Σάτυροι (Satyroi)
(“Satiri”)
247
Titolo II medesimo titolo è attestato per Ecfantide (cfr. PCG V, p. 127273), per
Calila274 e per Gratino (cfr. PCG IV, p. 23 2275). Secondo il lessico Suda (ω 272),
anche Ofelione, commediografo di IV secolo, avrebbe composto dei Σάτυροι
(cfr. test. 1, in PCG VII, p. 97, ma bisogna essere sospettosi della notizia: cfr.
Meineke PCG I, p. 415, PCG III, p. 380; Brinkmann 1902, p. 488 η. 1; Wagner
1905, p. 44; Caroli 2013, p. 218).276
Originari del patrimonio culturale peloponnesiaco e simbolo della Lebens-
kraft della natura in ogni sua forma ed espressione, i satiri erano divinità
minori del pantheon greco. Avevano sembianze semiferine (erano per metà
uomini, per metà τράγοι, “capri”) e, a partire dal VI secolo a. C., li si ritrova
stabilmente associati al corteggio di Dioniso sia nelle testimonianze letterarie
che in quelle figurative. Le numerose pitture vascolari rappresentano tali esseri
come creature vivacissime, di solito provvisti di un fallo prominente e smi-
surato, una lunga coda caprina, un naso camuso, orecchie a punta e, talvolta,
273 Ignoto è l’anno di messinscena del dramma, che Geissler (1925, p. 16), seguito da
Edmonds (FACI, pp. 13 n. e, 995), ha ritenuto di poter collocare orientativamente
tra il 445 e il 440 a. C.; in tempi recenti, Storey (2005, p. 201; FOCII, p. 11) ha invece
proposto di ‘abbassare’ la data di composizione agli anni Trenta del quinto secolo.
274 Se, come ritiene la maggior parte degli studiosi (sulla scorta delle ricostruzioni
di Capps [1906, p. 219], riprese in seguito da Dittmer [1923, pp. 39-42]), il fram-
mento di un’iscrizione didascalica - ora siglato come IGUR 216.1-6 (= IG XIV
1097.1-6) - riassume la carriera artistica di Calila, ne consegue che egli rappresentò
i Satyroi alle Lenee del 437 a. C. (cfr. Call.Com. test. *4.4, in PCG IV, p. 38; vd.
inoltre Millis/Olson 2012, pp. 225-227). Sull’attribuzione della commedia a Calila
ha espresso non pochi dubbi Kòrte (1919, pp. 1627.64-1628.2); per l’assegnazione
del dramma a Ecfantide propende invece Wilson (1973).
275 La commedia si classificò al secondo posto agli agoni lenaici del 424 a. C., dietro i
Cavalieri di Aristofane e davanti agli Hylophoroi di Aristomene: cfr. Arg. Ar. Eq. II.
4, p. 66.20-22.
276 In P.Oxy. XV. 1801 (= CGFP 343.17 [= Com.Adesp. fr. 1040]), che tramanda un fram-
mento (assai lacunoso) di un’antica lexis comica, si segnala l’occorrenza del verbo
βδύλλω (“farsela addosso”) in un dramma intitolato Σάτυροι; il nome dell’autore
è andato perduto, ma ciò non ha impedito agli studiosi di formulare ipotesi al
riguardo: secondo Kòrte (1924, p. 246 [nr. 645]), seguito da Weinreich (1942, p. 125),
si tratterebbe di Gratino; a Ecfantide «oder wahrscheinlicher Phrynichos» pensa
Kurz (1947, p. 138; cfr. Luppe 1967, p. 94: «der Dichter war vermutlich ’EKtpavTÌÒrjg
oder Φρύνιχος»).
(“Satiri”)
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Titolo II medesimo titolo è attestato per Ecfantide (cfr. PCG V, p. 127273), per
Calila274 e per Gratino (cfr. PCG IV, p. 23 2275). Secondo il lessico Suda (ω 272),
anche Ofelione, commediografo di IV secolo, avrebbe composto dei Σάτυροι
(cfr. test. 1, in PCG VII, p. 97, ma bisogna essere sospettosi della notizia: cfr.
Meineke PCG I, p. 415, PCG III, p. 380; Brinkmann 1902, p. 488 η. 1; Wagner
1905, p. 44; Caroli 2013, p. 218).276
Originari del patrimonio culturale peloponnesiaco e simbolo della Lebens-
kraft della natura in ogni sua forma ed espressione, i satiri erano divinità
minori del pantheon greco. Avevano sembianze semiferine (erano per metà
uomini, per metà τράγοι, “capri”) e, a partire dal VI secolo a. C., li si ritrova
stabilmente associati al corteggio di Dioniso sia nelle testimonianze letterarie
che in quelle figurative. Le numerose pitture vascolari rappresentano tali esseri
come creature vivacissime, di solito provvisti di un fallo prominente e smi-
surato, una lunga coda caprina, un naso camuso, orecchie a punta e, talvolta,
273 Ignoto è l’anno di messinscena del dramma, che Geissler (1925, p. 16), seguito da
Edmonds (FACI, pp. 13 n. e, 995), ha ritenuto di poter collocare orientativamente
tra il 445 e il 440 a. C.; in tempi recenti, Storey (2005, p. 201; FOCII, p. 11) ha invece
proposto di ‘abbassare’ la data di composizione agli anni Trenta del quinto secolo.
274 Se, come ritiene la maggior parte degli studiosi (sulla scorta delle ricostruzioni
di Capps [1906, p. 219], riprese in seguito da Dittmer [1923, pp. 39-42]), il fram-
mento di un’iscrizione didascalica - ora siglato come IGUR 216.1-6 (= IG XIV
1097.1-6) - riassume la carriera artistica di Calila, ne consegue che egli rappresentò
i Satyroi alle Lenee del 437 a. C. (cfr. Call.Com. test. *4.4, in PCG IV, p. 38; vd.
inoltre Millis/Olson 2012, pp. 225-227). Sull’attribuzione della commedia a Calila
ha espresso non pochi dubbi Kòrte (1919, pp. 1627.64-1628.2); per l’assegnazione
del dramma a Ecfantide propende invece Wilson (1973).
275 La commedia si classificò al secondo posto agli agoni lenaici del 424 a. C., dietro i
Cavalieri di Aristofane e davanti agli Hylophoroi di Aristomene: cfr. Arg. Ar. Eq. II.
4, p. 66.20-22.
276 In P.Oxy. XV. 1801 (= CGFP 343.17 [= Com.Adesp. fr. 1040]), che tramanda un fram-
mento (assai lacunoso) di un’antica lexis comica, si segnala l’occorrenza del verbo
βδύλλω (“farsela addosso”) in un dramma intitolato Σάτυροι; il nome dell’autore
è andato perduto, ma ciò non ha impedito agli studiosi di formulare ipotesi al
riguardo: secondo Kòrte (1924, p. 246 [nr. 645]), seguito da Weinreich (1942, p. 125),
si tratterebbe di Gratino; a Ecfantide «oder wahrscheinlicher Phrynichos» pensa
Kurz (1947, p. 138; cfr. Luppe 1967, p. 94: «der Dichter war vermutlich ’EKtpavTÌÒrjg
oder Φρύνιχος»).