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Phrynichus; Stama, Felice [Hrsg.]
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 7): Frinico: introduzione, traduzione e commento — Heidelberg: Verlag Antike, 2014

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https://doi.org/10.11588/diglit.53735#0383
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and drinks)”»); analoghi significati per il verbo ipotizza anche Xanthakis-
Karamanos (1994, p. 338); cfr. inoltre Nesselrath 1995, p. 25 (vd., supra, ad
Interpretazione).
ούδέ έν Questa forma di iato è più che ammissibile nel trimetro comico:
cfr. Ar. PI. 138, 1115; Plato Com. fr. 52.1; Theopomp.Com. fr. 16.1; Alex. frr.
15.10, 25.3, 27.3, 115.7, 150.10, 223.2; Amphis fr. 44.1; Antiph. fr. 85.1; Aristopho
fr. 9.5; Dionys.Com. frr. 2.26 (κούδέ έν); Nicostr.Com. fr. 15.2; Anaxipp. fr. 2.3;
Men. Asp. 234, Dysc. 35, Epit. 286, 316, 410/?, 1130, Kol. E226, Pk. 179, Sam. 177,
198&, Ine. 1.15, 58b, frr. 50.2, 133.2, 313.2, 508.3, 814.2; Philem. frr. 95.1, 114.2;
Philippid. fr. 16.1; Xenarch. fr. 7.1; Philon. II fr. 3.1; Strato Com. fr. 1.2; Bato
fr. 2.2; Euphro fr. 11.1; Hegesipp. fr. 2.5; Com.Adesp. frr. 128.1, 895.5. È invece
di norma evitato nel trimetro tragico: cfr. Moorhouse 1962, p. 246; vd. inoltre
Descroix 1931, p. 28.
6 αυτός έρδει χειρί II verbo indica il “fare”, l’atto di “compiere”, “esegui-
re” qualcosa (cfr. LSJ, s.v. [1], p. 684: «io do») e risulta attestato in commedia
solo in questo passo e in Ar. V. 1431, in un’espressione proverbiale d’origine
incerta (in merito cfr. MacDowell 1971, p. 316). Sconosciuto alla prosa attica,
vanta diverse occorrenze nei generi ‘seri’ dell’epica, della lirica e, soprattutto,
della poesia tragica: cfr., e.g., Od. XIX.92, XXIII.312; Thgn. 105, 955 W\; Semon.
fr. 7.80 W2.; Pi. P. 8.6; Aesch. Pers. 786; Soph. Ph. 1406; Eur. Med. 1302. Alla luce
della documentata tradizione poetica del verbo, i primi editori intravedeva-
no nel verbo έρδει un «colorito tragico» (Norsa/Vitelli 1932, p. 143). Kòrte
(1930, p. 473) coglieva nell’espressione un riferimento airocÙTO/eipicc e su tale
possibilità esegetica - non esclusa dagli editores principes (cfr. Norsa/Vitelli
1930, p. 8) - impostavano le loro traduzioni Platnauer (1933, p. 165) e Edmonds
(FACII, p. 9), che rendevano la pericope rispettivamente con «he kills [...] with
his own hand» e con «he slays». Una simile interpretazione - come oppor-
tunamente segnalava Page (1941, p. 231 n. b; 1942, p. 231 n. b) - sarebbe però
incongruente con quanto si dice nei versi successivi. Gallavotti (1930, p. 212
con n. 2) conferiva al verbo il senso traslato di “offrire (un sacrificio)” (cfr. LSJ,
s.v. [2], p. 684: «offer a sacrifìce»), traducendo il verso con «ne fa sacrifizio,
e il sacrifizio non è altro che la vendita». Tale esegesi non riesce tuttavia a
spiegare l’uso del dativo χειρί. Una convincente soluzione per il passo offre
ora Olson (2007, p. 125 [ad Gl .6]), che così intende la locuzione: «‘produces
(a gesture) with his hand’, i.e. ‘gives me thè finger’» (già L. Deubner [ap.
Norsa/Vitelli 1932, p. 143 n. 2] avanzava l’ipotesi che dietro l’espressione si
celasse un significato osceno).
Μεγαράδ’ άγων II fatto che Crono scelga di condurre i propri figli a
Megara per venderli come schiavi suggeriva a Gallavotti (1930, pp. 212-213
n. 3) e a Kòrte (1930, p. 473) un confronto con Ach. 729-749, in cui Aristofane
 
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