162
Introduzione
mentre non vengono notati gli altri due composti e hapax ύπολεπτολόγος e
γνωμιδιώκτης, immediatamente precedenti239.
Si registrano un certo numero di sostantivi, verbi, aggettivi e avverbi di
impiego raro, testimoniati in Gratino e in qualche altro autore. Si possono
annoverare, inoltre, come forme particolari, nel fr. 44 K.-A. (Dionysalexandros)
ταρίχους Ποντικούς, l’uso di τάριχος maschile, considerato ionico e dorico
rispetto a τάριχος neutro attico, da Poli. VI 19 e v. anche Athen. Ili 119b,
sebbene τάριχος maschile sia presente anche in altri passi della commedia,
cfr. Bianchi 2016, pp. 267-269; nel fr. 47 K.-A. (Dionysalexandros) άνηστις con
doppio prefisso α + νη, in luogo del più comune νήστις (il primo prefisso è
verisimilmente una vocale protetica che non modifica il valore, v. Schwyzer
I, p. 411 s.), cfr. Bianchi 2016, p. 288 s.; e, ancora, βιβλιαγράφος (fr. 267 K.-A.,
Cheirdnes) registrato accanto a βιβλιογράφος (v. Kassel-Austin PCGIV, p. 257);
δωδεκέται (fr. 444 K.-A., ine. fab.), invece di δωδεκαέται (così il testimone,
schol. T Hom. π 428b), έρυθρόχρως (fr. 236, v. 1 K.-A., ine. fab.) per il più
comune έρυθρόχρους (v. LSJ s.v.).
Nell’ambito della morfologia nominale sono notevoli i casi di dativi
lunghi nei frr. 32,1 (Deliades) τούτοισι; 116,1 (Nemesis) σιτίοισιν; 209 (Pytine)
λύχνοισι; 326, 2 (ine. fab.) λόγοισι; 350 K.-A. (ine. fab.) λαχάνοισιν; in quella,
invece, verbale ricorrono sia Kurzformen (άμάρτοιν, fr. 61 K.-A., Drapetides;
άμύναιν, fr. 183 K.-A., Pylaia), sia desinenze peculiari di un comune uso più
tardo (οίσθας, fr. 112 K.-A., Malthakoi), sia derivazioni da verbi non docu-
mentati (προβώντες, fr. 133 K.-A., Nomoi, da un ipotetico presente tematico
*προβάω).
Sono presenti, inoltre: 1) termini tecnici, come ad es. διδόναι/αίτεΐν χορόν
‘concedere/chiedere il coro’ (fr. 17,1 K.-A., Boukoloi) ο αίμωδέω (fr. 41,1 K.-A.,
Dionysalexandros) che, in senso tecnico medico, vale ‘avere un’irritazione ai
denti’; 2) termini stranieri come ad es. καλάσιρις (fr. 32, 2 K.-A., Deliades)
e datismi, come è verisimilmente nel caso di βαδίζου del fr. 421 K.-A. (ine.
fab.); 3) forme dialettali non attiche, talora utilizzate in modo specifico per
connotare parlanti che utilizzano dialetti differenti, come potrebbe essere per
οίκέω nel fr. 246, 1 K.-A. (Cheirónes) se si accetta l’ipotesi che locutore ne sia
Solone (analogamente anche όμοίη a fine verso nel fr. 8 K.-A., Archilochoi, se
a parlare è Omero).
Da un punto di vista della sintassi, si registrano costruzioni particolari
come ad es. αύχέω + accusativo e infinito (fr. 1 K.-A., Archilochoi), ο δεί σ’
όπως ... /... διοίσεις (fr. 115 K.-A., Nemesis), entrambe di impiego generalmente
239
Cfr. Farioli 1996, p. 75 per altri casi.
Introduzione
mentre non vengono notati gli altri due composti e hapax ύπολεπτολόγος e
γνωμιδιώκτης, immediatamente precedenti239.
Si registrano un certo numero di sostantivi, verbi, aggettivi e avverbi di
impiego raro, testimoniati in Gratino e in qualche altro autore. Si possono
annoverare, inoltre, come forme particolari, nel fr. 44 K.-A. (Dionysalexandros)
ταρίχους Ποντικούς, l’uso di τάριχος maschile, considerato ionico e dorico
rispetto a τάριχος neutro attico, da Poli. VI 19 e v. anche Athen. Ili 119b,
sebbene τάριχος maschile sia presente anche in altri passi della commedia,
cfr. Bianchi 2016, pp. 267-269; nel fr. 47 K.-A. (Dionysalexandros) άνηστις con
doppio prefisso α + νη, in luogo del più comune νήστις (il primo prefisso è
verisimilmente una vocale protetica che non modifica il valore, v. Schwyzer
I, p. 411 s.), cfr. Bianchi 2016, p. 288 s.; e, ancora, βιβλιαγράφος (fr. 267 K.-A.,
Cheirdnes) registrato accanto a βιβλιογράφος (v. Kassel-Austin PCGIV, p. 257);
δωδεκέται (fr. 444 K.-A., ine. fab.), invece di δωδεκαέται (così il testimone,
schol. T Hom. π 428b), έρυθρόχρως (fr. 236, v. 1 K.-A., ine. fab.) per il più
comune έρυθρόχρους (v. LSJ s.v.).
Nell’ambito della morfologia nominale sono notevoli i casi di dativi
lunghi nei frr. 32,1 (Deliades) τούτοισι; 116,1 (Nemesis) σιτίοισιν; 209 (Pytine)
λύχνοισι; 326, 2 (ine. fab.) λόγοισι; 350 K.-A. (ine. fab.) λαχάνοισιν; in quella,
invece, verbale ricorrono sia Kurzformen (άμάρτοιν, fr. 61 K.-A., Drapetides;
άμύναιν, fr. 183 K.-A., Pylaia), sia desinenze peculiari di un comune uso più
tardo (οίσθας, fr. 112 K.-A., Malthakoi), sia derivazioni da verbi non docu-
mentati (προβώντες, fr. 133 K.-A., Nomoi, da un ipotetico presente tematico
*προβάω).
Sono presenti, inoltre: 1) termini tecnici, come ad es. διδόναι/αίτεΐν χορόν
‘concedere/chiedere il coro’ (fr. 17,1 K.-A., Boukoloi) ο αίμωδέω (fr. 41,1 K.-A.,
Dionysalexandros) che, in senso tecnico medico, vale ‘avere un’irritazione ai
denti’; 2) termini stranieri come ad es. καλάσιρις (fr. 32, 2 K.-A., Deliades)
e datismi, come è verisimilmente nel caso di βαδίζου del fr. 421 K.-A. (ine.
fab.); 3) forme dialettali non attiche, talora utilizzate in modo specifico per
connotare parlanti che utilizzano dialetti differenti, come potrebbe essere per
οίκέω nel fr. 246, 1 K.-A. (Cheirónes) se si accetta l’ipotesi che locutore ne sia
Solone (analogamente anche όμοίη a fine verso nel fr. 8 K.-A., Archilochoi, se
a parlare è Omero).
Da un punto di vista della sintassi, si registrano costruzioni particolari
come ad es. αύχέω + accusativo e infinito (fr. 1 K.-A., Archilochoi), ο δεί σ’
όπως ... /... διοίσεις (fr. 115 K.-A., Nemesis), entrambe di impiego generalmente
239
Cfr. Farioli 1996, p. 75 per altri casi.