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Phrynichus; Stama, Felice [Hrsg.]
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 7): Frinico: introduzione, traduzione e commento — Heidelberg: Verlag Antike, 2014

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https://doi.org/10.11588/diglit.53735#0229
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Μύσται (fr. 37)

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concordare con Bergk (1838, p. 375) nell’editare il testo dei codici in έτεύτασεν
(3a persona singolare dell’indicativo aoristo attivo). Per le letture τεύταζέ τι ο
τευταζέτω (rispettivamente una 2a e una 3a persona singolare dell’imperativo
presente attivo) propendeva infine Blaydes (Adv. I, p. 44; Adv. II, p. 53).
Interpretazione A causa dell’esiguità del citatum e del guasto testuale che in-
teressa la dipodia giambica finale, il frammento non è facilmente intellegibile;
e, dunque, risulta piuttosto diffìcile verificare la proposta esegetica avanzata
da Kock (CAF I, p. 380), il quale, fortemente suggestionato dalla menzione
della μάστιξ e sulla base del confronto con i trimetri 59, 64 e 67 dei Cavalieri
di Aristofane, ascriveva il verso a una scena in cui un personaggio (d’identità
per noi sconosciuta) infliggeva una serie di scudisciate punitive ad alcuni
servi. Favorevole all’idea che il frammento contenesse un riferimento a una
punizione inflitta a degli schiavi si è mostrato anche Ehrenberg (1951, p. 187
n. 2 [= 1957, p. 266 n. 185]).
έν χεροίν έχων Nel lessico tragico (in particolare euripideo) è piuttosto
frequente l’uso del dativo duale χεροίν (preceduto o meno dalla preposizione
έν) in costruzione con forme verbali di έχω (ovvero di suoi composti): cfr.,
e.g., Aesch. Th. 47 3* * * * 259; Soph. Aj. 964-965, 1173, El. 431, Ph. 1150, OC 1699 (έν
χεροίν κατεΐχον; vd. OT1031: τί δ’ άλγος ϊσχοντ’ έν χεροίν με λαμβάνεις; [con
Lloyd-Jones/ Wilson ad Zoc.]); Eur. Ale. 201, Med. 784, Hec. 526 (καθέξοντες
χεροίν), 578, Supp. 590,1166, El. 506, IT 1047,1367, Ιοη 118 7260,1440, Hel. 70 5261,
1386, 1600-1601, Or. 1478262, frr. 223.68, 282.19-20, 706.1263. Per la commedia
cfr. Ar. Ra. 1361a-b: σύ δ’ ώ Διάς διπύρους άνέχουσα / λαμπάδας όξυτάτας
χεροίν: i versi sono pronunciati da Eschilo nel corso della lunga monodia (vv.
1325-1363), in cui il tragediografo si propone di imitare lo stile compositivo di

i seguenti trimetri giambici: — μάστιγα δ’ έν χεροίν έχων / <έγωγ’> έτευτάσθην
(«— Flagrumque manibus tenens / equidem cunctabar»), in cui ipotizzava la caduta
aplografìca del pronome έγωγ(ε) per influsso del precedente έχων («Pronomini
offecisse videtur antecedens έχων»),
259 χεροίν è la lezione attestata dalla quasi totalità dei manoscritti (χερσίν è invece la
lettura offerta da alcuni codici recenziori); West stampa però a testo χειροΐν.
260 χεροίν è una congettura moderna preferita dagli editori alla lectio χερσίν del
Laurenziano.
261 II verso è espunto da alcuni editori.
262 χεροίν è la lezione attestata dalla maggior parte dei manoscritti più autorevoli. Gli
altri codici recano invece χερσίν.
263 II codice Scorialensis ΣII14 (XII sec.) di Giovanni di Stobi, testimone del frammento,
reca χειροΐν.
 
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