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Pellegrino, Matteo
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 15): Nicofonte: introduzione, traduzione e commento — Mainz: Verl. Antike, 2013

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https://doi.org/10.11588/diglit.47766#0052
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Έγχειρογάστορες (Ventribraccia)

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μυστριοπώλαις: Qui appare notevole l’iperbolico eccesso di “specializza-
zione”, cui fa riferimento Ehrenberg 1957, 174, ché mi sembrerebbe improba-
bile che esistesse un venditore di soli cucchiaini a fronte di un più generico
venditore di utensili da cucina. La forma ipocoristica μυστρίον, da cui deriva
μυστριοπώλης (cf. Eust. in IL 1368.50-55 van der Valk, che, dopo Ath., 3.126e-f,
è testimone dell’intero v. 3 del frammento nicofonteo: si veda Lorenzoni 1997,
89), compare anche nello schol. [vet] Ar. Pi. 627g a Chantry, a proposito di
un brodo intinto con pezzi di pane a forma di cucchiaini; che lo strumento
fosse impiegato anche «for measuring or stirring» suggerisce Olson 2007, 359.
v. 4 βιβλιοπώλαις: Il termine ricorre anche in Aristomene (fr. 9 K.-A.) e in
Teopompo (fr. 79 K.-A.). Secondo Kleberg 1992, 27, si può parlare di un vero
e proprio commercio ‘librario’ solo se qualcuno esercita professionalmente la
produzione e la vendita di ‘libri’; lo studioso fissa la diffusione ‘libraria’ già a
partire dalla seconda metà del V sec. a. C., e, sul fondamento del frammento
nicofonteo, trae la conclusione che, come altri commercianti, anche i ‘librai’
dovevano avere un negozio in un punto particolare del mercato; luogo che,
secondo Kleberg 1992, 29, potrebbe coincidere con la terrazza semicircolare
sul mercato, ai piedi dell’Acropoli: la circostanza che le statue dei tirannicidi
Armodio e Aristogitone (sulle quali cf. Mastromarco, in Mastromarco-Totaro
2006, 370 n. 127) fossero rivolte verso i ‘libri’ è parsa a Kleberg 1992, 29 «un
simbolo non del tutto disprezzabile del ruolo che il libro aveva al servizio
della libertà»; e, come ha illustrato Del Corso, il fatto che la vendita di ‘libri’
avesse luogo proprio nel cuore dell’agorà «conferma in qualche modo come
l’oggetto-libro non dovesse apparire come un’esotica stranezza da ricchi nem-
meno all’ateniese medio» (2003, 15); che un’attività di riproduzione e vendita
di biblici fosse già operante nel terzo quarto del V secolo ha argomentato
altresì Nieddu 2004, 102-106 (sul commercio di libri nel V e IV sec. a. C. cf, di
recente, anche Blanck 2008, 36-38, 156-157; e Caroli 2010, 107-176). E tuttavia
sulla circostanza che tale circolazione risultasse ‘circoscritta’ a un numero
non elevato di fruitori -nel caso delle opere drammatiche (veri e propri testi
‘polisemici’ in cui il drammaturgo si esprimeva non solo attraverso il linguag-
gio verbale, ma anche mediante il linguaggio della scena, delle maschere, dei
costumi, dei gesti, della musica e della danza) la performance teatrale restava,
naturalmente, il mezzo di comunicazione privilegiato- ha richiamato l’atten-
zione Mastromarco 2006,137-147; e in Mastromarco-Totaro 2008,19-21, 40-47,
225-227. In particolare, in un articolo di prossima pubblicazione (Commercio
librario e testi teatrali attici nel quinto secolo a.Cf G. Mastromarco mostra che
il passo nicofonteo concorrerebbe a testimoniare che non è documentabile
con sicurezza un vero e proprio commercio librario nel V sec. a. C., e che,
 
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