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Testimonianze
Il vino certo è un cavallo veloce per un aedo grazioso:
se bevi acqua non partorirai nulla di buono.
Questo diceva, o Dioniso, e esalava il profumo non di una sola otre
Gratino, ma odorava di tutto l’orcio.
Per questo fioriva grande per le corone, e aveva la fronte
gialla di edera proprio come te.
Bibliografia M.H.E. Meier, Der Attische Process, Halle 1824, III, p. 28954S,
Fritzsche 1835, p. 271 s., Bergk 1838, p. 204, Meineke FCG ILI (1839), p. 119
(fr. VI, Pytine), Meineke FCG ed. min. I (1847), p. 41, Rock CAFI (1880), p. 74
(fr. 199 Pytine), Zielmski 1885, p. 318 n. 2, Pieters 1946, p. 183, Edmonds 1957,
p. 92 s. Gow-Page 1965, II, pp. 421-423, Kassel-Austin PCGIV (1983), p. 121
e p. 226 s. (Gratin, fr. *203, Pytine), Conti Bizzarro 1999, pp. 73-79, Biles 2002,
pp. 173-175, Imperio 2004, pp. 210-213, Olson 2007, p. 86, Bakola 2010, p. 56 s„
Henderson 2011, p. 206, Storey 2011, pp. 266 s., 370 s., Sens 2011, pp. 325-333
([Asclep.] epigr. * XLVII), Biles 2014, pp. 3-6
Contesto L’epigramma è dedicato a Gratino e alla sua lode del vino dal quale
deriva la grandezza poetica, come è esplicito ai vv. 5 s. dove la gloria del
commediografo (tanto κισσω, specificamente associato negli epigrammi ai
successi degli autori drammatici, quanto κεκροκωμένον richiamano la dimen-
sione teatrale, cfr. Sens 2011, p. 332 s.) è paragonata a quella dell’anonimo
destinatario dell’epigramma (ώσπερ καί σύ).
La paternità dell’epigramma è discussa: 1) nei codici dell Antologia Palatina
è presente come intestazione Νϊκαινέτου έπί έξαμέτρω τρίμετρον; 2) in quelli
della Planudea si ha Νικηράτου; 3) Ateneo (II 39 c) lo cita in maniera anonima
(ò δέ ποιήσας το εις Κρατίνου έπιγράμμα); 4) Zenobio (Ath. II53 = vulg. VI 22),
che cita i primi due versi, lo attribuisce a un certo Demetrio di Alicarnasso; 5)
in Phot, υ 27 = Sud. υ 53 = Apost. XVII 52 = Arsen. LI 42, che citano il verso 2,
è proposta una doppia assegnazione: ol μέν Άσκληπιάδου, oi δέ Θεαιτήτου.
Sulla questione dell’attribuzione, v. da ultimo Sens 2011, p. 325 s. che propende
per un’ascrizione a Niceneto (seconda metà III sec. a. C., di cui sopravvivono
cinque epigrammi, v. Gow-Page 1965, II, p. 417) anche per la particolarità
metrica, esametri alternati a trimetri giambici, caratteristica meglio attestata
per gli epigrammi di III secolo a.C. che per un’epoca più tarda, cfr. Sens 2011,
pp. 219-222 ad Asclep. epigr. XXXIII (APXIII 23).
right it will be predicative, as, e.g., Dem. 2.5 μέγας ηΰξήθη, 8 ήρθη μ., but Dilthey’s
μεγάλ' perhaps deserve consideration”. V. anche infra p. 401 s.
548 Per l’ipotesi di Meier, cfr. anche M.H.E. Meier-G.E Schómann, Der Attische Process,
neu bearb. von J.H. Lipsius, Berlin 1883-1887,1, p. 354.
Testimonianze
Il vino certo è un cavallo veloce per un aedo grazioso:
se bevi acqua non partorirai nulla di buono.
Questo diceva, o Dioniso, e esalava il profumo non di una sola otre
Gratino, ma odorava di tutto l’orcio.
Per questo fioriva grande per le corone, e aveva la fronte
gialla di edera proprio come te.
Bibliografia M.H.E. Meier, Der Attische Process, Halle 1824, III, p. 28954S,
Fritzsche 1835, p. 271 s., Bergk 1838, p. 204, Meineke FCG ILI (1839), p. 119
(fr. VI, Pytine), Meineke FCG ed. min. I (1847), p. 41, Rock CAFI (1880), p. 74
(fr. 199 Pytine), Zielmski 1885, p. 318 n. 2, Pieters 1946, p. 183, Edmonds 1957,
p. 92 s. Gow-Page 1965, II, pp. 421-423, Kassel-Austin PCGIV (1983), p. 121
e p. 226 s. (Gratin, fr. *203, Pytine), Conti Bizzarro 1999, pp. 73-79, Biles 2002,
pp. 173-175, Imperio 2004, pp. 210-213, Olson 2007, p. 86, Bakola 2010, p. 56 s„
Henderson 2011, p. 206, Storey 2011, pp. 266 s., 370 s., Sens 2011, pp. 325-333
([Asclep.] epigr. * XLVII), Biles 2014, pp. 3-6
Contesto L’epigramma è dedicato a Gratino e alla sua lode del vino dal quale
deriva la grandezza poetica, come è esplicito ai vv. 5 s. dove la gloria del
commediografo (tanto κισσω, specificamente associato negli epigrammi ai
successi degli autori drammatici, quanto κεκροκωμένον richiamano la dimen-
sione teatrale, cfr. Sens 2011, p. 332 s.) è paragonata a quella dell’anonimo
destinatario dell’epigramma (ώσπερ καί σύ).
La paternità dell’epigramma è discussa: 1) nei codici dell Antologia Palatina
è presente come intestazione Νϊκαινέτου έπί έξαμέτρω τρίμετρον; 2) in quelli
della Planudea si ha Νικηράτου; 3) Ateneo (II 39 c) lo cita in maniera anonima
(ò δέ ποιήσας το εις Κρατίνου έπιγράμμα); 4) Zenobio (Ath. II53 = vulg. VI 22),
che cita i primi due versi, lo attribuisce a un certo Demetrio di Alicarnasso; 5)
in Phot, υ 27 = Sud. υ 53 = Apost. XVII 52 = Arsen. LI 42, che citano il verso 2,
è proposta una doppia assegnazione: ol μέν Άσκληπιάδου, oi δέ Θεαιτήτου.
Sulla questione dell’attribuzione, v. da ultimo Sens 2011, p. 325 s. che propende
per un’ascrizione a Niceneto (seconda metà III sec. a. C., di cui sopravvivono
cinque epigrammi, v. Gow-Page 1965, II, p. 417) anche per la particolarità
metrica, esametri alternati a trimetri giambici, caratteristica meglio attestata
per gli epigrammi di III secolo a.C. che per un’epoca più tarda, cfr. Sens 2011,
pp. 219-222 ad Asclep. epigr. XXXIII (APXIII 23).
right it will be predicative, as, e.g., Dem. 2.5 μέγας ηΰξήθη, 8 ήρθη μ., but Dilthey’s
μεγάλ' perhaps deserve consideration”. V. anche infra p. 401 s.
548 Per l’ipotesi di Meier, cfr. anche M.H.E. Meier-G.E Schómann, Der Attische Process,
neu bearb. von J.H. Lipsius, Berlin 1883-1887,1, p. 354.