parlare. Ma anche chi abbia ricevuto un’educazione inferiore alla mia e sia stato
educato nella musica da Lampro e nella retorica da Antifonte di Ramnunte riu-
scirebbe a farsi onore lo stesso tessendo le lodi di Ateniesi tra Ateniesi” (236a). Con
tali parole, Socrate sembra voler rimarcare - ricorrendo quasi a una sottile ironia
(cfr. Winnington-Ingram 1988, p. 248; Brock 1990, pp. 47-48) - il livello superiore
della sua preparazione retorica e musicale, frutto degli insegnamenti rispettiva-
mente di Aspasia e di Conno, di contro alla prassi consueta che vedeva i giovani
ateniesi istruirsi in questi due campi del sapere presso personalità di spicco, come
il retore Antifonte di Ramnunte (le cui doti oratorie sono ricordate in Ih. Vili. 68.
1) e il musico Lampro (sulla cui abilità musicale veniamo informati da Aristox. fr.
76 Wehrli2, Nep. Epam. 2.1, Lib. Or. 64.89 [= IV, p. 478.9-15 Forster]; su Lampro vd.,
infra, ad. fr. 74, che alcuni studiosi hanno ritenuto di poter assegnare al Konnos di
Frinico).
75 Cfr. Plato Euthd. 295d: “e anch’egli (= Conno) si adira con me, ogni volta che non gli
cedo e poi si prende meno cura di me, come fossi un ignorante (ώς άμαθοϋς όντος);
ma poiché avevo deciso di frequentare anche costui, credetti di dover cedere, per
evitare che, ritenendomi un alunno incapace (σκοαόν), non mi accettasse”.
Phrynichos
Ben più squalificante è l’immagine del musico tracciata al v. 675 delle Vespe,
in cui, attraverso l’espressione Κόννου ψήφον (“voto di Conno”), variazione
di matrice aristofanea del proverbio Κόννου θρϊον (“foglia di fico di Conno”),
detto in riferimento a cose prive di valore (cfr. scholl. [vett.-Tr.] Ar. V. 675bde;
Hsch. κ 3534; Suid. κ 2048; vd. inoltre Kanavou 2011, p. 66), si allude al fatto
che il personaggio avesse fama di essere uno stupido; una nomea, che sembra
peraltro trovare riscontro in una glossa esichiana, di probabile derivazione
comica (Hsch. κ 3536 [= Com.Adesp. fr. 371]: κοννόφροσιν· άφροσιν), e nella
notizia - ascritta dallo schol. [VT; Aid.] Ar. V. 675b al grammatico Eufronio
(fr. 72 Strecker) - che Conno era ήδύς τις, vale a dire un individuo «simple»,
«soft in thè head» (Sommerstein 1983b, p. 489).
La notorietà del personaggio era legata non alle sue doti artistiche, ma al
fatto di essere stato maestro di kithara di Socrate, che - come informa Platone
(Euthd. 272c, 295d, Mx. 236a; cfr. inoltre Cìc. farri. IX. 22. 3, Caio 26; Quint. inst.
I. 10. 13; Max.Tyr. Diss. 38. 4; Epist.Sacrai. 14. 2 [= p. 619 Hercher]) - si recò
da lui, in tarda età, per prendere lezioni di musica.74 Una scelta che, invero,
si rivelò infelice per il filosofo, il quale non trascorse affatto bei momenti
nella scuola di Conno, poiché, come rammenta lo stesso Socrate neW Eutidemo
platonico, questi era un didaskalos parecchio suscettibile e, nel corso dei suoi
(frequenti) impeti d’ira, arrivava a dare dell’“ignorante” al suo maturo allievo,
per via della proverbiale άμαθίαάί Socrate in campo musicale;75 e, come se ciò
74 Interessante è parso agli occhi degli esegeti il passo del Menesseno: “questi due
infatti sono i miei maestri, l’uno di musica (= Conno), l’altra di retorica (= Aspasia).
Nessuna meraviglia, dunque, se un uomo cresciuto in questo modo sia abile a
parlare. Ma anche chi abbia ricevuto un’educazione inferiore alla mia e sia stato
educato nella musica da Lampro e nella retorica da Antifonte di Ramnunte riu-
scirebbe a farsi onore lo stesso tessendo le lodi di Ateniesi tra Ateniesi” (236a). Con
tali parole, Socrate sembra voler rimarcare - ricorrendo quasi a una sottile ironia
(cfr. Winnington-Ingram 1988, p. 248; Brock 1990, pp. 47-48) - il livello superiore
della sua preparazione retorica e musicale, frutto degli insegnamenti rispettiva-
mente di Aspasia e di Conno, di contro alla prassi consueta che vedeva i giovani
ateniesi istruirsi in questi due campi del sapere presso personalità di spicco, come
il retore Antifonte di Ramnunte (le cui doti oratorie sono ricordate in Ih. Vili. 68.
1) e il musico Lampro (sulla cui abilità musicale veniamo informati da Aristox. fr.
76 Wehrli2, Nep. Epam. 2.1, Lib. Or. 64.89 [= IV, p. 478.9-15 Forster]; su Lampro vd.,
infra, ad. fr. 74, che alcuni studiosi hanno ritenuto di poter assegnare al Konnos di
Frinico).
75 Cfr. Plato Euthd. 295d: “e anch’egli (= Conno) si adira con me, ogni volta che non gli
cedo e poi si prende meno cura di me, come fossi un ignorante (ώς άμαθοϋς όντος);
ma poiché avevo deciso di frequentare anche costui, credetti di dover cedere, per
evitare che, ritenendomi un alunno incapace (σκοαόν), non mi accettasse”.