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Μύσται (fr. 38)

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all’analisi del v. 415 del XVII canto àelYIliade: ώ φίλοι, ού μάν ήμιν ευκλεές
άπονέεσθαι. L’occorrenza nell’esametro iliadico della forma pronominale ήμιν
(variante properispomena del più comune ήμιν) offre all’erudito bizantino
l’occasione per introdurre una breve digressione di carattere grammaticale,
in cui, attraverso esempi desunti dalla letteratura classica ed ellenistica, si
illustrano le grafie corrette del dativo del pronome personale di la plurale
nei tre principali dialetti greci: eolico (άμμι), dorico (άμίν) e ionico (ήμιν). Il
frammento di Frinico viene dunque citato di seguito a Soph. OT 921 come
prova del fatto che la forma properispomena ήμιν non fosse sconosciuta agli
autori attici, che, anzi, a stare alle parole di Eustazio, l’avrebbero utilizzata
“spesso” (πολλάκις).
Testo La lezione ήμιν documentata con certezza dal testimone del verso ha
destato non pochi sospetti negli studiosi, perché, in tutta la letteratura comica
superstite, non è noto alcun esempio sicuro di tale forma prosodica (un caso
molto dibattuto è Ar. Av. 386, per cui vd. ora Dunbar 1995, pp. 285-286). In
ragione di ciò, G. Kaibel (ap. PCG VII, p. 412) avanzò la possibilità di editare
il frammento nel seguente modo: έβουλόμην ήμιν αν ώσπερ καί προ του,
restituendo al verso la lettura più comune, ήμιν, al posto del tràdito ήμιν, e
operando una variazione dell’ordo verborum per ragioni metriche. Interventi
più consistenti sul testo della paradosis prospettava invece Kock (CAPI, p. 380),
il quale suggeriva di riscrivere il passo come segue: έβουλόμην αν νή ΔΓ
ώσπερ καί προ τοϋ.
Da segnalare la lettura ύμιν stampata erroneamente da Meineke (PCGILI,
p. 594; Ed. min., p. 234) e, sulla scorta del testo critico di Meineke, da Bothe
(PCGF. p. 216), e successivamente corretta da H. Jacobi (ap. FCG V.l, p. xcv,
nei Supplementa addendorum Voi. II).
Interpretazione L’impiego della variante ‘trocaica’ ήμιν, in luogo della forma
più comune ήμιν, potrebbe essere stato dettato da esigenze metriche; in al-
ternativa, si potrebbe pensare a una ricercatezza stilistica di cui il commedio-
grafo fece uso, con il chiaro intento di connotare linguisticamente la persona
loquens. L’occorrenza del vocabolo in Omero e in Sofocle porterebbe inoltre
a non escludere l’ipotesi che la citazione contenga un passaggio parodico
(piuttosto cauto verso questa possibilità esegetica si mostra però Willi [2010,
pp. 506-507]).
ήμιν Sul piano prosodico-grammaticale, il vocabolo costituisce una
variante ‘enclitica’ della forma pronominale ήμιν (con i). Nell’epica omerica
conta non poche attestazioni (oltre a II. XVII.415, cfr. IL XVII.417; Od. VHI.569,
X.563, XI.344, XIII.177, XVIL376, XX.272: in tutti i casi ήμιν precede sempre
una parola iniziante per vocale [cfr. Kuhner/Blass LI, p. 339 n. 2]) e rappre-
 
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