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Bianchi, Francesco Paolo; Cratinus
Fragmenta comica (FrC) ; Kommentierung der Fragmente der griechischen Komödie (Band 3,1): Cratino: introduzione e testimonianze — Heidelberg: Verlag Antike, 2017

DOI Page / Citation link: 
https://doi.org/10.11588/diglit.63084#0209
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7. Metrica

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Interpretazione Nel capitolo περί άναπαιστικοϋ (Vili), dopo la trattazione
dell’aristofaneo (v. supra T4), Efestione discute prima del trimetro anape-
stico314, poi del dimetro catalettico e, in questa sezione, cita il frammento
di Gratino aU’interno di una polemica sull’utilizzo del nome paremiaco (che
sarebbe dovuto all’impiego del verso nei proverbi315), su cui v. van Ophujsen
1987, p. 87: “a piece of H.’s mind at its most pedestrian and pedantic. His seve-
rity would be a little better motivated if we could take thè following sentence
as a second premiss: thè name paroemiac does not apply to all proverbs (not
omni), nor does it apply to proverbs only (non soli), therefore it is inappro-
priate. But thè phrasing in our text indicates that H. thought thè fìrst premiss
sufficient - which of course it is, very strictly speaking” (corsivi dell’autore).
In questo contesto, i quattro versi del fr. 151 K.-A. degli Odyssès di Gratino
servono a mostrare che il paremiaco può essere impiegato non solo singo-
larmente, come avviene nei proverbi, ma anche in sequenza (συνεχεΐ); per
questo utilizzo del verso, v. PMG 856 (έμβατήριον spartano, talora assegnato
a Tirteo, v. Page 1962, p. 455), mentre in commedia i paremiaci ricorrono in
genere singolarmente come chiusa di sequenze per lo più dattiliche, v. ad es.
Ar. Nub. 275-290 ~ 298-313 e Zimmermann 1987, p. 102, cfr. Gentili-Lomiento
2003, p. 109 s.
T6
(fr. 359 K.-A., ine. fab.)
Ench. X 3 (περί άντισπαστικοϋ), p. 32,21-33,1-4 Consbr.
Τών δέ τριμέτρον το μέν καταληκτικόν τήν πρώτην άντισπαστικήν έχον, τάς
δέ έξης αλλας ιαμβικός Φαλαίκειον καλείται, οίον (fr. 359 K.-A. [ine. fab.])
χαίρ ' ώ χρυσόκερως βαβάκτα κήλων,
Πάν, Πελασγικόν Άργος έμβατεύων

314 Per questo metro è attestato che Simia di Rodi vi scrisse un intero poemetto, di cui
è citato un verso, CA fr. 9 Powell: τώ δέ τριμέτρω Σιμίας ό 'Ρόδιος όλον ποιημάτιον
έγραψεν· Ιστία αγνά, απ’ έϋξείνων μέσα τοίχων.
315 Per l’utilizzo di questo verso nei proverbi sono citati, in ordine, πότε δ’ Άρτεμις ούκ
έχόρευσεν (CPGII, ρ. 229 η. 9 Leutsch) e καί κόρκορος έν λαχάνοισιν (Zenob. IV
57, CFG I, ρ. 100 ~ Diogen. V 36a, ρ. 257 s. Leutsch-Schneidewin). Rispetto al testo
citato da Efestione, il primo proverbio è tràdito nelle raccolte paremiografiche nella
forma πού γάρ ή Άρτεμις ούκ έχόρευσεν (come registra anche Consbruch 1906, ρ.
26 nell’apparato ad loc.) che, da un punto di vista metrico, non risulta un dimetro
anapestico catalettico (paremiaco). Sui proverbi che presentano sequenze metriche,
non solo paremiaci, il che mostrerebbe la non appropriatezza del nome, come riporta
Efestione (v. supra), ma anche in trimetri e in esametri, v. Parlato 2010 e 2010b.
 
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