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Hermippos

l’analogia di impiego di παρακονάν “affilare” in Adesp.Com. fr. 522 K-A την
μάχαιραν παρακονών e άκονάν in Mnesim. fr. 7.2 K-A τα ξίφη... ήκονημένα.
βρύχεις “batti i denti”, per la paura del coltello affilato sulla cote. Dioniso
si spaventa per un rumore in Ar. Ra. 285-287 ed è di solito caratterizzato
come un celebre codardo: cfr. Ar. Ra. 279-308, 479-493 (in particolare v. 486 ώ
δειλότατε θεών συ κάνθρώπων); schol. vet.-Tr. Ar. P. 741e; vd. anche Casolari
2003, 117-120; Perrone 2006, 138.
Il verbo βρύχειν/βρύκειν può avere il senso di “mordere”, “divorare” (S. Tr.
987; Gratin, fr. 62.4 K-A; Diph. fr. 42.27 K-A) oppure di “battere (i denti)” (Hsch.
β 1229) con valore assoluto senza oggetto espresso (Hp. Mul. 2.120 (= 8.262
Littré) καί άλγέει καί βρύχει καί πύρ εχει, 2.151) oppure con oggetto espresso
(Hp. Mul. 1.7 (= 8.32 Littré) τούς όδόντας βρύχει, AR 15.51.3-4) o in forma
intransitiva (Hp. Mul. 1.36 (= 8.84 Littré) οί όδόντες βρύχουσι). L’alternanza
tra βρύχειν e βρύκειν è stata ricondotta a una differenza semantica ([Ammon.]
Diff. 112) o al fatto che βρύκειν sarebbe la forma attica (Moer. β 24), ma la
distribuzione delle forme è incoerente con questa indicazione: cfr. Tichy 1983,
78-79; Orth 2007, ad Stratt. fr. 12.2 K-A; Bianchi 2016, ad Cratin. fr. 62.4 K-A.
κοπίδος La κοπίς (da κόπτω “faccio a pezzi”) indica in questo caso una
lama a punta sottile (cfr. il paragone in Str. 11.11.7) utilizzata in cucina (Ar.
fr. 143 K-A κοπίδι των μαγειρικών, D.H. 12.3.1; Piu. Cr. 8.2; Poli. 10.104) per
fare a pezzi carni di animali (Ael. NA 13.6): cfr. Fraenkel 1960, 412; Sparkes
1975, 132 tavv. 16a-b. La κοπίς e la μαχαιρίς impiegata in cucina (Ar. Eq. 412)
sono forse sinonimi, mentre ci deve essere qualche differenza tra la κοπίς e la
δορίς (da δέρω “scuoio”), dato che ricorrono come termini distinti nella lista
di Anaxipp. fr. 6.3 K-A στελεόν, σκαφίδας τρεις, δορίδα, κοπίδας τέτταρας.
7 δηχθείς L’utilizzo in senso traslato di δάκνειν “tormentare” è attestato
sin da II. 5.493; Hes. Ih. 567 e al passivo si legge in Ar. Nu. 12; PI. Smp. 218a;
cfr. anche Olson 2002, ad Ar. Ach. 323-325; Taillardat 1965, §296.
δηχθείς α’ίθωνι Κλέωνι II complemento di agente di δάκνω al passivo
si costruisce con ύπό e genitivo (Ar. Nu. 12-13 δακνόμενος | ύπό τής δαπάνης
καί τής φάτνης καί τών χρεών, PI. Smp. 218a δηχθείς ύπό τών έν φιλοσοφία
λόγων) e in generale per l’età classica il dativo di agente si impiega preva-
lentemente con il perfetto medio-passivo ed è progressivamente sostituito
dal costrutto ύπό e genitivo (George 2005, 78-102). Tuttavia, in questo caso
bisogna tenere conto di due fattori per spiegare la presenza del dativo d’agente:
(1) l’esigenza di mantenere la formula omerica α’ίθωνι σιδήρω, nonostante il
cambio di funzione logica da dativo strumentale in Omero (ad es. II. 4.485,
7.473, 20.372) a dativo di agente in Ermippo; (2) la scelta di impiego di δηχθείς
forse in analogia con l’omerico δαμείς/δμηθείς “vinto” (ad es. II. 3.429 άνδρί
 
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