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Comentale, Nicola; Hermippus; Verlag Antike [Mitarb.]
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 6): Ermippo: introduzione, traduzione e commento — [Heidelberg], Mainz: Verlag Antike, 2017

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https://doi.org/10.11588/diglit.53724#0234
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230

Hermippos

(a) La stringa τά μέν seguita da έχω con avverbio si legge in A. Ch. 453-454
τά μέν γάρ ούτως έχει | τά δ’ αυτός οργα μαθεΐν, E. Hel. 761 είέν· τά μέν
δή δεύρ’ άεί καλώς έχει. Come mostrano questi paralleli, non è né utile né
necessario postulare una subordinata con έχειν dipendente da un verbo come
δοκέω: cfr. le soluzioni di Hermann 1842, 508; Meineke 1858, 459; Meineke
1867, 240 (con espunzione di άπό σώματος); Kock 1880, 241-242; Kaibel ms. ap.
Kassel-Austin 1986, 588, tutte registrate in apparato. Il passaggio da έχει a έχειν
è forse spiegabile nel testo trasmesso per evitare lo iato tra έχει e άπό σώματος.
Un altro esempio di scambio nei manoscritti tra -ει (terza persona singolare
de presente indicativo) e -ειν (infinito presente attivo) è dato da δικάζει in Ar.
PI. 277: δικάζει è la forma corretta (così solo nel ms. R post correctionem), a
differenza di δικάζειν trasmesso nel resto della tradizione manoscritta.
Il τά μέν del v. 3 non è seguito da un τά δέ (cfr. A. Ch. 453-454) né da altra
forma di coordinazione: la struttura τε... τε dei w. 5-6 coordina i sintagmi
κόμη... νεανική e σφρίγει... βραχιόνων, mentre i vv. 7-8 sono in asindeto
senza necessità di dover supporre cambio di battuta (cfr. infra, Testo v. 7). In
conclusione, il μέν del v. 3 è incettivo (Denniston 1954, 383) perché si trova in
apertura di discorso e rientra nei casi di μέν non seguito da δέ come Ar. Av.
1565-1574.
Il ζγ7 introdotto per ragioni metriche al v. 3 nell’emendamento τά μέν
<γ’> άπό σώματος (Bergk 1838, 324) trova un buon parallelo in Agatho fr. 8
Snell καί μην τά μέν γε χρή τέχνη πράσσειν, τά δέ | ήμϊν άνάγκη καί τύχη
προσγίγνεται. Su μέν γε cfr. anche Collard 2005, 369.
(b) L’avverbio μαλακώς trasmesso al v. 3 deve forse essere emendato sul-
la base delle seguenti considerazioni, ordinate per importanza: dal punto di
vista del significato, έχω μαλακώς (“sto male” in J. AJ 5.132; “sono rilassato”
in Arr. An. 7.12.4) esprime un concetto incompatibile con i termini dei vv.
5-6 del frammento, in particolare con σφρίγει τε βραχιόνων “e col vigore
delle braccia”; a livello di usus, έχω con μαλακώς non ricorre prima dell’età
romana. Inoltre, dal punto di vista metrico, i vv. 3-4 hanno quindici sillabe,
mentre il metro ne richiede solo quattordici. L’emendamento più semplice
per risolvere le difficoltà sollevate da μαλακώς è la correzione in καλώς, ma è
ottimo anche μαλ’ ού κακώς di Hermann (1842, 508), che però pone problemi
metrici e testuali. Apparentemente una corruttela di καλώς in μαλακώς può
suonare strana, ma l’avverbio μαλακώς nel dodicesimo libro di Ateneo trova
cinque occorrenze contro le due di καλώς: non è assurdo pensare a un inter-
vento interpretativo dello scriba dettato dal contesto di citazione (Ath. 12.524f
Αβυδηνοί... άνειμένοι την δίαιτάν είσιν καί κατεαγότες) e dal contenuto ge-
nerale del dodicesimo libro di Ateneo che tratta di τρυφή. Altri casi simili di
corruttela del testo in Ateneo sono discussi in Arnott 2000b, 45.
 
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