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Pellegrino, Matteo
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 15): Nicofonte: introduzione, traduzione e commento — Mainz: Verl. Antike, 2013

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https://doi.org/10.11588/diglit.47766#0029
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28

Frammenti

v. 1 τα πονήρ’ ορνίθια: Ampio è l’uso, soprattutto in commedia, delle forme
ipocoristiche (un ricco elenco di diminutivi comici è in Starkie 1909, LV-LVI;
e si vedano più di recente Lopez Eire 1996,138-145; Zangrando 1997, 353-360);
ma, a mio avviso, qui il nesso nasconderà qualcosa di più complesso dell’a-
desione a una comune prassi stilistica. L’aggettivo neutro plurale πονηρά è
riferito a un diminutivo (ιππάρια) nella Ciropedia di Senofonte (1.4.19) e ne
esprime lo scarso valore («cavallini/ronzini»), E molto significativo mi sembra
soprattutto un passo delle Tesmoforiazuse di Aristofane (v. 868), dove si allude
alla πονηριά dei corvi, espressione che implica «una certa reazione emotiva
[...], “perché quei dannati di corvi non fanno il loro lavoro”» (Dover 1983,
125; questa interpretazione è ora accolta anche da Austin-Olson 2004, 282).
Non mi pare dunque improbabile che anche nel passo nicofonteo il nesso
πονήρ’ ορνίθια assuma una valenza negativa; e mi chiedo se questi «spregevoli
uccellini», ove siano in qualche modo riferibili alla dea eponima del dramma,
non possano considerarsi una poco nobile controfigura comica, ad es., dei belli
e veloci uccelli che accompagnano in volo Afrodite nell’inno cletico di Saffo
(fr. 1.9-10 Voigt: κάλοι δέ σ’ άγον/ώκεες στροϋθοι).
ν. 2 σέρφους: Insetto di problematica identificazione: nel succitato scolio al
v. 82 degli Uccelli (vet Tr 82b Holwerda) il σέρφος è assimilato a un verme
ovvero a una formica (σέρφος σκωληκώδες ζωύφιον ή μυρμηκώδες), mentre la
Suda (σ 256 Adler) parla, più semplicemente, di un ζώιον μυρμηκώδες. Beavis
1988, 251-252 ipotizza che si tratti di un animale di piccole dimensioni, il cui
nome si collocherebbe nell’ambito del comune linguaggio popolare. L’insetto
è citato ancora ai vv. 569-570 della commedia aristofanea, dove è presentato
come vittima sacrificale da offrire a uno scricciolo (όρχίλος) e viene definito
ένόρχης, “con i testicoli”, requisito necessario per il sacrificio di un animale
di sesso maschile25. Aristofane cita l’insetto anche in Vespe 352: al Coro che
lo esorta a fuggire dalla casa del figlio (vv. 350-351), Filocleone risponde che
non può farlo, ché tutte le porte sono chiuse e non vi è neanche uno spiraglio
attraverso cui possa passare persino un σέρφος: evidente allusione alle pro-

25 Cf. II. 23.147; ma in alcuni rituali la vittima poteva anche essere castrata al momento
del sacrificio (cf. Dunbar 1995,384; Totaro, in Mastromarco-Totaro 2006,179 n. 125);
e tuttavia, come è stato osservato anche da Zanetto 1987, 229-230, e da Sommerstein
1987, 234-235, non va peraltro escluso, in Uccelli 569-570, il gioco di parole tra
ένόρχης e όρχίλος, il cui nome ricorda όρχις (“testicolo”).
 
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