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Phrynichus; Stama, Felice [Hrsg.]
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 7): Frinico: introduzione, traduzione e commento — Heidelberg: Verlag Antike, 2014

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https://doi.org/10.11588/diglit.53735#0156
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Phrynichos

è noto soprattutto come paradigma di bruttezza fisica e di stupidità (cfr. Archil.
frr. 185,187 W\; Semon. fr. 7.73-79 W\; Heraclit. 22 B 82, 83 D.-K.7; vd. inoltre
Aesop. 73, 81 Perry). In commedia la figura della scimmia acquista ulteriore
spessore simbolico, venendo connessa a categorie sociali negative, come, ad
es., Pingannatore, l’adulatore, il sicofante (cfr. Ar., e.g., Ach. 120 [il verso è
una parodia di Archil. fr. 187 W2.], 907, Eq. 887, V. 1290-1291 [con MacDowell
1971, p. 300], Pax 1065 [con Olson 1998, pp. 272-273], Ih. 1133, Ra. 1085-1086;
Eub. fr. 114.4): sull’immagine della scimmia in letteratura cfr. McDermott 1938,
pp. 109-157; per la valenza di quest’immagine in commedia cfr. Taillardat 1965,
p. 228 [ad § 406]; Garcia Guai 1972; Lilja 1980; Demoni 1997 (in particolare, vd.
pp. 461-462); Totaro 2000, pp. 191-192; Connors 2004, p. 188; Corbel-Morana
2012, p. 96 n. 60.
ετέρους L’impiego dell’aggettivo lascia intendere che il gruppo di per-
sonaggi satireggiati come “scimmioni” fosse più ampio e non si limitasse
esclusivamente al quartetto di kdmòdoumenoi del v. 2, ma comprendesse
altri individui i cui nomi erano verosimilmente citati nei versi (ora perduti)
che precedevano il frammento. Su questa possibilità esegetica vd. già Burelli
Bergese 1981, p. 606.
2 Λυκέαν Poco o nulla si può dire sul conto di questo kòmddoumenos
(LGPN11, s.v. [1], p. 286; PAA 610125), che Davies (APF, pp. 344-345 [ad §
9190]) ha ritenuto di poter identificare con l’omonimo τριήραρχος [LGPNU,
s.v. [3], p. 286; PAA 610130) ricordato da IGI3 1190.42 tra gli Ateniesi caduti
durante una battaglia navale (forse a Cinossema) intorno al 412/1 a. C.: se la
proposta identificativa di Davies coglie nel segno - come, del resto, ritiene la
maggior parte della critica: cfr. Storey 1977, p. 250 n. 132; Burelli Bergese 1981,
p. 608; Kassel/Austin PCG VII, p. 405; Demont 1997, p. 461 n. 12; Harvey 2000,
p. 99 -, allora Licea doveva essere piuttosto benestante (o comunque dotato
di mezzi economici non modesti), se fu in grado di sostenere l’onere della
trierarchia, una delle λειτουργίαι ateniesi più gravose: in merito vd. l’utile
selezione bibliografica offerta da Burelli Bergese (1981, p. 609 n. 15).
Τελέαν Si tratta di Telea figlio di Telenico, del demo di Pergase (LGPN11,
s.v. [2], p. 425; PAA 878910), che le fonti epigrafiche (cfr. IG I3 307.45; 308.65;
331.32-33; 332.47; 370.62) menzionano come “segretario dei tesorieri” del
santuario di Atena (γραμματεύς ταμιών; si trattava di una carica prestigiosa
che, fin dal VI secolo a. C., era ricoperta esclusivamente da coloro che ap-
partenevano ai pentakosiomedimnoi, la più ricca classe di censo ateniese: in
merito cfr. Thompson 1970) in carica per l’anno 415/4 a. C.: la sua menzione
nel Monotropos è pertanto legata alla stretta attualità. I poeti comici contempo-
ranei imputavano a Telea diverse accuse - per es., omosessualità passiva (κι-
ναιδία), codardia (δειλία), accusa di peculato (νοσφισμός), generica furfanteria
 
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