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Στρατιώται/Στρατιώτιδες (fr. 54)

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ricorre sia quando la forma omessa è identica alla forma precedente (cfr. Th.
1.140.5 την βεβαίωσιν καί πείραν τής γνώμης) che quando la forma omessa
è diversa dall’articolo precedente (cfr. D. 2.9 τω τα χωρία καί λιμένας καί τά
τοιαύτα προειληφέναι), come avviene in questo caso. La presenza dell’articolo
nel codice di Esichio scoraggia decisamente gli emendamenti in <καί> κωπητήρα
(Blaydes 1896, 31) ο <έπι>κωπητήρα (Kassel ap. Kassel-Austin 1986, 586).
v. 2. La modifica in ές τήν (Musurus 1514b (non vidi)) corregge έστί tra-
smesso nel ms. H. La grafìa corretta è però con ogni probabilità εις τήν e in
questa forma deve essere stampato a testo. Sulle scelte ortografiche di εις/ ές
nell’edizione di Kassel-Austin cfr. il caso discusso in Olson 2014, ad Eup. fr.
327 K-A, Text e vd. anche l’apparato di Kassel-Austin per Pherecr. fr. 182
K-A. La preposizione εις è la forma impiegata solitamente in commedia (Willi
2003, 234-235) ed è garantita metricamente anche negli agoni epirrematici in
tetrametri anapestici (Ar. Nu. 996,1005). Dato che il testo esclude elementi para-
tragici o interlocutori stranieri, la correzione ortografica è pertanto necessaria.
La forma ροθίαξις, trasmessa dal codice, è stata corretta in ροθιά-
ζης (Blomfield 1814, 143-144): lo scambio di zeta con xi in minuscola è molto
semplice (Bast 1811, 715) e l’errore di itacismo anche. L’ipotesi di correzione in
ροθιάξης (Meineke 1869, 350; Kaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 586) per re-
stituire un congiuntivo aoristo di area dialettale occidentale (Buck 1955, §142;
Colvin 1999, 214-215) deve essere esclusa perché l’aoristo non è altrimenti
attestato per il verbo ροθιάζω, che nelle subordinate esprime col presente
sempre l’aspetto della durata (Ar. frr. 85 κατάγου ροθιάζων, 86 K-A ναός όταν
έκ πιτύλων ροθιάζη σώφρονι κόσμω); inoltre, questo intervento induce a sup-
porre una serie di banalizzazioni nella tradizione manoscritta come κωπητήρα
per κωπατήρα (Kaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 586), χορείν per χορήν (cfr.
Colvin 1999, 143-147), -πηδ- per l’iperdorico -παδ- (cfr. Sophr. fr. 19 K-A; Ar.
Lys. 1317) che devono essere necessariamente corrette: ma alcune di queste
sono insostenibili per l’assetto metrico del testo come ποτίκρανον (Theoc.
15.3; cfr. anche l’apparato di Sophr. fr. **10 K-A) per προσκεφάλαιον, e quindi
l’ipotesi di uno o due parlanti di area occidentale nel frammento deve essere
esclusa (pace Meineke 1869, 350; Kaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 586).
v. 3. Non c’è bisogno di integrare necessariamente il testo per dare un senso
compiuto al frammento. Il verbo δέομαι sembra reggere come complemento
oggetto sottinteso προσκεφάλαιον e il termine προσκεφάλαιον può essere sta-
to quindi semplicemente omesso: cfr. Ar. Lys. 926-927 (Μυ.) προσκεφάλαιον
ούκ έχεις. | (Κι.) άλλ’ ού δέομ’ ούδέν έγωγε, 933-934 (Μυ.) σισύραν ούκ έχεις.
| (Κι.) μά Δί’ ούδέ δέομαι γ’, άλλά βινεϊν βούλομαι, Men. Epit. 460-461 (Συ.)
ούκ ένεστιν ούδέ εις | παρ’ έμοί μερισμός. (Ον.) ούδέ δέομαι. Per questo mo-
tivo, tutte le integrazioni del testo sono puramente exempli grafia e non sono
 
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