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Phrynichos
senta, forse, una forma ‘artificiale’, introdotta in epoca tarda come equivalente
metrico dell’eolico άμμι(ν): in merito vd. Chantraine (1958, pp. 268, 270-271).
Erodiano (GrGr III.2, p. 517.20: vd., supra, ad Contesto della citazione), Eustazio
e gli Etymologica bizantini (cfr. EMp. 84.16-17; Et.Gud. p. 115.9-10 Stef.: vd.,
supra, ad Contesto della citazione) etichettano questa forma come propria del
dialetto ionico, ma è il solo Eustazio a ricordarne l’utilizzo anche negli autori
attici, presso i quali, per quello che è noto, risulta però tutt’altro che frequente,
come invece sostiene lo stesso erudito bizantino (πολλάκις δέ καί Αθηναίοι):
ne fanno uso soltanto Frinico e Sofocle (oltre a OT 921, cfr. Aj. 216, 733, El. 17,
41, 272, 357, 877, 1318, 1332, 1372, 1443, OT39, 42, 86, 103, 242, 765, Ant. 253,
Tr. 320, 871, Phil. 8, 465, OC 25, 34, 81, 549, 1038, 1201, frr. **216.11, 730b.l8
[con nota di Radt, ad loc.], 730g.l 1).
ώσπερ καί προ του L’intera pericope costituisce una setphrase nell’Ari-
stofane conservato per intero (cfr. Pax 349 b, Ph. 398, Ec. 221-228, Pi. 95 [fatta
eccezione per Pax 349 b, negli altri passi citati la locuzione è sempre impiegata
come clausola di trimetro giambico]; un’espressione analoga ricorre in Av.
114-116: ώσπερ νώ ποτέ [con Dunbar 1995, p. 170]), dove esprime l’idea della
contrapposizione fra (glorioso) passato (προ του = προ τούτου [scil. τού χρό-
νου]) e (triste) presente: in merito cfr. Prato 2001, p. 237 [ad Ph. 398]. L’assenza
di un contesto di riferimento non consente di appurare se un’analoga valenza
debba essere supposta anche in Frinico.
Phrynichos
senta, forse, una forma ‘artificiale’, introdotta in epoca tarda come equivalente
metrico dell’eolico άμμι(ν): in merito vd. Chantraine (1958, pp. 268, 270-271).
Erodiano (GrGr III.2, p. 517.20: vd., supra, ad Contesto della citazione), Eustazio
e gli Etymologica bizantini (cfr. EMp. 84.16-17; Et.Gud. p. 115.9-10 Stef.: vd.,
supra, ad Contesto della citazione) etichettano questa forma come propria del
dialetto ionico, ma è il solo Eustazio a ricordarne l’utilizzo anche negli autori
attici, presso i quali, per quello che è noto, risulta però tutt’altro che frequente,
come invece sostiene lo stesso erudito bizantino (πολλάκις δέ καί Αθηναίοι):
ne fanno uso soltanto Frinico e Sofocle (oltre a OT 921, cfr. Aj. 216, 733, El. 17,
41, 272, 357, 877, 1318, 1332, 1372, 1443, OT39, 42, 86, 103, 242, 765, Ant. 253,
Tr. 320, 871, Phil. 8, 465, OC 25, 34, 81, 549, 1038, 1201, frr. **216.11, 730b.l8
[con nota di Radt, ad loc.], 730g.l 1).
ώσπερ καί προ του L’intera pericope costituisce una setphrase nell’Ari-
stofane conservato per intero (cfr. Pax 349 b, Ph. 398, Ec. 221-228, Pi. 95 [fatta
eccezione per Pax 349 b, negli altri passi citati la locuzione è sempre impiegata
come clausola di trimetro giambico]; un’espressione analoga ricorre in Av.
114-116: ώσπερ νώ ποτέ [con Dunbar 1995, p. 170]), dove esprime l’idea della
contrapposizione fra (glorioso) passato (προ του = προ τούτου [scil. τού χρό-
νου]) e (triste) presente: in merito cfr. Prato 2001, p. 237 [ad Ph. 398]. L’assenza
di un contesto di riferimento non consente di appurare se un’analoga valenza
debba essere supposta anche in Frinico.