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Hermippos
Metro Trimetro giambico
Bibliografia Bergk 1838, 321-322; Dindorf 1838, 408; Fritzsche 1845, 186;
van Herwerden 1855, 19-20; Kaibel (fl901) ms. ap. Kassel-Austin 1986, 580;
Steinhausen 1910, 34-38; Woodhead 1986, 331-332.
Contesto di citazione II frammento è citato per attestare la presenza di un
Diagora diverso da quello di Melo e irriso per la sua grandezza. La notazione
deriva dalle compilazioni sui κωμωδούμενοι, che spesso distinguono presun-
ti o reali casi di omonimia: cfr. Hermipp. fr. 7 K-A, Contesto di citazione;
Steinhausen 1910, 34-38.
Le due fonti (schol. vet. Ar. Ra. 320d-e; Suid. i 15) discutono dell’esegesi
di Ar. Ra. 320 άδουσι γούν τον Ίακχον δνπερ δι’ αγοράς. Aristarco (ΙΠ-ΙΙ
sec. a. C.) difende la lezione dei codici Διαγόρας, mentre Apollodoro di Tarso
(datazione incerta) propone δι’ αγοράς: sulla questione cfr. Dover 1993, ad Ar.
Ra. 320; Perrone 2006, 182-183.
Testo v. 1. Il trasmesso ήν νυν δέ έστι dei codici (schol. vet. Ar. Ra. 320d-e;
Suid. i 15) è stato corretto in ή νΰν δή ’στι (Bergk 1838, 321). La correzione è
necessaria per il senso e la corruttela si è generata per due errori di trascrizio-
ne: (1) un’errata trascrizione delle parole dall’originario ή νΰν a ήν vùv, con
dittografia di ny. (2) Uno scambio di δή con δέ molto comune nei manoscritti:
cfr. Ar. Ach. 103 λέγε δή σύ μεΐζον καί σαφώς τό χρυσίον (δέ mss. ΡΗ; cfr.
Olson 2002, XC), V. 526 νυν δή τον έκ θήμετέρου (con l’apparato di Biles-Olson
2015, adì.).
Anche il tràdito δέ μοι (δή μοι in Suid. ι 15 è ametrico) è stato corretto in
γ’ έμοί (Bergk 1838, 321) ο γέ μοι (Fritzsche 1845, 186), ma l’intervento non è
necessario, dato che καί e δέ possono trovarsi in simile successione: cfr. Ar. P.
523; Antiph. fr. 138.4-5 K-A τρώγοιμι καί | ώον δέ καταπίνοιμ’ άν, Denniston
1954, 200.
ν. 2. Il tràdito έάν τι τούτων (schol. (V) Ar. Ra. 320e; gli altri testimoni
offrono un testo peggiore) è stato corretto in έάν τοσοΰτον (Dindorf 1838,
408). Anche in questo caso l’errore è di lettura e trascrizione: cfr. l’intervento
opposto di Dindorf in Ar. Th. 1062 σέ μέν τό σαυτής χρή ποεϊν (τοσαύτης nel
ms. R). L’intervento è confortato dai seguenti paralleli: cfr. X. Cyr. 1.4.12 ήν
δέ τοσούτον έπιδιδώ, Isoc. 9.81 άν γάρ έμμένης τή φιλοσοφία καί τοσοΰτον
έπιδιδως δσονπερ νυν.
La lezione έπιδιδώ τής (Suid. ι 15) è preferibile a έπιδίδωται/έπιδίδοται
(schol. Ar. Ra. 320e) per ragioni di ordine semantico. Di solito τής ήμέρας vuol
Hermippos
Metro Trimetro giambico
Bibliografia Bergk 1838, 321-322; Dindorf 1838, 408; Fritzsche 1845, 186;
van Herwerden 1855, 19-20; Kaibel (fl901) ms. ap. Kassel-Austin 1986, 580;
Steinhausen 1910, 34-38; Woodhead 1986, 331-332.
Contesto di citazione II frammento è citato per attestare la presenza di un
Diagora diverso da quello di Melo e irriso per la sua grandezza. La notazione
deriva dalle compilazioni sui κωμωδούμενοι, che spesso distinguono presun-
ti o reali casi di omonimia: cfr. Hermipp. fr. 7 K-A, Contesto di citazione;
Steinhausen 1910, 34-38.
Le due fonti (schol. vet. Ar. Ra. 320d-e; Suid. i 15) discutono dell’esegesi
di Ar. Ra. 320 άδουσι γούν τον Ίακχον δνπερ δι’ αγοράς. Aristarco (ΙΠ-ΙΙ
sec. a. C.) difende la lezione dei codici Διαγόρας, mentre Apollodoro di Tarso
(datazione incerta) propone δι’ αγοράς: sulla questione cfr. Dover 1993, ad Ar.
Ra. 320; Perrone 2006, 182-183.
Testo v. 1. Il trasmesso ήν νυν δέ έστι dei codici (schol. vet. Ar. Ra. 320d-e;
Suid. i 15) è stato corretto in ή νΰν δή ’στι (Bergk 1838, 321). La correzione è
necessaria per il senso e la corruttela si è generata per due errori di trascrizio-
ne: (1) un’errata trascrizione delle parole dall’originario ή νΰν a ήν vùv, con
dittografia di ny. (2) Uno scambio di δή con δέ molto comune nei manoscritti:
cfr. Ar. Ach. 103 λέγε δή σύ μεΐζον καί σαφώς τό χρυσίον (δέ mss. ΡΗ; cfr.
Olson 2002, XC), V. 526 νυν δή τον έκ θήμετέρου (con l’apparato di Biles-Olson
2015, adì.).
Anche il tràdito δέ μοι (δή μοι in Suid. ι 15 è ametrico) è stato corretto in
γ’ έμοί (Bergk 1838, 321) ο γέ μοι (Fritzsche 1845, 186), ma l’intervento non è
necessario, dato che καί e δέ possono trovarsi in simile successione: cfr. Ar. P.
523; Antiph. fr. 138.4-5 K-A τρώγοιμι καί | ώον δέ καταπίνοιμ’ άν, Denniston
1954, 200.
ν. 2. Il tràdito έάν τι τούτων (schol. (V) Ar. Ra. 320e; gli altri testimoni
offrono un testo peggiore) è stato corretto in έάν τοσοΰτον (Dindorf 1838,
408). Anche in questo caso l’errore è di lettura e trascrizione: cfr. l’intervento
opposto di Dindorf in Ar. Th. 1062 σέ μέν τό σαυτής χρή ποεϊν (τοσαύτης nel
ms. R). L’intervento è confortato dai seguenti paralleli: cfr. X. Cyr. 1.4.12 ήν
δέ τοσούτον έπιδιδώ, Isoc. 9.81 άν γάρ έμμένης τή φιλοσοφία καί τοσοΰτον
έπιδιδως δσονπερ νυν.
La lezione έπιδιδώ τής (Suid. ι 15) è preferibile a έπιδίδωται/έπιδίδοται
(schol. Ar. Ra. 320e) per ragioni di ordine semantico. Di solito τής ήμέρας vuol