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Hermippos
4.97-100, che però non può essere interpretato come il testo parodiato da
Ermippo (Goossens 1948, 95-96).
Le possibilità di contestualizzazione della scena sono numerose: è stata
immaginata un’interrogazione rivolta a un personaggio come Oreste, quando
si fìnge uno straniero di Daulia in Focide (A. Ch. 674-690), o ad Andromaca,
quando è condotta come schiava in Grecia (Gkaras 2008, 18). Entrambe le
ipotesi però configurano delle situazioni che hanno poco a che fare diretta-
mente con la vicenda di Agamennone. Altrimenti, si è pensato a un contesto
di presentazione tra Agamennone e un avversario prima di un combattimento
(Storey 201 lb, 283); oppure a un’interrogazione rivolta ad Agamennone al suo
ritorno in patria, dopo la spedizione troiana, quando evidentemente non era
più riconoscibile agli occhi dei suoi cari (Most 2013, seminario di ricerca del
24 aprile).
κάχειπε πόθεν ει L’imperativo di καχεΐπον è attestato di frequente in
contesti che denotano urgenza nell’ottenere un’informazione (Ar. Nu. 155,170,
478, 1278). La costruzione di καχεΐπον con πόθεν in interrogativa indiretta è
attestata anche in Ar. P. 20-21 e, per questo motivo, non ha senso la proposta
di emendamento in κάχ’ είπε (paceKaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 562).
μηδέ La congiunzione, quando non preceduta da frase negativa, tende a
stabilire un’opposizione con la sua coordinata del tipo μέν... δέ (avversativa
bilanciata), άλλ’ ού (opposizione tra due termini incompatibili) ο καί ού (ag-
giunta di un’idea negativa a un’idea positiva): cfr. Denniston 1954, 191-192.
La differenza tra queste tre tipologie è, per stessa ammissione di Denniston,
molto sottile. Kassel-Austin (1986, 562) pensano in questo caso a un valore di
μηδέ equivalente a άλλ’ ού (opposizione incompatibile), ma sono certamente
possibili le altre due interpretazioni in riferimento alla casistica di Denniston.
<με> Cfr. supra, Testo.
μάχην “invano”. In clausola di trimetro anche in Ar. Ra. 1416; Pl.Com. fr.
188.20 K-A; Men. Sam. 616, Kith. fr. 10 Sandbach; Philonid. II fr. 2 K-A; sull’av-
verbio μάχην cfr. Spatafora 1996, 270-274. L’avverbio può esser stato utilizzato
in senso proprio (chi parla è effettivamente nella posizione di accertare la
verità) oppure semplicemente in senso lato (l’interlocutore è genericamente
scoraggiato dal pronunciare menzogne).
Hermippos
4.97-100, che però non può essere interpretato come il testo parodiato da
Ermippo (Goossens 1948, 95-96).
Le possibilità di contestualizzazione della scena sono numerose: è stata
immaginata un’interrogazione rivolta a un personaggio come Oreste, quando
si fìnge uno straniero di Daulia in Focide (A. Ch. 674-690), o ad Andromaca,
quando è condotta come schiava in Grecia (Gkaras 2008, 18). Entrambe le
ipotesi però configurano delle situazioni che hanno poco a che fare diretta-
mente con la vicenda di Agamennone. Altrimenti, si è pensato a un contesto
di presentazione tra Agamennone e un avversario prima di un combattimento
(Storey 201 lb, 283); oppure a un’interrogazione rivolta ad Agamennone al suo
ritorno in patria, dopo la spedizione troiana, quando evidentemente non era
più riconoscibile agli occhi dei suoi cari (Most 2013, seminario di ricerca del
24 aprile).
κάχειπε πόθεν ει L’imperativo di καχεΐπον è attestato di frequente in
contesti che denotano urgenza nell’ottenere un’informazione (Ar. Nu. 155,170,
478, 1278). La costruzione di καχεΐπον con πόθεν in interrogativa indiretta è
attestata anche in Ar. P. 20-21 e, per questo motivo, non ha senso la proposta
di emendamento in κάχ’ είπε (paceKaibel ms. ap. Kassel-Austin 1986, 562).
μηδέ La congiunzione, quando non preceduta da frase negativa, tende a
stabilire un’opposizione con la sua coordinata del tipo μέν... δέ (avversativa
bilanciata), άλλ’ ού (opposizione tra due termini incompatibili) ο καί ού (ag-
giunta di un’idea negativa a un’idea positiva): cfr. Denniston 1954, 191-192.
La differenza tra queste tre tipologie è, per stessa ammissione di Denniston,
molto sottile. Kassel-Austin (1986, 562) pensano in questo caso a un valore di
μηδέ equivalente a άλλ’ ού (opposizione incompatibile), ma sono certamente
possibili le altre due interpretazioni in riferimento alla casistica di Denniston.
<με> Cfr. supra, Testo.
μάχην “invano”. In clausola di trimetro anche in Ar. Ra. 1416; Pl.Com. fr.
188.20 K-A; Men. Sam. 616, Kith. fr. 10 Sandbach; Philonid. II fr. 2 K-A; sull’av-
verbio μάχην cfr. Spatafora 1996, 270-274. L’avverbio può esser stato utilizzato
in senso proprio (chi parla è effettivamente nella posizione di accertare la
verità) oppure semplicemente in senso lato (l’interlocutore è genericamente
scoraggiato dal pronunciare menzogne).