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Frammenti

e a cui Zeus concesse l’immortalità, ma non l’eterna giovinezza)68 è illuminan-
te un passo degli Acarnesi di Aristofane (vv. 685-688): il Coro denuncia lo spre-
giudicato comportamento di giovani procuratori che, con espressioni forbite
e trappole verbali, citano in giudizio alcuni poveri anziani, con il risultato che
il malcapitato “vecchio bacucco”/“Titono” venga letteralmente “fatto a pezzi”
(cf. v. 688: άνδρα Τιθωνόν σπαράττων καί ταράττων καί κυκών; sulla violenza
accusatoria dei giovani procuratori si vedano, ex. gr., Napolitano 2002, 89-103;
Imperio 2004,151,153; Orfanos 2006,171-173). Non sembra quindi improbabile
che, per il pubblico che assisteva alle commedie, parole come Crono e Titono
assumessero un significato non dissimile dal nostro “Matusalemme”. Di rara
efficacia espressiva doveva dunque configurarsi il fr. *23 K.-A.: il tetrametro
anapestico, forse proveniente da un contesto parabatico (cf. Schmid 1946, 166
e n. 6), era verosimilmente rivolto contro un rivale (cf. Kòrte 1936, 511), e far
riferimento al “padre del nonno del nonno” (παππεπίπαππος) di due vecchi
bacucchi” avrà avuto certamente tutto il sapore di una divertente iperbole
comica. E, in tal senso, mi chiedo se νυνί δέ non possa tradire il riferimento al
contrasto (δέ) tra un originario successo di questo rivale e la sua attuale (νυνί)
condizione di “vecchio” deriso: una situazione speculare a quella presente
nella parabasi dei Cavalieri, dove il contrappunto rimarcato dalle notazioni
temporali ποτ’ (v. 526) e νυνί δ’ (v. 531) sottolinea, secondo l’impietosa visione
‘giovanilistica’ di Aristofane, la parabola discendente dell’ormai “vecchio” (cfr.
v. 533: γέρων) Gratino: «All’entusiasmo e agli applausi che accompagnarono
l’ascesa (v. 526: πολλώι... έπαίνωι) si contrappone ora la freddezza del pub-
blico verso il poeta in declino» (Imperio 2004, 203).
παππεπίπαππος: «pére du grand-pére du grand-pére» (cf. Benveniste 1965,
7-8): si tratta di una singolare Neubildung (cosi Schmid 1946, 166 n. 7), inter-
pretata già da Polluce (3.18) come τούνομα δεινώς ιδιωτικόν.

68 Per la proverbiale vecchiaia di Titono, il cui mito è narrato già in h.Ven. 5.218-238,
cf., ex. gr., Sapph. fr. 58.19-20 Voigt; Mimn. fr. 1.1-2 Gentili-Prato2 = fr. 4 West2; Cali,
fr. 194.53 Pf.; Zen. 6.18 [CPGI, 166]; Diogenian. 8.37 [CPGI, 312]: vd., tra gli altri
contributi, Pinotti 1996, 117-154; Moreau 2003, II, 341-356; per rappresentazioni
iconografiche relative all’amore tra Aurora e Titono cf. almeno Lefkowitz 2002,
329-331; catalogo di immagini in Kossatz-Deissmann 1997, 35-36.
 
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