Metadaten

Comentale, Nicola; Hermippus; Verlag Antike [Mitarb.]
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 6): Ermippo: introduzione, traduzione e commento — [Heidelberg], Mainz: Verlag Antike, 2017

DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.53724#0241
Lizenz: Freier Zugang - alle Rechte vorbehalten
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
Στρατιώται/Στρατιώτιδες (fr. 58)

237

Contesto di citazione II testo del grammatico Zenobio (Π sec. d. C.) è perve-
nuto in due redazioni, di cui una è conosciuta come ‘atoa’ e l’altra è conosciuta
come vulgata: cfr. Biihler 1982, 13-15.
Altre discussioni del termine άνερίναστος in riferimento alla caprificazio-
ne si leggono in Hsch. a 5086; Phot, a 1933 = Suid. a 2308 (Paus. a 121); Et.Gen.
a 860; Et.Gud. p. 145.12-17 de Stefani; Et.Sym. s.v.; EMp. 108.11-22 Gaisford;
Erasmo da Rotterdam Adagia §2166 (cfr., in particolare, adagium usurpavit
Hermippus in Militibus).
Testo La correttezza della forma άνερίναστος (da έρινάζω “caprifico”) ri-
spetto alle forme άνηρίναστος (Zen. Ath.; questa è la grafia prevalente anche
in lessicografia) e άνερίνεος (Zen. vulg.) sembra assicurata dal confronto
con Thphr. HP 2.8.3. La correzione in φήληκας (Schneidewin ap. Leutsch-
Schneidewin 1839, 38, coll. EM p. 108.18-19 Gaisford) rispetto ai tramessi
σφήκας “vespe” (Zen. Ath. 1.72) e σφήνας “cunei” (Zen. vulg. 2.23) è necessaria
per il senso: il termine φήληξ, infatti, indica propriamente il fico non ancora
giunto a maturazione, cfr. Poli. 6.81 τά δ’ οϋπω πέπειρα των σύκων ο’ίδακες
καλούνται παρά Λάκωσι καί φήληκες παρ’ Άθηναίοις, Hsch. φ 341 φήληξ·
δλυνθος, τό μή πεπεμμένον σύκον, Olson 1998, ad Ar. Ρ. 1161-1165.
Interpretazione L’immagine è tratta dal lessico agricolo della coltivazione dei
fichi: la pianta di fico selvatico (έρινεός, Ficus carica, var. caprificus) accoglie al
suo interno delle vespe (ψήνες, Blastophaga psenesL.; Davies-Kathirithamby
1986, 81-82) che penetrano neU’mfiorescenza del caprifico per deporre le uova.
I contadini prendono i caprifichi che hanno accolto le vespe e li piantano
vicino alla pianta di fico commestibile (σύκα, Ficus carica, var. domestica)
per favorire l’impollinazione del fico non ancora maturo (φήληξ, cfr. supra,
Testo). Questo processo è noto come caprificazione ed è variamente descritto
dalle fonti antiche (Hdt. 1.193.4-5; Arist. HA 557b 25-31; Thphr. HP 2.8.1-4,
CP 2.9.5-8; Plin. Nat. 15.79-81; Piu. QConv. 700f; Phot, ε 1916). Il processo
è fondamentale per la maturazione dei fichi domestici perché le vespe non
riescono a penetrare i fichi ma, nel tentativo di riuscirci, disperdono del polline
che porta i fichi a maturazione; altrimenti, il fico non caprificato resta bianco,
debole (Thphr. HP 2.8.3 τό δ’ άνερίναστον λευκόν καί ασθενές) e cade (Zen.
Ath. 1.72 = Zen. vulg. 2.23 όπως αύτών ó καρπός μή άπορρέη, e cfr. anche
Hdt. 1.193.5 μή άπορρέη ό καρπός τού φοίνικος, riferito impropriamente alle
palme da dattero (Georgi 1982, 228)).
Dire a qualcuno che non è caprificato equivale a dire che è un individuo
molle, sterile (Hsch. a 5086, Phot, a 1933 = Suid. a 2308 οί δε τό άνηρίναστος
άντί τού μαλακός και άγονος, Kaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 589), mentre
è meno chiara la spiegazione data dalla fonte del frammento (Zen. Ath. 1.72 =
 
Annotationen
© Heidelberger Akademie der Wissenschaften