164
Introduzione
de iota adscripto, possibilmente risalente al Περί ορθογραφίας dello stesso
Oro (v. p. 50 s.).
Nel considerare gli atticismi, è comunque sempre necessaria una certa
prudenza che si deve alla ben nota generale “tendenza dei grammatici antichi
a qualificare tout court come attico «ciò che è disusato, ciò che è aulico, ciò
che è arcaico»”243.
Alcuni possibili esempi dell’uso di forme verbali precipuamente attiche
possono essere: 1) ήσκάριζε (fr. 27 K.-A., Déliades) da άσκαρίζω rispetto a
σκαρίζω (Moer. a 77, Phryn. praep. soph. 42, 7); 2) ήμώδεις (fr. 41, v. 1 K.-A.,
Dionysalexandros) da αίμωδέω, rispetto ad αίμωδιάω, v. Phryn. praep. soph.
p. 14, 3, ma αίμωδέω non ha altre occorrenze nell’attico di V sec. a. C. oltre
quella di Gratino244; 3) βρύχει (fr. 62, v. 4 K.-A., Drapetides), da βρύχω rispetto
a βρύκω e che da questa si differenzierebbe anche per significato secondo
[Ammon.] diff. adf. vocab. 112 (“does not hold goof”, LSJs.v.).
Tra i sostantivi si registrano: 1) βόλιτα (fr. 43 K.-A., Dionysalexandros)
per βόλβιτα (Phryn. ecl. 33 βόλβιτον· ολίγοι τινές τών Αττικών, άλλα τούτου
δοκιμώτερον ανευ τού δευτέρου β); 2) nel composto γελγόπωλις (fr. 51 K.-A.,
Dionysalexandros), il primo elemento γέλγη corrispondente a ρώπος secondo
Moer. γ 19 γέλγη καί γελγοπώλης Αττικοί· ρώπος καί ρωποπώλης "Ελληνες;
3) nel fr. 100 Κ.-Α. σκάλοψ (ο σκάλωψ) ‘talpa’, forma attica di σπάλαξ secondo
Et. gen. AB (Et. magn. p. 715, 27), utilizzato anche da Ar. Ach. 879, cfr. p. 194.
Per τάριχος maschile e non neutro, nel fr. 44 K.-A. (Dionysalexandros), v.
p. 162.
Si può rilevare, inoltre, la presenza di ττ per σσ ad es. nel titolo della
commedia Θρατται, forma presente in quasi tutti i testimoni di ciascuno dei
17 frammenti a noi noti245; altri esempi sono γλώττης (fr. 122 K.-A., Nomoi),
γλώτταν (fr. 327, v. 1 K.-A., inc.fab.), θάττον (fr. 129 K.-A. Nomai). Al contrario,
σσ in luogo di ττ ricorre, ad esempio, 1) in πεσσοί nel fr. 7 K.-A. (Archilochoi),
in esametri e forse pronunciato dai sostenitori di Omero (v. Bianchi 2016, pp.
75-77), il che è quasi certamente un indizio di un voluto consonantismo non
243 Napolitano 2012, p. 181, con il rimando a Rosenkranz 1964, di cui da p. 267 è la
citazione. Cfr. Degani 1967, p. 26 n. 20.
244 La forma αίμωδιάω ricorre nel Corpus Hippocraticum e nella prosa del IV sec. a. C.;
in commedia, nel IV sec. a.C. è presente inTimocl. fr. 11, v. 7 K.-A. (Epichairekakos),
v. Bianchi 2016, p. 253 s.
245 Fanno eccezione Θράσσαις v.l. Θράξιν nei codici di Hsch. a 6101, latore del fr. 83
K.-A.; Θραικί di Antiatt. κ 76 che trasmette il fr. 86 K.-A. e lo assegna esplicita-
mente a Gratino, motivo per cui l’attribuzione del frammento alle Ihraittai non
appare dubbio.
Introduzione
de iota adscripto, possibilmente risalente al Περί ορθογραφίας dello stesso
Oro (v. p. 50 s.).
Nel considerare gli atticismi, è comunque sempre necessaria una certa
prudenza che si deve alla ben nota generale “tendenza dei grammatici antichi
a qualificare tout court come attico «ciò che è disusato, ciò che è aulico, ciò
che è arcaico»”243.
Alcuni possibili esempi dell’uso di forme verbali precipuamente attiche
possono essere: 1) ήσκάριζε (fr. 27 K.-A., Déliades) da άσκαρίζω rispetto a
σκαρίζω (Moer. a 77, Phryn. praep. soph. 42, 7); 2) ήμώδεις (fr. 41, v. 1 K.-A.,
Dionysalexandros) da αίμωδέω, rispetto ad αίμωδιάω, v. Phryn. praep. soph.
p. 14, 3, ma αίμωδέω non ha altre occorrenze nell’attico di V sec. a. C. oltre
quella di Gratino244; 3) βρύχει (fr. 62, v. 4 K.-A., Drapetides), da βρύχω rispetto
a βρύκω e che da questa si differenzierebbe anche per significato secondo
[Ammon.] diff. adf. vocab. 112 (“does not hold goof”, LSJs.v.).
Tra i sostantivi si registrano: 1) βόλιτα (fr. 43 K.-A., Dionysalexandros)
per βόλβιτα (Phryn. ecl. 33 βόλβιτον· ολίγοι τινές τών Αττικών, άλλα τούτου
δοκιμώτερον ανευ τού δευτέρου β); 2) nel composto γελγόπωλις (fr. 51 K.-A.,
Dionysalexandros), il primo elemento γέλγη corrispondente a ρώπος secondo
Moer. γ 19 γέλγη καί γελγοπώλης Αττικοί· ρώπος καί ρωποπώλης "Ελληνες;
3) nel fr. 100 Κ.-Α. σκάλοψ (ο σκάλωψ) ‘talpa’, forma attica di σπάλαξ secondo
Et. gen. AB (Et. magn. p. 715, 27), utilizzato anche da Ar. Ach. 879, cfr. p. 194.
Per τάριχος maschile e non neutro, nel fr. 44 K.-A. (Dionysalexandros), v.
p. 162.
Si può rilevare, inoltre, la presenza di ττ per σσ ad es. nel titolo della
commedia Θρατται, forma presente in quasi tutti i testimoni di ciascuno dei
17 frammenti a noi noti245; altri esempi sono γλώττης (fr. 122 K.-A., Nomoi),
γλώτταν (fr. 327, v. 1 K.-A., inc.fab.), θάττον (fr. 129 K.-A. Nomai). Al contrario,
σσ in luogo di ττ ricorre, ad esempio, 1) in πεσσοί nel fr. 7 K.-A. (Archilochoi),
in esametri e forse pronunciato dai sostenitori di Omero (v. Bianchi 2016, pp.
75-77), il che è quasi certamente un indizio di un voluto consonantismo non
243 Napolitano 2012, p. 181, con il rimando a Rosenkranz 1964, di cui da p. 267 è la
citazione. Cfr. Degani 1967, p. 26 n. 20.
244 La forma αίμωδιάω ricorre nel Corpus Hippocraticum e nella prosa del IV sec. a. C.;
in commedia, nel IV sec. a.C. è presente inTimocl. fr. 11, v. 7 K.-A. (Epichairekakos),
v. Bianchi 2016, p. 253 s.
245 Fanno eccezione Θράσσαις v.l. Θράξιν nei codici di Hsch. a 6101, latore del fr. 83
K.-A.; Θραικί di Antiatt. κ 76 che trasmette il fr. 86 K.-A. e lo assegna esplicita-
mente a Gratino, motivo per cui l’attribuzione del frammento alle Ihraittai non
appare dubbio.