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Μονότροπος (fr. 21)

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(πονηριά): in merito cfr. lo schol. [vet.-Tr] Ar. Αν. 167α-β -, rimproverandogli
soprattutto di essere volubile e incostante (cfr. Ar. Av. 167-170 [con Dunbar
1995, p. 189]; Plato Com. fr. 176 [con Pirrotta 2009, pp. 314-315]) e di avere
una smodata passione per il cibo (cfr. Ar. Pax 1008 [con Olson 1998, p. 262]).
Πείσανδρον Originario del demo di Acarne, Pisandro figlio di Glaucete
(LGP7VII, s. v. [3], p. 365; PAA 771270) fu una figura nient’affatto marginale
nella vita politica ateniese deU’ultimo trentennio del quinto secolo: da fervido
sostenitore della democrazia radicale (e della linea politica cleoniana) si oppose
alle trattative che portarono alla pace del 421 a. C. con gli Spartani;158 nel
415 a. C., fu tra gli ζητηταί incaricati di investigare sulla mutilazione delle erme
sacre (cfr. And. 1. 27, 36, 43): vd., infra, ad fr. 61. Dopo essere stato scelto tra
gli ambasciatori inviati a Samo per negoziare il ritorno di Alcibiade in patria
(cfr. Th. Vili. 49, 53), nel 411 a. C., fu tra i principali promotori del colpo di stato
che rovesciò la democrazia ateniese e che, di fatto, aprì la strada al governo del
Quattrocento (cfr. Th. Vili. 68. 1); nel 410 a. C., aH’indomani della caduta del
regime oligarchico, Pisandro preferì quindi fuggire a Decelea (cfr. Th. Vili. 98.
1), mentre in patria veniva condannato in absentia alla pena capitale e alla con-
fisca di tutti i beni (cfr. Lys. 7. 4). Dopo il 410 a. C., non si hanno più notizie di
lui (sulle vicende biografiche e sulla carriera politica di Pisandro cfr. Woodhead
1954). Il ruolo di primissimo piano ricoperto nella vita pubblica ateniese ne
fece un bersaglio prediletto dai poeti comici contemporanei. Le battute nei suoi
confronti vertono su cinque aspetti: l’avidità e l’indole facilmente corruttibile
(cfr. Ar. fr. 84, dai Babyldnioi del 426 a. C. [primo attacco noto al personaggio],
Lys. 490-491), la notevole stazza (cfr. Eup. fr. 195; Hermipp. fr. 7), la smodata
passione per il cibo (cfr. Eup. fr. 99.1-4; Com.Adesp. fr. 119; vd. inoltre Ael.
VHI. 27, che attinge forse da materiale comico) e, soprattutto, la δειλία (cfr.
Ar. Av. 1556-1558; Eup. fr. 35; e vd. l’aneddoto su Pisandro ricordato da X.
Smp. 2. 14), che, nella formula δειλότερος Πεισάνδρου, finì con l’acquisire
una valenza proverbiale (cfr. Suid. π 1467; Apostol. 14. 14 [= CPGII, p. 607.8];
vd. inoltre la formula ό δειλός Πείσανδρος in Ael. ΝΑ IV. 1; Apostol. 13.
48 [= CPG II, p. 587.16-17]). Alla sua figura si ispirò Platone comico per la

158 Tale linea politica gli valse, ipso facto, la qualifica di “guerrafondaio” in Ar. Pax
395, dove è sarcasticamente definito amante dei “cimieri” (λόφους) e del “cipiglio”
(όφρΰς): sull’esegesi del passo aristofaneo vd. ora Olson 1998, pp. 153-154. Sempre
nella Pace di Aristofane (vv. 1173-1178), Sommerstein (1985, 20052, p. 151) scorge
una possibile allusione a Pisandro e a un suo presunto incarico come tassiarca per
l’anno 422/1 a. C.: contro tale via interpretativa, non supportata da alcuna evidenza
storica, si è recentemente espresso Olson (Le.).
 
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