184
Hermippos
del “re dei satiri” con Telete (v. 5) e dalla formula omerica α’ίθωνι σιδήρω
parodiata come α’ίθωνι Κλέωνι (v. 7). Le immagini presenti nel frammento
propongono una serie di transizioni legate ai sensi: è presente il tatto di δόρυ
βαστάζειν “imbracciare la lancia”, l’udito dei δεινούς λόγους “discorsi mirabi-
li”, di παραθηγομένης... κοπίδος e di βρύχεις “(tu) batti i denti” e anche la vista
attraverso l’impiego di α’ίθωνι “scintillante”. Ma la transizione più originale è
quella che collega βρύχεις “(tu) batti i denti” a δηχθείς “morso/tormentato”
per mezzo del gioco sul senso letterale e figurato di δάκνω.
Il frammento offre tre problemi d’interpretazione: (1) il senso dell’apo-
strofe βασιλεύ σατύρων e il destinatario dell’apostrofe; (2) il collocamento
del frammento e la persona loquens-, (3) l’attribuzione di questo frammento
alle Moirai di Ermippo.
(1) Il senso dell’apostrofe βασιλεύ σατύρων è concreto e non metaforico:
deve essere tradotto come “re dei satiri” e inteso in riferimento a una figura
che ha potere sovrano sui satiri.
La possibilità di intendere il testo come “re dei satiri, cioè di uomini lascivi”
(Sintenis 1835, 229; Meineke 1839b, 396; cfr. Vickers 1997, 135; Jones 2011,
281-282) è ammissibile per ragioni di significato (LSJ s. v.), ma è problematica
per ragioni di senso: non esiste nel testo nessun elemento che permetta un’e¬
segesi sessuale del frammento33 e pertanto il riferimento aU’erotomania dei
satiri suona inappropriato.
33 Una lettura sessuale del frammento è da escludersi sulla base delle seguenti obiezioni
alle proposte di Jones (2011, 280-291) e Shaw (2014, 93-94): (1) ai w. 1-2 la frase ούκ
έθέλεις | δόρυ βαστάζειν non può essere intesa come “non vuoi | sollevare il pene”.
Il termine δόρυ nel senso di “pene” ricorre solo nel contesto specifico di Ar. Lys. 985
(Henderson 1991, §47) e l’argomento iconografico dello scambio di armi con falli nei
vasi attici è discusso con molta cautela da Dover (1989, 133-134). Inoltre, βαστάζειν
non vuol dire “sollevare” (α’ίρεσθαι), ma “imbracciare, maneggiare”. E, soprattutto, il
testo non afferma che il “re dei satiri” è impotente, vale a dire che non può imbracciare
la lancia: il “re dei satiri” semplicemente non vuole (θέλεις) imbracciare la lancia, non
vuole impegnarsi in uno scontro frontale perché è rappresentato come un codardo.
(2) Il participio δηχθείς non può alludere a una penetrazione passiva perché tale
significato non è attestato, l’unico riferimento in contesto erotico è in relazione a dei
baci (Ar. Ach. 1209 con Olson 2002, ad Ar. Ach. 1208-1209). (3) L’aggettivo κήλων
“da monta” (Archil. fr. 43.2 West; Gratin, fr. 359.1 K-A) non può essere inteso al posto
di Κλέωνι perché Κλέωνι è già un άποσδόκητον per l’atteso σιδήρω della iunctura
omerica αϊθωνι σιδήρω. (4) Il termine κοπίδος non può essere inteso come “fallo”
perché questo significato non è attestato e la riconduzione ai doppi sensi con κόπτω
è troppo generica.
Hermippos
del “re dei satiri” con Telete (v. 5) e dalla formula omerica α’ίθωνι σιδήρω
parodiata come α’ίθωνι Κλέωνι (v. 7). Le immagini presenti nel frammento
propongono una serie di transizioni legate ai sensi: è presente il tatto di δόρυ
βαστάζειν “imbracciare la lancia”, l’udito dei δεινούς λόγους “discorsi mirabi-
li”, di παραθηγομένης... κοπίδος e di βρύχεις “(tu) batti i denti” e anche la vista
attraverso l’impiego di α’ίθωνι “scintillante”. Ma la transizione più originale è
quella che collega βρύχεις “(tu) batti i denti” a δηχθείς “morso/tormentato”
per mezzo del gioco sul senso letterale e figurato di δάκνω.
Il frammento offre tre problemi d’interpretazione: (1) il senso dell’apo-
strofe βασιλεύ σατύρων e il destinatario dell’apostrofe; (2) il collocamento
del frammento e la persona loquens-, (3) l’attribuzione di questo frammento
alle Moirai di Ermippo.
(1) Il senso dell’apostrofe βασιλεύ σατύρων è concreto e non metaforico:
deve essere tradotto come “re dei satiri” e inteso in riferimento a una figura
che ha potere sovrano sui satiri.
La possibilità di intendere il testo come “re dei satiri, cioè di uomini lascivi”
(Sintenis 1835, 229; Meineke 1839b, 396; cfr. Vickers 1997, 135; Jones 2011,
281-282) è ammissibile per ragioni di significato (LSJ s. v.), ma è problematica
per ragioni di senso: non esiste nel testo nessun elemento che permetta un’e¬
segesi sessuale del frammento33 e pertanto il riferimento aU’erotomania dei
satiri suona inappropriato.
33 Una lettura sessuale del frammento è da escludersi sulla base delle seguenti obiezioni
alle proposte di Jones (2011, 280-291) e Shaw (2014, 93-94): (1) ai w. 1-2 la frase ούκ
έθέλεις | δόρυ βαστάζειν non può essere intesa come “non vuoi | sollevare il pene”.
Il termine δόρυ nel senso di “pene” ricorre solo nel contesto specifico di Ar. Lys. 985
(Henderson 1991, §47) e l’argomento iconografico dello scambio di armi con falli nei
vasi attici è discusso con molta cautela da Dover (1989, 133-134). Inoltre, βαστάζειν
non vuol dire “sollevare” (α’ίρεσθαι), ma “imbracciare, maneggiare”. E, soprattutto, il
testo non afferma che il “re dei satiri” è impotente, vale a dire che non può imbracciare
la lancia: il “re dei satiri” semplicemente non vuole (θέλεις) imbracciare la lancia, non
vuole impegnarsi in uno scontro frontale perché è rappresentato come un codardo.
(2) Il participio δηχθείς non può alludere a una penetrazione passiva perché tale
significato non è attestato, l’unico riferimento in contesto erotico è in relazione a dei
baci (Ar. Ach. 1209 con Olson 2002, ad Ar. Ach. 1208-1209). (3) L’aggettivo κήλων
“da monta” (Archil. fr. 43.2 West; Gratin, fr. 359.1 K-A) non può essere inteso al posto
di Κλέωνι perché Κλέωνι è già un άποσδόκητον per l’atteso σιδήρω della iunctura
omerica αϊθωνι σιδήρω. (4) Il termine κοπίδος non può essere inteso come “fallo”
perché questo significato non è attestato e la riconduzione ai doppi sensi con κόπτω
è troppo generica.