6. Lingua e stile
195
per il secondo, cfr. ibid. 73 e 78 per la notazione dialettale), a meno di non
intendere l’informazione come dedotta per autoschediasma dalla comme-
dia stessa di Gratino (sui due frammenti, v. Delneri 2006, p. 174 s. e 199 s.);
2. άριθματοί, fr. 161 K.-A. κρανία δισσά φορεϊν, οφθαλμοί δ’ ούκ άριθματοί.
“A hyper-Doric form [...] and one may wonder whether this was put into
thè mouth of a sophist from thè Doric-speaking areas of Magna Graecia
or Sicily (such as Hippon, who certainly featured in that play: fr. 167)”
(Willi 2010, p. 500);
3. οΐκέω nel fr. 246, v. 1 K.-A. (Cheirónes), forma ionica probabilmente dovuta
al fatto che locutore del frammento era Solone, v. p. 139. Cfr. anche p. 175
per Λαέρτα.
Inoltre, si possono menzionare i richiami a uno specifico linguaggio divino in
opposizione a quello umano, come ad es. nel fr. 352 K.-A. (ine. fab.) χαλκίδα
κικλήσκουσι θεοί, άνδρες δέ κύβηλιν e, verisimilmente, anche nel fr. 258, v.
4 s. K.-A. δν δή κεφαληγερέταν/θεοΐ καλέουσι, dove questa definizione di
Pericle da parte degli dei poteva essere seguita da una in opposizione, riferita
agli uomini, verosimilmente con un “appellativo [...] poco lusinghiero” (Farioli
2000, p. 417 n. 3), cfr. Bianchi 2013, p. 195 s.
6.14 Termini tecnici
Tra i casi possibili, si possono segnalare, esemplificativamente297:
1. l’espressione ούκ εδωκε αίτούντι χορόν (fr. 17, ν. 1 K.-A., Boukoloi) dove i
due verbi δίδωμι e αίτέω associati all’accusativo χορόν hanno il valore tec-
nico, rispettivamente, di indicare la concessione del coro da parte dell’ar-
conte e la richiesta che a questi ne faceva il poeta; nello stesso frammento,
al v. 3, διδάσκειν, con il significato di ‘essere διδάσκαλος di un coro’;
2. nel fr. 42, v. 2 K.-A. (Dionysalexandros) il verbo αίμωδέω, qui utilizzato in
senso traslato, ma che indica propriamente ‘avere un’irritazione ai denti’,
come mostra Γ usus in ambito medico, a partire dal Corpus Hippocraticum-,
3. nel fr. 62, v. 2 K.-A. (Drapetides) l’aggettivo φλεγυρός, attestato ancora
in Ar. Ach. 665 e in Ippocrate secondo quanto testimonia Galen. XIX 152;
4. il lungo elenco di nomi di fiori presente nel fr. 105 K.-A. (Malthakoi);
5. nel fr. 108 K.-A. (Malthakoi) Τβηρος τραγοπώγων. Il sostantivo τραγοπώ-
γων ha verisimilmente il valore traslato di ‘dalla barba caprina’, deduci-
bile dalle sue altre attestazioni (ad es. Thphr. Hist. plant. VII 7.1, Diosc. II
297 Per i frr. 17, 42 e 62 K.-A. rimando, per ulteriori specificazioni, al commento che
ne ho dato in Bianchi 2016, rispettivamente pp. 120 e 122, 256 s., 370.
195
per il secondo, cfr. ibid. 73 e 78 per la notazione dialettale), a meno di non
intendere l’informazione come dedotta per autoschediasma dalla comme-
dia stessa di Gratino (sui due frammenti, v. Delneri 2006, p. 174 s. e 199 s.);
2. άριθματοί, fr. 161 K.-A. κρανία δισσά φορεϊν, οφθαλμοί δ’ ούκ άριθματοί.
“A hyper-Doric form [...] and one may wonder whether this was put into
thè mouth of a sophist from thè Doric-speaking areas of Magna Graecia
or Sicily (such as Hippon, who certainly featured in that play: fr. 167)”
(Willi 2010, p. 500);
3. οΐκέω nel fr. 246, v. 1 K.-A. (Cheirónes), forma ionica probabilmente dovuta
al fatto che locutore del frammento era Solone, v. p. 139. Cfr. anche p. 175
per Λαέρτα.
Inoltre, si possono menzionare i richiami a uno specifico linguaggio divino in
opposizione a quello umano, come ad es. nel fr. 352 K.-A. (ine. fab.) χαλκίδα
κικλήσκουσι θεοί, άνδρες δέ κύβηλιν e, verisimilmente, anche nel fr. 258, v.
4 s. K.-A. δν δή κεφαληγερέταν/θεοΐ καλέουσι, dove questa definizione di
Pericle da parte degli dei poteva essere seguita da una in opposizione, riferita
agli uomini, verosimilmente con un “appellativo [...] poco lusinghiero” (Farioli
2000, p. 417 n. 3), cfr. Bianchi 2013, p. 195 s.
6.14 Termini tecnici
Tra i casi possibili, si possono segnalare, esemplificativamente297:
1. l’espressione ούκ εδωκε αίτούντι χορόν (fr. 17, ν. 1 K.-A., Boukoloi) dove i
due verbi δίδωμι e αίτέω associati all’accusativo χορόν hanno il valore tec-
nico, rispettivamente, di indicare la concessione del coro da parte dell’ar-
conte e la richiesta che a questi ne faceva il poeta; nello stesso frammento,
al v. 3, διδάσκειν, con il significato di ‘essere διδάσκαλος di un coro’;
2. nel fr. 42, v. 2 K.-A. (Dionysalexandros) il verbo αίμωδέω, qui utilizzato in
senso traslato, ma che indica propriamente ‘avere un’irritazione ai denti’,
come mostra Γ usus in ambito medico, a partire dal Corpus Hippocraticum-,
3. nel fr. 62, v. 2 K.-A. (Drapetides) l’aggettivo φλεγυρός, attestato ancora
in Ar. Ach. 665 e in Ippocrate secondo quanto testimonia Galen. XIX 152;
4. il lungo elenco di nomi di fiori presente nel fr. 105 K.-A. (Malthakoi);
5. nel fr. 108 K.-A. (Malthakoi) Τβηρος τραγοπώγων. Il sostantivo τραγοπώ-
γων ha verisimilmente il valore traslato di ‘dalla barba caprina’, deduci-
bile dalle sue altre attestazioni (ad es. Thphr. Hist. plant. VII 7.1, Diosc. II
297 Per i frr. 17, 42 e 62 K.-A. rimando, per ulteriori specificazioni, al commento che
ne ho dato in Bianchi 2016, rispettivamente pp. 120 e 122, 256 s., 370.