396
Testimonianze
Interpretazione Gratino e Menandro sono i soli commediografi di cui ricorra
la descrizione in Cristodoro; gli unici altri due poeti scenici a essere menzionati
sono Euripide ai vv. 32-35 e il tragediografo Omero di Bisanzio (TrGFI 98,
p. 268 s.) ai vv. 407-413, di cui è ricordata la madre Mero, poetessa fiorita
intorno al 280 a.C.
Gratino e Menandro potrebbero rappresentare la commedia antica e la
nuova, così come Euripide la tragedia (Omero di Bisanzio è probabilmente un
omaggio alla città), ma non è chiaro il motivo della scelta delle loro statue,
generalmente inteso come indicativo “di una certa popolarità dei personaggi
in epoca tardo-antica” e forse indizio di “qualche conoscenza diretta delle loro
opere da parte dell’autore”, Vox 2000, p. 241, con il rinvio a Stupperich 1982,
p. 230 e n. 58 che, per gli autori scenici, richiama la notorietà di Menandro
ed Euripide, ma la conoscenza di Gratino oltre il III sec. d.C. appare dubbia,
cfr. p. 50 s.
Non sono note statue di Gratino; quella descritta da Cristodoro543 doveva
essere probabilmente di bronzo, come mostra l’impiego del verbo έλαμπεν
riferito al bronzo al v. 78 (Afrodite), 92 (Giulio Cesare), 144 (Enea), 194 (Pirro/
Neottolemo), v. Vox 2000, p. 245 e Tissoni 2000, p. 168. L’identificazione
del commediografo in una delle due teste di un’erma bicipite conservata a
Bonn544, proposta da Stark 1859, è oggi generalmente rifiutata e si pensa
che essa rappresenti Omero o Aristofane, v. E. Boehringer, Homer. Bildnisse
und Nach/weise, I, Breslau 1939, pp. 69-72, G.M.A. Richter, The portraits ofthe
Greeks. I: Introduction. The early period. Thefifth century, London 1965, p. 141 s.
La descrizione della statua di Gratino (definito άριστόνοος, cfr. APIX 213,
1 s. [adesp.] δοιους [...] παΐδας άριστονόους/[...] Όμηρον [...] Νίκανδρον)
contiene alcune caratteristiche che del commediografo sono note da altre
fonti (per una disamina puntuale, v. Tissoni 2000, pp. 229-231 e Vox 2000,
pp. 245-247):
1. i vv. 358-359 richiamano lo ψόγος aspro e pungente di Gratino, cfr.
ad es. la descrizione di Aristofane nei Cavalieri (test. 9 K.-A.) e nelle
543 II sostantivo τύπος designa la statue antiche, cfr. vv. 30 (Demostene), 168 (Elena),
206 (Polissena). Non è chiaro perché la statua di Gratino sia definita άβρός, un
aggettivo che “non si adatta affatto all’etopea di Gratino, austero e terribile fusti-
gatore di costumi” (Tissoni 2000, p. 230, cfr. saprà). Al v. 168 la statua di Elena è
detta έρατόν τύπον, espressione che deriva da APIX 405 (Diodoro); in Cristodoro
άβρός ricorre ancora solo un’altra volta al v. 45: Ούδέ σύ μολπής /45 εϋνασας άβρόν
έρωτα, Σιμωνίδη, άλλ’ έτι χορδής/ϊμείρεις.
544 L’erma fu rinvenuta a Tuscolo, cfr. R. Kekulé, Das akademische Kunstmuseum zu
Bonn, Bonn 1872, nr. 688, p. 144 s.
Testimonianze
Interpretazione Gratino e Menandro sono i soli commediografi di cui ricorra
la descrizione in Cristodoro; gli unici altri due poeti scenici a essere menzionati
sono Euripide ai vv. 32-35 e il tragediografo Omero di Bisanzio (TrGFI 98,
p. 268 s.) ai vv. 407-413, di cui è ricordata la madre Mero, poetessa fiorita
intorno al 280 a.C.
Gratino e Menandro potrebbero rappresentare la commedia antica e la
nuova, così come Euripide la tragedia (Omero di Bisanzio è probabilmente un
omaggio alla città), ma non è chiaro il motivo della scelta delle loro statue,
generalmente inteso come indicativo “di una certa popolarità dei personaggi
in epoca tardo-antica” e forse indizio di “qualche conoscenza diretta delle loro
opere da parte dell’autore”, Vox 2000, p. 241, con il rinvio a Stupperich 1982,
p. 230 e n. 58 che, per gli autori scenici, richiama la notorietà di Menandro
ed Euripide, ma la conoscenza di Gratino oltre il III sec. d.C. appare dubbia,
cfr. p. 50 s.
Non sono note statue di Gratino; quella descritta da Cristodoro543 doveva
essere probabilmente di bronzo, come mostra l’impiego del verbo έλαμπεν
riferito al bronzo al v. 78 (Afrodite), 92 (Giulio Cesare), 144 (Enea), 194 (Pirro/
Neottolemo), v. Vox 2000, p. 245 e Tissoni 2000, p. 168. L’identificazione
del commediografo in una delle due teste di un’erma bicipite conservata a
Bonn544, proposta da Stark 1859, è oggi generalmente rifiutata e si pensa
che essa rappresenti Omero o Aristofane, v. E. Boehringer, Homer. Bildnisse
und Nach/weise, I, Breslau 1939, pp. 69-72, G.M.A. Richter, The portraits ofthe
Greeks. I: Introduction. The early period. Thefifth century, London 1965, p. 141 s.
La descrizione della statua di Gratino (definito άριστόνοος, cfr. APIX 213,
1 s. [adesp.] δοιους [...] παΐδας άριστονόους/[...] Όμηρον [...] Νίκανδρον)
contiene alcune caratteristiche che del commediografo sono note da altre
fonti (per una disamina puntuale, v. Tissoni 2000, pp. 229-231 e Vox 2000,
pp. 245-247):
1. i vv. 358-359 richiamano lo ψόγος aspro e pungente di Gratino, cfr.
ad es. la descrizione di Aristofane nei Cavalieri (test. 9 K.-A.) e nelle
543 II sostantivo τύπος designa la statue antiche, cfr. vv. 30 (Demostene), 168 (Elena),
206 (Polissena). Non è chiaro perché la statua di Gratino sia definita άβρός, un
aggettivo che “non si adatta affatto all’etopea di Gratino, austero e terribile fusti-
gatore di costumi” (Tissoni 2000, p. 230, cfr. saprà). Al v. 168 la statua di Elena è
detta έρατόν τύπον, espressione che deriva da APIX 405 (Diodoro); in Cristodoro
άβρός ricorre ancora solo un’altra volta al v. 45: Ούδέ σύ μολπής /45 εϋνασας άβρόν
έρωτα, Σιμωνίδη, άλλ’ έτι χορδής/ϊμείρεις.
544 L’erma fu rinvenuta a Tuscolo, cfr. R. Kekulé, Das akademische Kunstmuseum zu
Bonn, Bonn 1872, nr. 688, p. 144 s.