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Τραγωδοί ή Απελεύθεροι (Tragodoi e Apeleutheroi)
(“Tragedi ovvero Liberti”)

Titolo La menzione, in Athen. III. p. 115b, del rinomato attore ateniese
Aristomene (PAA 173072; vd. inoltre Stephanis 1988, s.v. [361], p. 82) e la
precisazione del suo status di “liberto” (απελεύθερος) dell’imperatore Adriano
(76-138 d. C.) suscitano l’interesse ‘grammaticale’ di Ulpiano (su tale figura vd.,
supra, adir. 3), che, incuriosito dall’impiego dell’aggettivo απελεύθερος,309 do-
manda agli altri dotti commensali presso quale autore antico ricorra il vocabo-
lo, ricevendo come risposta che il termine dava il titolo a un dramma di Frinico
(είπόντος δε τίνος καί δράμα έπιγράφεσθαι Φρυνίχου Απελεύθερους310): una
pièce altrimenti ignota per noi moderni, se non fosse per la preziosa testimo-
nianza della Suda (= T 1), che, nell’ index fabularum relativo al poeta, annovera
una commedia dal doppio titolo Τραγωδοί ή Απελεύθεροι.
Non di rado le fonti letterarie antiche e tardoantiche (su tutte, la Suda per
Yarchaia-, Ateneo per la mese e, in misura minore, per la nea: sulla questio-
ne cfr. Bender 1904, pp. 17-19311) forniscono attestazioni di commedie con
doppi titoli, in cui il secondo elemento della coppia nominale, quando non
allude a una διασκευή (cioè, una seconda stesura dell’opera drammatica), è di
norma esplicativo (ovvero alternativo) rispetto al primo titolo: una variante
aggiuntiva la cui introduzione viene in genere ascritta all’iniziativa esege-
tica dei grammatici alessandrini (per quanto non si possa escludere a priori

309 II termine - la cui più antica occorrenza letteraria nota è al v. 199 del fr. 314a degli
Ichneutai di Sofocle - vale propriamente “liberato dalla condizione di schiavitù”,
“schiavo affrancato”, “liberto” (cfr. LSJ, s. v., p. 185: «restored tofreedom», «emancipa-
ted slave», «freedman»): cfr., e.g., Hsch. a 5946: απελεύθερος· έκ δούλου ελεύθερος;
Suid. a 3006: απελεύθερος- ό ελευθερωθείς; Lex.Vind. α 186: απελεύθερος ό από
δουλείας λυθείς, έλεύθερος δε ό μή εις δουλείαν έλθών. Sulla particolare valenza
dell’aggettivo nel panorama culturale greco si è da ultima soffermata Zelnick-
Abramovitz (2005, pp. 99-120, 128), la quale, attraverso una puntuale analisi delle
fonti antiche (epigrafiche, letterarie e lessicografiche), ha rilevato come, in antico,
il vocabolo individuasse specificamente la figura dello schiavo affrancato che, seb-
bene formalmente libero, continuava a mantenere «a persisting bond» (p. 128) con
il suo vecchio padrone.
310 Oltre che per Frinico, l’anonimo interlocutore di Ulpiano attesta l’impiego dell’ag-
gettivo (al femminile) anche nel fr. 332 della Rhapizomenè di Menandro.
311 Ritrovamenti papiracei del secolo scorso hanno dimostrato come, nell’antichità,
la pratica di designare commedie con doppi titoli fosse particolarmente diffusa in
ambito librario: in merito vd. Luppe 1966, pp. 185-186; Gaiser 1966, p. 195 n. 12.
 
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