134
Phrynichos
parte, trova riscontro nelle testimonianze superstiti l’ipotesi - sostenuta da
diversi studiosi - che, nella parte conclusiva della commedia, la presa di co-
scienza degli aspetti negativi del modus vivendi timoniano spingesse il pro-
tagonista a una «Bekehrung» (Gòrler 1963, p. 276 con n. 3) rispetto alla sua
scelta di allontanarsi da tutto e tutti e al conseguente rientro nella polis.* * * * * * * * * 139
Parte della critica riferisce alla commedia anche i frr. incertae sedis 61-62.
Data II dramma fu rappresentato alle Dionisie urbane del 414 a. C., dove si
classificò al terzo posto dopo i Kdmastai di Amipsia e gli Uccelli di Aristofane:
vd., supra, adT 7a; e cfr. inoltre schol. [ΥΕΓ] Ar. Av. 997a (= fr. 22).
Dienelt 1953, pp. 86-87; Sartori 1957, p. 101 con n. 2 [cfr. Sartori 1975, p. 44 n.
67]; Zimmermann 1991, pp. 78-79; cfr. Zimmermann 2006, pp. 163-164 [= 2010,
p. 149]; Ceccarelli 2000, p. 453; Ruffel 2000, p. 494; Olson 2006, p. 92 [ad B21],
p. 196 [ad E2]; sui concetti di άπραγμοσύνη e di πολυπραγμοσύνη cfr. Nestle
1938 [vd. Nestle 1948]; Ehrenberg 1947 [= 1965]; Dienelt 1953; Kleve 1964; Adkins
1976; Carter 1986). L’idea della fuga del Monotropos dal consorzio umano, come
diretta conseguenza delfinfelice situazione storico-politica in cui versava la città
di Atene al tempo della guerra del Peloponneso, fu prospettata già da Bergk (1838,
pp. 370-371).
139 Così, per es., riteneva G. Kaibel (ap. PCGVR, p. 403): «de argumento fabulae nihil
dici potest, sed quoniam qui άπρόσοδον et «διάλεκτον βίον agit nulli omnino fabu-
lae aptus est, hoc sine dubio efficere studuit poeta ut mente moribusque paullatim
mutatis ille ad hominum consuetudinem revocari se pateretur». Per la maggioranza
degli studiosi - cfr., e.g., Murray 1933, p. 103, 139 n. 1; Turato 1979, pp. 67, 104;
Conti Bizzarro 1987, pp. 26-27; Dunbar 1995, p. 6; Ceccarelli 2000, pp. 461-462;
Ruffel 2000, pp. 494-495; Farioli 2001, p. 185 con n. 133; Storey 2010, p. 213 (cfr.
Storey FOC III, p. 57) - il Monotropos farebbe parte di quel ‘filone’ della commedia
attica antica (ben esemplificato, per es., dagli Agrioi di Ferecrate e dagli Uccelli di
Aristofane), in cui la vicenda scenica era imperniata sulla fuga del protagonista
(ovvero dei personaggi principali) dalla città, alla ricerca di una vita migliore nello
‘stato di natura’ ovvero al di fuori del consorzio umano, in solitudine; un’avven-
tura «seducente ed impossibile» (Turato 1979, p. 104), cui faceva però seguito,
nella parte conclusiva del dramma, l’inevitabile presa di coscienza degli aspetti
eminentemente negativi della nuova realtà esperita e dell’impossibilità di vivere al
di fuori del contesto urbano e sociale della polis, «despite all its faults» (Ceccarelli
2000, p. 462).
Phrynichos
parte, trova riscontro nelle testimonianze superstiti l’ipotesi - sostenuta da
diversi studiosi - che, nella parte conclusiva della commedia, la presa di co-
scienza degli aspetti negativi del modus vivendi timoniano spingesse il pro-
tagonista a una «Bekehrung» (Gòrler 1963, p. 276 con n. 3) rispetto alla sua
scelta di allontanarsi da tutto e tutti e al conseguente rientro nella polis.* * * * * * * * * 139
Parte della critica riferisce alla commedia anche i frr. incertae sedis 61-62.
Data II dramma fu rappresentato alle Dionisie urbane del 414 a. C., dove si
classificò al terzo posto dopo i Kdmastai di Amipsia e gli Uccelli di Aristofane:
vd., supra, adT 7a; e cfr. inoltre schol. [ΥΕΓ] Ar. Av. 997a (= fr. 22).
Dienelt 1953, pp. 86-87; Sartori 1957, p. 101 con n. 2 [cfr. Sartori 1975, p. 44 n.
67]; Zimmermann 1991, pp. 78-79; cfr. Zimmermann 2006, pp. 163-164 [= 2010,
p. 149]; Ceccarelli 2000, p. 453; Ruffel 2000, p. 494; Olson 2006, p. 92 [ad B21],
p. 196 [ad E2]; sui concetti di άπραγμοσύνη e di πολυπραγμοσύνη cfr. Nestle
1938 [vd. Nestle 1948]; Ehrenberg 1947 [= 1965]; Dienelt 1953; Kleve 1964; Adkins
1976; Carter 1986). L’idea della fuga del Monotropos dal consorzio umano, come
diretta conseguenza delfinfelice situazione storico-politica in cui versava la città
di Atene al tempo della guerra del Peloponneso, fu prospettata già da Bergk (1838,
pp. 370-371).
139 Così, per es., riteneva G. Kaibel (ap. PCGVR, p. 403): «de argumento fabulae nihil
dici potest, sed quoniam qui άπρόσοδον et «διάλεκτον βίον agit nulli omnino fabu-
lae aptus est, hoc sine dubio efficere studuit poeta ut mente moribusque paullatim
mutatis ille ad hominum consuetudinem revocari se pateretur». Per la maggioranza
degli studiosi - cfr., e.g., Murray 1933, p. 103, 139 n. 1; Turato 1979, pp. 67, 104;
Conti Bizzarro 1987, pp. 26-27; Dunbar 1995, p. 6; Ceccarelli 2000, pp. 461-462;
Ruffel 2000, pp. 494-495; Farioli 2001, p. 185 con n. 133; Storey 2010, p. 213 (cfr.
Storey FOC III, p. 57) - il Monotropos farebbe parte di quel ‘filone’ della commedia
attica antica (ben esemplificato, per es., dagli Agrioi di Ferecrate e dagli Uccelli di
Aristofane), in cui la vicenda scenica era imperniata sulla fuga del protagonista
(ovvero dei personaggi principali) dalla città, alla ricerca di una vita migliore nello
‘stato di natura’ ovvero al di fuori del consorzio umano, in solitudine; un’avven-
tura «seducente ed impossibile» (Turato 1979, p. 104), cui faceva però seguito,
nella parte conclusiva del dramma, l’inevitabile presa di coscienza degli aspetti
eminentemente negativi della nuova realtà esperita e dell’impossibilità di vivere al
di fuori del contesto urbano e sociale della polis, «despite all its faults» (Ceccarelli
2000, p. 462).