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Frammenti

Il frammento, tramandato da Ateneo nella sezione dei Deiponsofisti (7.323b-c)
dedicata agli omologhi ittionimi οφύραινα e κέοτρα, è incentrato sulla men-
zione di due assolute prelibatezze marine.
κέστραι: Antifane (fr. 97 K.-A.) e Strattide (fr. 29 K.-A.) identificano la κέστρα
con la σφύραινα “luccio marino”, Sphyraena sphyraena L. (per cui cf. Thompson
1947, 108, 256-257; Garcia Soler 2001, 168-169; Marchiori 2001, 786 η. 1; Dalby
2003, 47; Orth 2009, 156-157); si trattava di un pesce particolarmente apprez-
zato presso i Greci: nelle Nuvole, dopo una serie di «scherzose invenzioni
aristofanee in stile ditirambico» (cosi Mastromarco 1983, 357 n. 49 a proposito
dei vv. 335-338 pronunciati da Strepsiade), sono menzionati, al v. 339, κεστράν
τεμάχη μεγαλάν άγαθάν, «con un’invenzione verbale che ridicolizza il lin-
guaggio teso del ditirambo in lingua letteraria dorica, applicandolo però a un
tema tutt’altro che aereo e alato: il contrasto tra solennità dell’atteggiamento
verbale e ghiottoneria fa parte del resto del repertorio di fondo della commedia
attica» (Guidorizzi 1996, 240). Il luccio marino è citato in elenchi di cibi altresì
presso Epicarmo (frr. 43, 86 K.-A.) e Antifane (fr. 130.6 K.-A.).
λάβρακες: Anche il λάβραξ, “spigola” ovvero “branzino”, Dicentrarchus labrax
L. (cf. Thompson 1947, 140-142; Garcia Soler 2001, 176-177; Marchiori 2001,
751 n. 3; Dalby 2003, 48), sovente annoverato in cataloghi gastronomici (ampia
esemplificazione in Olson-Sens 2000, 182), era un pesce pregiato, e, secondo
Archestrato (fr. 45.1-9 Montanari = SH fr. 176.1-9 = fr. 46.1-9 Olson-Sens), una
varietà molto rinomata proveniva da Mileto. Il λάβραξ assurge in commedia
anche a simbolo di avidità e di astuzia: come ha mostrato Taillardat 1961, 111,
Paflagone, rinfacciando al Salsicciaio di non mangiare spigole (Eq. 361: ού
λάβρακας καταφαγών), lo accusa di non essere né avido né astuto, e dunque
di non essere destinato a svolgere un ruolo preminente nella vita della polis.

fr. 15 (7 K.)
La Suda (k 2546 Adler) attesta l’occorrenza nicofontea del sintagma κοιμίσαι
τον λύχνον («spegnere la lucerna»). Nel fr. 25 K.-A. di Frinico Comico ricorre
la stessa espressione: έπειτ’ έπειδάν τον λύχνον κατακοιμίσηι. Il grammatico
Frinico (PS s.v. κατακοιμίζειν τον λύχνον 80.11-12 de Borries) spiega che il
verbo è sinonimo di σβεννύναι; e con la medesima accezione il verbo è atte-
stato anche in Callimaco (fr. 195.23-26 Pf). Un’analoga immagine è presente
anche in Meleagro (AP 5.165.5 = HE 4258 Gow-Page: κοιμάσθω μεν λύχνος),
dove lo spegnimento della lampada, testimone d’amore secondo un fortuna-
 
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