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Moìpcci (fr. 48)

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scuri, di bronzo, del tempo di guerra (θώραξ, κνημίδες). Per l’associazione
tra βλαύται e χλανίδες cfr. Anaxil. fr. 18.2 K-A χλανίδας θ’ έλκων, βλαύτας
σύρων “e trascinando mantellini, strisciando pantofole”.
5,7 όψει... άν ’ίδοις Da questo momento in avanti è chiaro che la perso-
na loquens si sta rivolgendo a un πρόσωπον sulla scena, come avviene sempre
nelle sequenze di dimetri in commedia quando si impiega la seconda perso-
na singolare e il contesto esclude la possibilità di una preghiera. I due verbi
sono l’espressione di due possibilità di prossima realizzazione, la prima più
concreta, la seconda meno (Goodwin 1875, §234), ma è anche possibile che la
distinzione sia spiegabile solo in termini di variatio: cfr. Ar. fr. 581.1 K-A όνβει
δε χειμώνος μέσου σικυούς, βότρυς, οπώραν, 581.5 Κ-Α ύρίσους δ’ ’ίδοις άν
νειφομένους σύκων όμου τε μύρτων, dove i due predicati sono utilizzati come
formule di allocuzione analoghe (pace Delneri 2006, 90), pur nella evidente
distinzione formale, cfr. Olson 2007, 106.
5 ράβδον... την κοτταβικήν La ράβδος indica un’asta lunga (Poli.
6.110) che è inserita su un oggetto a tre piedi, come un candelabro (Antiph. fr.
57.1-2 K-A), e posta al centro della sala da simposio a uguale distanza dai con-
vitati (schol. Lue. Lex. 3 (= p. 194.18-19 Rabe)). Costituisce la struttura portante
del κατακτάς κότταβος e per questo la sua menzione richiama immediata-
mente il gioco del cottabo. Nella PuceTrigeo suggerisce al Mercante di Armi di
versare piombo nella campana di una σάλπιγξ, quindi di inserire una ράβδος
per poter giocare al κατακτάς κότταβος (Ar. P. 1242-1244 μόλυβδον εις τουτί
τό κοΐλον έγχέας, | έπειτ’ άνωθεν ράβδον ένθείς ύπόμακρον, | γενήσεταί σοι
των κατακτών κοττάβων): cfr. Campagner 2002,112-113; Putz 2007,178-179.
6 έν τοίς άχύροισι κυλινδομένην II sintagma può richiamare II. 22.414,
24.640 κυλινδόμενος κατά κάπρον, ma non è neppure escluso che si tratti
di un’espressione comune come in Lue. Tox. 15 εις τούδαφος έκυλίνδετο. Il
verso dal punto di vista metrico presenta la cesura con overlap di una sillaba
(Korzeniewski 1968, 88 n. 19).
έν τοίς άχύροισι La parola άχυρον significa principalmente “paglia” (X.
Oec. 18.2; Thphr. HP 8.4.1) e solo in alcuni casi “crusca”, “semola” (pace LSJ
s. v.; cfr. Chadwick 1996, 56-59). Tuttavia né la “paglia” né la “crusca” possono
trovarsi a terra in una sala da simposio e perciò qui άχυρον è utilizzato come
sinonimo di “scarto”: cfr. Ar. Ach. 508 τούς γάρ μετοίκους άχυρα των άστών
λέγω “i meteci lo scarto delle città io dico”; Philostr. VA 1.39 σοί ταύτα...
χρήματα, έμοι δε άχυρα.
7 μάνης II termine indica un “disco” di bronzo, detto anche χάλκειον
κάρα (S. fr. 537.3 Radt), posto a metà dell’asta da cottabo (κοτταβικήν ράβδον)
e su cui bisogna fare cadere la πλάστιγξ attraverso il lancio di gocce (Antiph.
fr. 57.10-11 K-A): questa accezione di μάνης come “disco” può anche spiegare
 
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