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Moìpcci (fr. *47)

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Quanto alla possibilità di intendere l’apostrofe come “re dei satiri, cioè
dei vigliacchi” oppure “il primo tra i satiri, e quindi tra i codardi” (Hermann
ap. Sintenis 1835, 229; cfr. Vickers 1997, 115; Storey 201 lb, 301), una simile
lettura può funzionare perché sarebbe equivalente a un’accusa di codardia:
i satiri sono, infatti, spesso accusati di inefficienza e codardia, cfr. Hes. fr.
123.2 Merkelback-West γένος ούτιδανών Σατύρων καί άμηχανοεργών, S. fr.
314.152 Radt πιστοί λόγοισιν όντες έργα φεύγετε. Tuttavia, l’interpretazione di
quest’apostrofe come un’offesa resta problematica perché il termine σάτυρος
non è mai utilizzato con valore antonomastico di “codardo”: in generale la
relazione tra uomini e satiri è più frequentemente espressa con similitudini (PI.
Smp. 221d) o attributi (Piu. Per. 13.16 ανθρώπους σατυρικούς) ed è usata per
indicare o bruttezza (X. Smp. 5.7) o dissolutezza (Theoc. 4.62). L’assenza di uti-
lizzi antonomastici di σάτυρος come “codardo” resta pertanto l’ostacolo mag-
giore per l’interpretazione di βασιλεύ σατύρων come “re dei codardi”: l’unico
caso dubbio è offerto da PI. Plt. 291a-b (πολλοί μεν γάρ λέουσι των άνδρών
εϊξασι και Κενταύροις καί τοιούτοισιν έτέροις, πάμπολλοι δε Σατύροις καί
τοΐς άσθενέσι καί πολυτρόποις θηρίοις· ταχύ δέ μεταλλάττουσι τάς τε ιδέας
καί την δύναμιν εις άλλήλους), ma in questo caso non si tratta di δειλία e
l’idea è piuttosto che i centauri e i leoni sono violenti a differenza dei satiri e
di altri animali che per ασθένεια si affidano alla πολυτροπία.
Il contenuto del testo non può quindi essere direttamente riferito a Pericle
sulla scena, dato che βασιλεύ σατύρων non è impiegato nel senso traslato di
“re dei vigliacchi”, ma nel senso proprio di “re dei satiri”: l’unica figura che
può essere individuata per mezzo dell’appellativo “re dei satiri” è Dioniso
(reeie Stadter 1989, 313; Olson 2007, 209), cfr. Nonn. D. 27.67-68 Διονύσου, |
βουκεράων Σατύρων ήγήτορος “di Dioniso, | condottiero dei Satiri dalle corna
bovine”. L’attribuzione dell’apostrofe a Sileno (Shaw 2014, 93) è molto meno
probabile, dato che Sileno è di solito apostrofato come padre dei satiri (E. Cyc.
84; S. fr. 314.142, 169 Radt; e cfr. Ussher 1978, adE. Cyc. 13). Quella di “re dei
satiri” non è un’epiclesi divina tradizionale per Dioniso ed è spiegabile solo
per il ruolo drammatico di Dioniso nei panni di un condottiero codardo (vv.
5-7) di un esercito di satiri.
Nel frammento il tipo di relazione stabilita tra Dioniso e Pericle oscilla tra
identità e differenze. Ai vv. 2-3 la menzione dei λόγους... δεινούς di Dioniso
sembra identificarsi con la celebre δεινότης λόγου periclea (Eup. fr. 102.1 K-A;
D.S. 12.39.5; Piu. Per. 8.5; Aristid. Or. p. 128.25-26 Jebb) e così anche al v. 7
δηχθείς α’ίθωνι Κλέωνι è detto di Dioniso solo perché è identificato con Pericle.
La testimonianza dell’ascesa di Cleone in coincidenza col calo di popolarità
di Pericle è anche il motivo per cui il testo è citato da Plutarco. Questo pro-
cedimento può essere inteso come la sovrapposizione di una figura storica
 
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