4. Temi e motivi
143
Gratino
vv. 1-2 Στάσις... έν άλλήλοισιν
vv. 1-2 πρεσβυγενής Κρόνος
ν. 3 τύραννον
E schilo
ν. 200: Στάσις τ’ έν άλλήλοισιν ώροθύνετο
ν. 220: τον παλαιγενή Κρόνον
ν. 222: ό τών θεών τύραννος (se. Ζεύς)
(cfr. ν. 224: τυραννίδι)
Le Hòrai (frr. 269-298 Κ.-Α.) si possono confrontare, per l’utilizzo del titolo,
con le commedie omonime di Aristofane (PCG III.2, frr. 577-589 K.-A., cfr.
Delneri 2006, pp. 71-124) e Anassila (un solo frammento, 31 K.-A., PCG II, p.
294); come sostenuto da Guidorizzi 2006, p. 125 “se il parallelo con l’omonima
commedia di Aristofane ha qualche senso, è possibile che la commedia avesse
a che fare con la sfera rituale, se non con quella del mito”. Hòrai può indicare
come sostantivo le stagioni dell’anno e le divinità a esse preposte; d’altra parte,
è anche il modo in cui sono chiamate tre dee, Eunomia, Dikèe Eiréne, figlie di
Zeus e Ihernis, v. Delneri 2006, pp. 73-75.
I frammenti noti rimandano a temi differenti e non permettono considera-
zioni sulla possibile trama del dramma. Nel fr. 269 K.-A. (άλλ’ ήν δτ’ έν φώσωνι
την ϊσην έχων/μετ’ έμοΰ διήγες f οϊναρον, έλκων τής τρυγός) chi parla
potrebbe rifersi ad una situazione che un tempo condivideva con qualcuno,
ora elevatosi socialmente, cfr. Kock CAFI, p. 89: “conloquitur nescio quis, qui in
tenui sortepermanserat, cum altero in lautiorem evecto” (v. anche Storey FOCI,
p. 395: “a contrast between someone in “thè bad old days” and an improved
status now”).
A un ambito musicale rimandano i due versi del fr. 270 K.-A. (ν. 1 βούλει
μονωδήσωμεν αύτοΐς έν γέ τι;/ν. 2 ούκ άν μονωδήσειεν έκπεπληγμένος). Nel
fr. 272 Κ.-Α. (ταύτ’ <αύτά> πράσσω, ’φασκ’ άνήρ ούδέν ποών) è presente un
proverbio utilizzato per chi non fa nulla (έπί τών μηδέν ποιοΰντων è l’inter-
pretamentum dei testimoni, Phot, τ 81 = Sud. τ 173). Nel fr. 276 K.-A. (’ίτω δέ
καί τραγωδίας/ό Κλεομάχου διδάσκαλος, f μετά τών f παρατιλτριών/έχων
χορόν λυδιστί τιλ-/ λουσών μέλη πονηρά) è attaccato il figlio di Cleomaco,
forse Gnesippo, come nei Boukoloi (fr. 17, 1 K.-A.) e in altri frammenti di
commediografi, cfr. Bianchi 2016, p. 121 s. Nel fr. 279 K.-A. (ώσπερ ό Περσικός
ώραν πάσαν καναχών όλόφωνος άλέκτωρ) qualcuno ο qualcosa è paragonato
alla voce incessante del gallo (un poeta secondo Meineke FCG ILI, p. 162;
“ad contionatorem refert Pieters ms., chori verba esse in orchestram ingredientis
arbitratus”, Kassel-Austin PCGIV, p. 263). Nel fr. 294 K.-A. si fa riferimento ad
un abito tragico, la ξυστίς (Harp. p. 216,9 Dind. = ξ 6 Keaney; cfr. Hsch. ξ 196).
Sono presenti, infine, alcuni riferimenti a personaggi della vita contempo-
ranea, in particolare al non certamente identificabile ό Πεισίου (fr. 282 K.-A.,
cfr. p. 148 s.) e Iperbolo (fr. 283 K.-A.), al quale è stato riferito anche il fr.
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Gratino
vv. 1-2 Στάσις... έν άλλήλοισιν
vv. 1-2 πρεσβυγενής Κρόνος
ν. 3 τύραννον
E schilo
ν. 200: Στάσις τ’ έν άλλήλοισιν ώροθύνετο
ν. 220: τον παλαιγενή Κρόνον
ν. 222: ό τών θεών τύραννος (se. Ζεύς)
(cfr. ν. 224: τυραννίδι)
Le Hòrai (frr. 269-298 Κ.-Α.) si possono confrontare, per l’utilizzo del titolo,
con le commedie omonime di Aristofane (PCG III.2, frr. 577-589 K.-A., cfr.
Delneri 2006, pp. 71-124) e Anassila (un solo frammento, 31 K.-A., PCG II, p.
294); come sostenuto da Guidorizzi 2006, p. 125 “se il parallelo con l’omonima
commedia di Aristofane ha qualche senso, è possibile che la commedia avesse
a che fare con la sfera rituale, se non con quella del mito”. Hòrai può indicare
come sostantivo le stagioni dell’anno e le divinità a esse preposte; d’altra parte,
è anche il modo in cui sono chiamate tre dee, Eunomia, Dikèe Eiréne, figlie di
Zeus e Ihernis, v. Delneri 2006, pp. 73-75.
I frammenti noti rimandano a temi differenti e non permettono considera-
zioni sulla possibile trama del dramma. Nel fr. 269 K.-A. (άλλ’ ήν δτ’ έν φώσωνι
την ϊσην έχων/μετ’ έμοΰ διήγες f οϊναρον, έλκων τής τρυγός) chi parla
potrebbe rifersi ad una situazione che un tempo condivideva con qualcuno,
ora elevatosi socialmente, cfr. Kock CAFI, p. 89: “conloquitur nescio quis, qui in
tenui sortepermanserat, cum altero in lautiorem evecto” (v. anche Storey FOCI,
p. 395: “a contrast between someone in “thè bad old days” and an improved
status now”).
A un ambito musicale rimandano i due versi del fr. 270 K.-A. (ν. 1 βούλει
μονωδήσωμεν αύτοΐς έν γέ τι;/ν. 2 ούκ άν μονωδήσειεν έκπεπληγμένος). Nel
fr. 272 Κ.-Α. (ταύτ’ <αύτά> πράσσω, ’φασκ’ άνήρ ούδέν ποών) è presente un
proverbio utilizzato per chi non fa nulla (έπί τών μηδέν ποιοΰντων è l’inter-
pretamentum dei testimoni, Phot, τ 81 = Sud. τ 173). Nel fr. 276 K.-A. (’ίτω δέ
καί τραγωδίας/ό Κλεομάχου διδάσκαλος, f μετά τών f παρατιλτριών/έχων
χορόν λυδιστί τιλ-/ λουσών μέλη πονηρά) è attaccato il figlio di Cleomaco,
forse Gnesippo, come nei Boukoloi (fr. 17, 1 K.-A.) e in altri frammenti di
commediografi, cfr. Bianchi 2016, p. 121 s. Nel fr. 279 K.-A. (ώσπερ ό Περσικός
ώραν πάσαν καναχών όλόφωνος άλέκτωρ) qualcuno ο qualcosa è paragonato
alla voce incessante del gallo (un poeta secondo Meineke FCG ILI, p. 162;
“ad contionatorem refert Pieters ms., chori verba esse in orchestram ingredientis
arbitratus”, Kassel-Austin PCGIV, p. 263). Nel fr. 294 K.-A. si fa riferimento ad
un abito tragico, la ξυστίς (Harp. p. 216,9 Dind. = ξ 6 Keaney; cfr. Hsch. ξ 196).
Sono presenti, infine, alcuni riferimenti a personaggi della vita contempo-
ranea, in particolare al non certamente identificabile ό Πεισίου (fr. 282 K.-A.,
cfr. p. 148 s.) e Iperbolo (fr. 283 K.-A.), al quale è stato riferito anche il fr.