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Hermippos

τήνδε di Hermipp. fr. 44.1 K-A deve essere riferito alla λεπαστή di Hermipp.
fr. 45.1 K-A. In Ateneo ci sono altri casi di parti consecutive di uno stesso testo
citate in sezioni diverse: in Antiph. fr. 172 K-A, i vv. 1-4 sono trasmessi in Ath.
11.471C, mentre i vv. 5-6 in Ath. 14.462a; in Nausicr. fr. 1 K-A, i vv. 1-5 sono
trasmessi in Ath. 7.296a, mentre i vv. 6-11 sono trasmessi in Ath. 7.325e, e poi
ancora i vv. 7-12 in Ath. 7.330b; in Telecl. fr. 27 K-A, i vv. 1-2 sono trasmessi
in Ath. 11.485f, mentre il v. 3 si legge in Ath. 4.170d.
Anche se le dichiarazioni di bevuta sono molto comuni in commedia,
l’appartenenza dei due frammenti a una stessa scena per l’identità di metro è
possibile e la precedenza di Hermipp. fr. 45 K-A rispetto a Hermipp. fr. 44 K-A
è un’ipotesi da tenere in considerazione: il contenuto di questi frammenti di
Ermippo lascia pensare a una sezione della commedia in cui è inscenato un
simposio, cfr. Konstantakos 2005, 188; Napolitano 2012, 173 n. 458 (che però
esprime alcuni dubbi riguardo alla messinscena di tali situazioni in commedia).
Il carattere dialogico del testo può far pensare al collocamento del fram-
mento in una scena dopo la parodo del Coro come avviene per i tetrametri
trocaici di Ar. V 403-4, 408-409, 415-417, 420-427, 430-462, 488-525. Per la
persona loquens, una possibilità è che a parlare sia il Coro alla prima persona
singolare (cfr. Hermipp. fr. 44 K-A, Interpretazione) oppure un πρόσωπον
come Sileno (Storey 201 lb, 299).
1 ήν έγώ πάθω τι “se mi prende un colpo”. Si tratta di un eufemismo
per “se io muoio” ed è usato in commedia e in prosa: cfr. Ar. P. 169-170,
V. 385, Ec. 1105; Hdt. 8.102.3; Isoc. 17.6; vd. anche Lys. 19.51; D. 4.11;
Chadwick 1996, 231-232. Questa frase ipotetica ricorre anche in alcuni te-
stamenti papiracei (ad es. PLond. 2.219.B.5-6 (II sec. a. C.) εάν δέ τι πάθ[ω]
[ανθρώπινον κ]αταλείπω καί δίδωμι τά έπιβάλλοντα μ[οι] μέρη, SB 18.13168.3
(123 a. C.) έάν δέ τ[ι ά]νθρώπινον πάθω, καταλείπω καί δίδωμι τά υπάρχοντά
μοι, cfr. anche Gkaras 2008, 87-88) seguita da un’apodosi introdotta da κατα-
λείπω καί δίδωμι con l’oggetto dell’eredità e il dativo della persona interessata.
Sull’impiego di ήν cfr. supra, Testo v. 1.
λεπαστήν Indica solitamente un tipo di κύλιξ (Cratin. fr. 468 K-A) con-
tenente vino (Ar. P. 916), di grosse dimensioni (Antiph. fr. 47.3 K-A; Philyll. fr.
5.4-5 K-A) e che è in grado di portare all’ebbrezza chi la beve (Theopomp.Com.
fr. 42 K-A λεπαστή μάλα συχνή, | ήν έκπιουσ’ άκρατον Αγαθού Δαίμονας |
περίστατον βοώσα τήν κώμην ποιεί): sulla λεπαστή cfr. anche Orth 2013, ad
Apolloph. fr. 4 K-A; Bagordo 2013, ad Telecl. fr. 27.2 K-A.
έκπιών Regge l’accusativo del contenitore anche in Hermipp. fr. 38 K-A,
cfr. ad l.
2 τώ Διονύσω Dioniso è un πρόσωπον della commedia (cfr. Hermipp.
Moirai, Contenuto) e a Dioniso sono presumibilmente lasciate le ricchezze
 
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