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Introduzione
un’invocazione in praesentia alle divinità qui menzionate (cfr. Quaglia 2000,
p. 459); al particolare rito incubatorio e al digiuno previsti per chi volesse
consultare l’oracolo, descritti da Paus. IX 39, 5, possono riferirsi i frr. 233 (ού
σίτον αρασθ’, ούχ ΰπνου λαχεϊν μέρος) e 236 Κ.-Α. (ούδ’ Αίξωνίδ' έρυθρόχρων
έσθίειν έτι τρίγλην, / ουδέ τρυγόνος, ουδέ δεινού φυήν μελανούρου) e, inoltre,
la menzione nel fr. 241 K.-A. dei παρεϊαι δφεις (che si trovavano nel tempio
secondo il già citato passo di Pausania).
I Cheimazomenoi sono noti solamente dall’argumentum agli Acarnesi
di Aristofane (v. test. 7a K.-A.). Impossibile dire a cosa si riferisse il titolo e
quale fosse il contenuto del dramma* * * * * * * * * * * * * * * 203; secondo Kock CAPI, p. 81 s.: “titulus
fabulae fortasse ita interpretandus, ut Athenienses significet magna calamitate
conflictens. Aristoph. Ran. 361” ([v. 355 δστις] ή τής πόλεως χειμαζομένης
αρχών καταδωροδοκεϊται).
I Cheirones (frr. 246-268 K.-A.) erano probabilmente una pluralità di per-
sonaggi, forse dei centauri, che derivavano il loro nome dal mitico Chitone204 e
componevano il coro della commedia, come sembrano mostrare: 1) l’uso della
forma plurale del titolo (che si riferisce di norma ai coreuti, cfr. Bianchi 2016,
p. 14); 2) il fr. 253 K.-A. (σκήψιν μέν Χείρωνες έλήλυμεν, ώς ύποθήκας) che
si può confrontare con il papiraceo frammento 171 K.-A. dei Ploutoi, dove i
coreuti prima presentano esplicitamente se stessi (v. 11 s.) quindi dichiarano
memente seguito (ad es. Bergk 1838, p. 217, Meineke FCG ILI p. 142, Kock CAPI,
p. 80, Kassel-Austin, PCGIV, p. 233) ed è motivata dal fatto che:
1) questa era l’unica delle commedie di Gratino a noi nota che aveva a che fare con
la città di Lebadea;
2) i δαίμονες chiamati in causa nel frammento potrebbero essere le divinità men-
zionate da Pausania (IX 39.5 s. θύει γάρ δή ó κατιών αύτω τε τφ Τροφωνίω καί τού
Τροφωνίου τοΐς παισί, προς δέ Άπόλλωνί τε καί Κρόνω καί Δι'ι έπίκλησιν Βασιλεΐ
καί Ήρα τε Ήνιόχη καί Δήμητρι ήν έπονομάζοντες Ευρώπην τού Τροφωνίου
φασίν είναι τροφόν) alle quali sarebbe rivolto il saluto di qualcuno che arriva nelle
prossimità del tempio.
Sebbene non si possa escludere un più generico riferimento in un’altra delle com-
medie, questa attribuzione appare quindi verisimile e da ciò si può dedurre la
possibilità di collocare la scena o una o più scene a Lebadea nei pressi del tempio,
v. in part. Quaglia 2000. p. 461 s. (che sulla base di contenuto e metro assegna il
frammento alla parodo della commedia).
203 “The title [...] means “caught in a storm at sea”, and metaphorically “to be in
distress”, but neither meanig helps to identify thè chorus or ascertain what thè
comedy was about” (Storey FOCI, p. 385).
204 “Vervielfàltigung des einen mytischen Chiron zu einem Chor von Chironen”
(Koerte 1922, col. 1650).
Introduzione
un’invocazione in praesentia alle divinità qui menzionate (cfr. Quaglia 2000,
p. 459); al particolare rito incubatorio e al digiuno previsti per chi volesse
consultare l’oracolo, descritti da Paus. IX 39, 5, possono riferirsi i frr. 233 (ού
σίτον αρασθ’, ούχ ΰπνου λαχεϊν μέρος) e 236 Κ.-Α. (ούδ’ Αίξωνίδ' έρυθρόχρων
έσθίειν έτι τρίγλην, / ουδέ τρυγόνος, ουδέ δεινού φυήν μελανούρου) e, inoltre,
la menzione nel fr. 241 K.-A. dei παρεϊαι δφεις (che si trovavano nel tempio
secondo il già citato passo di Pausania).
I Cheimazomenoi sono noti solamente dall’argumentum agli Acarnesi
di Aristofane (v. test. 7a K.-A.). Impossibile dire a cosa si riferisse il titolo e
quale fosse il contenuto del dramma* * * * * * * * * * * * * * * 203; secondo Kock CAPI, p. 81 s.: “titulus
fabulae fortasse ita interpretandus, ut Athenienses significet magna calamitate
conflictens. Aristoph. Ran. 361” ([v. 355 δστις] ή τής πόλεως χειμαζομένης
αρχών καταδωροδοκεϊται).
I Cheirones (frr. 246-268 K.-A.) erano probabilmente una pluralità di per-
sonaggi, forse dei centauri, che derivavano il loro nome dal mitico Chitone204 e
componevano il coro della commedia, come sembrano mostrare: 1) l’uso della
forma plurale del titolo (che si riferisce di norma ai coreuti, cfr. Bianchi 2016,
p. 14); 2) il fr. 253 K.-A. (σκήψιν μέν Χείρωνες έλήλυμεν, ώς ύποθήκας) che
si può confrontare con il papiraceo frammento 171 K.-A. dei Ploutoi, dove i
coreuti prima presentano esplicitamente se stessi (v. 11 s.) quindi dichiarano
memente seguito (ad es. Bergk 1838, p. 217, Meineke FCG ILI p. 142, Kock CAPI,
p. 80, Kassel-Austin, PCGIV, p. 233) ed è motivata dal fatto che:
1) questa era l’unica delle commedie di Gratino a noi nota che aveva a che fare con
la città di Lebadea;
2) i δαίμονες chiamati in causa nel frammento potrebbero essere le divinità men-
zionate da Pausania (IX 39.5 s. θύει γάρ δή ó κατιών αύτω τε τφ Τροφωνίω καί τού
Τροφωνίου τοΐς παισί, προς δέ Άπόλλωνί τε καί Κρόνω καί Δι'ι έπίκλησιν Βασιλεΐ
καί Ήρα τε Ήνιόχη καί Δήμητρι ήν έπονομάζοντες Ευρώπην τού Τροφωνίου
φασίν είναι τροφόν) alle quali sarebbe rivolto il saluto di qualcuno che arriva nelle
prossimità del tempio.
Sebbene non si possa escludere un più generico riferimento in un’altra delle com-
medie, questa attribuzione appare quindi verisimile e da ciò si può dedurre la
possibilità di collocare la scena o una o più scene a Lebadea nei pressi del tempio,
v. in part. Quaglia 2000. p. 461 s. (che sulla base di contenuto e metro assegna il
frammento alla parodo della commedia).
203 “The title [...] means “caught in a storm at sea”, and metaphorically “to be in
distress”, but neither meanig helps to identify thè chorus or ascertain what thè
comedy was about” (Storey FOCI, p. 385).
204 “Vervielfàltigung des einen mytischen Chiron zu einem Chor von Chironen”
(Koerte 1922, col. 1650).