Σειρήνες (Sirene)
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consumo di fichi, soprattutto a mezzogiorno (μεσημβρίας), turbava il sonno
ed era causa di febbri molto elevate56. Per la letterale interpretazione in chiave
medica di questi passi comici si sono pronunciati numerosi studiosi (c£, tra gli
altri, Rodriguez Alfageme 1981, 178, 387-388; Hunter 1983, 200; Rehrenbòck
1985, 68, 218; Urios Aparisi 1992, 272-274; Sanchis Llopis 2000,152-153; Garcia
Soler 2001,115 e n. 69). A favore dell’individuazione di una valenza metaforica
si espresse, di contro, già Smiley 1950, 105, che pose in relazione con il passo
di Nicofonte un verso giambico di Callimaco χλωρά σύκα τρωγούσας (fr.
191.93 Pf); cionondimeno, tale verso sembra una più probabile reminiscenza
del luogo ipponatteo σύκα μέτρια τρώγων (fr. 26.5 West2 = fr. 36.5 Degani2) e si
riferirebbe alla “povertà” o al “veleno poetico” dei giambografi (cf. Kerkhecker
1999, 47, con ampia bibliografia alle nn. 220-221; Asper 2004, 213 n. 22)57. Per
un’altra interpretazione metaforica si è pronunciato Catenacci 1998, 30 n. 14,
che, in relazione alla valenza oscena del fico (per cui cf. almeno Taillardat
1965, 76; Henderson 1991, 118, 135; Cannatà 1996, 145; Thiercy 2003, 21; de
Cremoux 2005, 126 n. 4), ha ipotizzato che l’interdizione di mangiare fichi a
mezzogiorno alludesse alla consuetudine greca di non intrattenere rapporti
sessuali a mezzodì; e tuttavia, di una tale forma di divieto non mi sembra che
Catenacci (il quale pure ha espresso considerazioni condivisibili in merito alle
pratiche erotiche dei barbaroi) abbia addotto testimonianze oggettive riferibili
al codice culturale greco (che, di contro, proibiva, ad esempio, gli aphrodisia
in un luogo sacro e all’aperto: cf. Arrigoni 1983, 7-56): le argomentazioni di
Catenacci appaiono, invero, smentite dall’invito, con evidente doppio senso
osceno (per cui cf. Aloni 1995, 100), rivolto a un aitante calzolaio, in Lisistrata
416-419, ad “allentare” proprio a mezzogiorno (v. 418: τής μεσημβρίας) la fibbia
al dito di un piede muliebre (e si pensi anche, in ambito latino, ai furori erotici
meridiani di Catullo, 32, e di Ovidio, Am. 1.5). Ove si dovesse ammettere che
nel frammento delle Sirene fosse riconoscibile un’immagine metaforica, mi
56 A fichi secchi “dai sogni piacevoli” (ίσχάδες ήδυόνειροι) fa invece riferimento
Ermippo in un lungo elenco di prodotti di importazione menzionati nei Facchini
(fr. 63.16 K.-A.).
57 In particolare, suU’allusione callimachea alla “povertà” della poesia giambica cf. già
Tarditi 1978, II, 1013-1021; per l’espressione callimachea interpretata in relazione
ai modi di una poesia giambica violenta, aggressiva e biliosa cf. invece Cozzoli
1996,138-140; sul verso callimacheo, spiegabile in un’accezione “quasi proverbiale”
indicante irascibilità, si vedano ora anche Lelli 2006, 173, e Pasquali 2010, 332. Per
la memoria allusiva callimachea del passo ipponatteo si veda parimenti Acosta-
Hughes 2002, 58-59; e, più in generale, per un’analisi della pluralità dei modelli
letterari riconoscibili nel I Giambo di Callimaco cf. Vox 1995, 273-287.
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consumo di fichi, soprattutto a mezzogiorno (μεσημβρίας), turbava il sonno
ed era causa di febbri molto elevate56. Per la letterale interpretazione in chiave
medica di questi passi comici si sono pronunciati numerosi studiosi (c£, tra gli
altri, Rodriguez Alfageme 1981, 178, 387-388; Hunter 1983, 200; Rehrenbòck
1985, 68, 218; Urios Aparisi 1992, 272-274; Sanchis Llopis 2000,152-153; Garcia
Soler 2001,115 e n. 69). A favore dell’individuazione di una valenza metaforica
si espresse, di contro, già Smiley 1950, 105, che pose in relazione con il passo
di Nicofonte un verso giambico di Callimaco χλωρά σύκα τρωγούσας (fr.
191.93 Pf); cionondimeno, tale verso sembra una più probabile reminiscenza
del luogo ipponatteo σύκα μέτρια τρώγων (fr. 26.5 West2 = fr. 36.5 Degani2) e si
riferirebbe alla “povertà” o al “veleno poetico” dei giambografi (cf. Kerkhecker
1999, 47, con ampia bibliografia alle nn. 220-221; Asper 2004, 213 n. 22)57. Per
un’altra interpretazione metaforica si è pronunciato Catenacci 1998, 30 n. 14,
che, in relazione alla valenza oscena del fico (per cui cf. almeno Taillardat
1965, 76; Henderson 1991, 118, 135; Cannatà 1996, 145; Thiercy 2003, 21; de
Cremoux 2005, 126 n. 4), ha ipotizzato che l’interdizione di mangiare fichi a
mezzogiorno alludesse alla consuetudine greca di non intrattenere rapporti
sessuali a mezzodì; e tuttavia, di una tale forma di divieto non mi sembra che
Catenacci (il quale pure ha espresso considerazioni condivisibili in merito alle
pratiche erotiche dei barbaroi) abbia addotto testimonianze oggettive riferibili
al codice culturale greco (che, di contro, proibiva, ad esempio, gli aphrodisia
in un luogo sacro e all’aperto: cf. Arrigoni 1983, 7-56): le argomentazioni di
Catenacci appaiono, invero, smentite dall’invito, con evidente doppio senso
osceno (per cui cf. Aloni 1995, 100), rivolto a un aitante calzolaio, in Lisistrata
416-419, ad “allentare” proprio a mezzogiorno (v. 418: τής μεσημβρίας) la fibbia
al dito di un piede muliebre (e si pensi anche, in ambito latino, ai furori erotici
meridiani di Catullo, 32, e di Ovidio, Am. 1.5). Ove si dovesse ammettere che
nel frammento delle Sirene fosse riconoscibile un’immagine metaforica, mi
56 A fichi secchi “dai sogni piacevoli” (ίσχάδες ήδυόνειροι) fa invece riferimento
Ermippo in un lungo elenco di prodotti di importazione menzionati nei Facchini
(fr. 63.16 K.-A.).
57 In particolare, suU’allusione callimachea alla “povertà” della poesia giambica cf. già
Tarditi 1978, II, 1013-1021; per l’espressione callimachea interpretata in relazione
ai modi di una poesia giambica violenta, aggressiva e biliosa cf. invece Cozzoli
1996,138-140; sul verso callimacheo, spiegabile in un’accezione “quasi proverbiale”
indicante irascibilità, si vedano ora anche Lelli 2006, 173, e Pasquali 2010, 332. Per
la memoria allusiva callimachea del passo ipponatteo si veda parimenti Acosta-
Hughes 2002, 58-59; e, più in generale, per un’analisi della pluralità dei modelli
letterari riconoscibili nel I Giambo di Callimaco cf. Vox 1995, 273-287.