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Έγχειρογάστορες
(Mostri ventribraccia
ovvero
Gente che si nutre del lavoro delle proprie mani)
Della commedia, di cui è ignoto l’anno di rappresentazione, la Suda attesta
sia il titolo Έγχειρογάστορες (v 406 Adler) sia il titolo Χειρογάστορες (v 407
Adler)31; ma già Meineke, pur ipotizzando che Nicofonte, sull’esempio dei
Natali di Afrodite, avesse rappresentato le Χειρογαστόρων γοναί, giudicò il
«vocabulum et usu et forma mere poeticum atque a communi dicendi consue-
tudine prorsus alienum» (ECGI, 257). Pone, soprattutto, difficoltà l’identifica-
zione degli Έγχειρογάστορες (sulla «Entwicklungsgeschichte des Wortes» è
ancora utile lo studio di Knaack 1902, 292-297): secondo Tiimpel (1899, 2221-
2222; 1905, 2547-2548) e Schmid (1946, 166 n. 4), erano degli esseri mostruosi
a forma di polpi, distinti dai Χειρογάστορες, una particolare categoria di
Ciclopi; ma le fonti antiche non sempre forniscono notizie chiare e univoche
in tal senso: nello scolio ad Elio Aristide (III, 408.25-29 Dindorf) si afferma che
esistevano tre diversi tipi di Ciclopi: i Σικελοί, analoghi a quelli attivi nel nono
canto dell Odissea, gli ουράνιοι e i χειρογάστορες, che costruirono le mura
di Argo e che furono cosi chiamati παρά το έκ των χειρών ζην. Eustazio (in
II. 286.20-22 van der Valk) racconta che Encheirogastores ovvero Cheirogastores
innalzarono le mura di Tirinto; lo scolio al v. 965 dell’Oreste di Euripide
(1,192.12-14 Schwartz) attesta che erano opera degli Encheirogastores le mura
di Micene. Apollonio, nelle Argonautiche (1.936-1011), narra un’epica lotta tra
Eracle e alcuni mostri “nati dalla terra” (Γηγενέες), dotati di sei braccia di cui
due partivano dalle spalle e quattro dai fianchi (cf. Arg. 1.944-946): si presen-
tavano, quindi, come esseri ‘tentacolari’ simili a polpi, e, secondo Dei(l)oco
(FGrHist 471 F 7b), questi Γηγενείς erano Encheirogastores. Sia che fossero
mostri ‘polipoidi’ sia che si trattasse di ciclopi “costruttori” -che si avvalevano
peraltro di una avanzatissima tecnica metallurgica: cf. Imperio 1998b, 215-
216- è comunque certo che con le loro mani erano capaci di opere straordi-
narie: come ha osservato Grimal 1990, 126 (e cf. anche West 2007, 300-301),

La Suda (v 407 Adler), invero, attribuisce erroneamente il titolo al commediografo
Nicocare (cf. Kassel-Austin PCG VII, 39). Per il medesimo errore, commesso anche
da Ateneo (14.645b-c), testimone delfr. 6 K.-A., cf. Meineke 1827, 60; Kassel-Austin
PCG VII, 66.

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