3. Tradizione e ricezione
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Contro la possibilità di una lettura diretta di Gratino da parte di Oro ipotiz-
zata da Koerte 1922, col. 1649, v. Pieters 1946, p. 9 s. e, più specificamente,
Luppe 1967b, p. 390 s., il quale a proposito dei frammenti presenti nel Lexicon
Messanense rileva che:
1. ciascuna delle citazioni non è nota altrove e, in un caso, anche il titolo
della commedia, Dionysoi, è privo di attestazioni e talora sospettato di
corruzione, v. Bianchi 2016, p. 302;
2. il fr. 270 K.-A. (Hórai) è citato per attestare l’uso di ‘μονωδεΐν συν τώ
t’ (Lex. Mess. f. 280v 9 = Rabe 1892, p. 405; 1895, p. 148), ma Vinterpreta-
mentum che segue i due versi non ha nulla a che fare con la particolarità
linguistica: “hier hat Oros den Text seiner Vorlage uniiberlegt mitzitiert,
obwohl dieser Text beim besten Willen mit den Rechtschreibung, dem iota
adscriptum, nichts zu tun hat! Es kann also kein Zweifel geben: Oros hat
diese Kratinoszitate nicht aus einer Kratinoslekture”87.
Alla seconda categoria appartengono, ad esempio, Stefano di Bisanzio (VI
sec. d. C.; 3 frammenti, 4 versi) e alcuni dei più importanti testimoni di Gratino.
Nel V/VI sec. Esichio (43 frammenti, 43 citazioni, 10 versi) la cui opera annove-
ra tra le fonti il Περιεργοπένητες di Diogeniano (II sec. d. C.), a sua volta risa-
lente tramite Giulio Vestino al lessico di Zopirione e Parafilo (fine I sec. d. C.),
v. Nesselrath 2010, p. 425 n. 6; tra Vili e IX sec. d. C. la Synagogè (36 frammenti,
43 citazioni, 24 versi), dalla cui varie redazioni (v. Cunningham 2003, p. 13 s.,
23-42) derivano le glosse presenti sia in Fozio (IX sec. d. C.; 142 frammenti,
146 citazioni, 62 versi) sia nel lessico Suda (fine X sec. d. C.; 75 frammenti, 76
citazioni, 51 versi).
Un esempio di possibile rapporto tra Esichio, Fozio e il lessico Suda è dato
dal fr. 7 K.-A. (ArchilochoÌ) citato in Phot, δ 659 = Sud. δ 1213 = Apost. VI 20,
mentre in Hsch. δ 1925 è verisimilmente attestata una varia lectio antica del
testo di Gratino (pur non citato esplicitamente), la quale potrebbe spiegare
perchè il locus classicus di Gratino non contenga il lemma (Διάς ψήφος) che i
tre testimoni si propongono di spiegare, cfr. in part. Bianchi 2016b. Per alcuni
altri casi, si possono richiamare due occorrenze in cui in Esichio è attestato
l’impiego di una parola o espressione in Gratino ed è indicato il titolo della
commedia, mentre negli altri testimoni manca ogni richiamo al commedio-
grafo:
87 Luppe (ibid.) riporta, inoltre, anche un giudizio già di Reitzenstein 1897, p. 289,
sull’opera di Oro: “das ist billige Gelehrsamkeit, aus Diogenian und atticistischen
Handbuchern geschopft und ohne jedes Urteil mit noch billigeren ortographischen
Zusàtzen verquickt”.
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Contro la possibilità di una lettura diretta di Gratino da parte di Oro ipotiz-
zata da Koerte 1922, col. 1649, v. Pieters 1946, p. 9 s. e, più specificamente,
Luppe 1967b, p. 390 s., il quale a proposito dei frammenti presenti nel Lexicon
Messanense rileva che:
1. ciascuna delle citazioni non è nota altrove e, in un caso, anche il titolo
della commedia, Dionysoi, è privo di attestazioni e talora sospettato di
corruzione, v. Bianchi 2016, p. 302;
2. il fr. 270 K.-A. (Hórai) è citato per attestare l’uso di ‘μονωδεΐν συν τώ
t’ (Lex. Mess. f. 280v 9 = Rabe 1892, p. 405; 1895, p. 148), ma Vinterpreta-
mentum che segue i due versi non ha nulla a che fare con la particolarità
linguistica: “hier hat Oros den Text seiner Vorlage uniiberlegt mitzitiert,
obwohl dieser Text beim besten Willen mit den Rechtschreibung, dem iota
adscriptum, nichts zu tun hat! Es kann also kein Zweifel geben: Oros hat
diese Kratinoszitate nicht aus einer Kratinoslekture”87.
Alla seconda categoria appartengono, ad esempio, Stefano di Bisanzio (VI
sec. d. C.; 3 frammenti, 4 versi) e alcuni dei più importanti testimoni di Gratino.
Nel V/VI sec. Esichio (43 frammenti, 43 citazioni, 10 versi) la cui opera annove-
ra tra le fonti il Περιεργοπένητες di Diogeniano (II sec. d. C.), a sua volta risa-
lente tramite Giulio Vestino al lessico di Zopirione e Parafilo (fine I sec. d. C.),
v. Nesselrath 2010, p. 425 n. 6; tra Vili e IX sec. d. C. la Synagogè (36 frammenti,
43 citazioni, 24 versi), dalla cui varie redazioni (v. Cunningham 2003, p. 13 s.,
23-42) derivano le glosse presenti sia in Fozio (IX sec. d. C.; 142 frammenti,
146 citazioni, 62 versi) sia nel lessico Suda (fine X sec. d. C.; 75 frammenti, 76
citazioni, 51 versi).
Un esempio di possibile rapporto tra Esichio, Fozio e il lessico Suda è dato
dal fr. 7 K.-A. (ArchilochoÌ) citato in Phot, δ 659 = Sud. δ 1213 = Apost. VI 20,
mentre in Hsch. δ 1925 è verisimilmente attestata una varia lectio antica del
testo di Gratino (pur non citato esplicitamente), la quale potrebbe spiegare
perchè il locus classicus di Gratino non contenga il lemma (Διάς ψήφος) che i
tre testimoni si propongono di spiegare, cfr. in part. Bianchi 2016b. Per alcuni
altri casi, si possono richiamare due occorrenze in cui in Esichio è attestato
l’impiego di una parola o espressione in Gratino ed è indicato il titolo della
commedia, mentre negli altri testimoni manca ogni richiamo al commedio-
grafo:
87 Luppe (ibid.) riporta, inoltre, anche un giudizio già di Reitzenstein 1897, p. 289,
sull’opera di Oro: “das ist billige Gelehrsamkeit, aus Diogenian und atticistischen
Handbuchern geschopft und ohne jedes Urteil mit noch billigeren ortographischen
Zusàtzen verquickt”.