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Incertarum fabularum fragmenta (Frammenti anepigrafi)

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fr. *24 (23 K.)
Secondo Polluce (2.128), άρρησία («silenzio») ricorre come sinonimo di σιωπή
in Nicofonte (νικοφώντι nei codici BC; i codici FS e A recano invece άντιφώντι,
ma, come ha osservato Bethe, 1,123, app. crii., il termine «neque in orationibus
legitur neque inter frg recepì»). Della voce άρρησία si è occupato Fraenkel
1913,162, annoverandola tra le Femininbildungen connesse con ρήσις. Secondo
Schmid 1946, 166 n. 7, si tratterebbe di un conio nicofonteo; e già Kock aveva
ipotizzato: «fortasse adnominatione vocum άρρησία et παρρησία risum
movebat» (CAFI, 780). Sulla παρρησία (lat. licentia), che, termine comune
nel linguaggio retorico (cf. Anderson 2000, 94), si configura come il simbolo
stesso della democrazia ateniese, si vedano di recente Henderson 1998, 255-
273; Scarpai 2001, 34-66; e, soprattutto, la monografia di Saxonhouse 2006.

fr. 25 (24 K.)
Polluce (6.86) documenta la ricorrenza in Nicofonte del plurale κάναστρα,
voce che designava particolari tipi di recipienti che, come ha mostrato Amyx
1958, 266-268 (il quale ha peraltro documentato anche la forma καναυστρον,
attestata in IG I3 421.210), erano di materiale variabile (vimini, ceramica,
metallo) e venivano usati per servire pietanze in tavola. Sul fondamento di
un’altra testimonianza di Polluce (6.84: άργυρους ή χεύματα άργυρά), Amyx
1958, 267 n. 24 ha inoltre ipotizzato che Nicofonte facesse riferimento a reci-
pienti in argento.

fr. 26 (25 K.)
Arpocrazione (pp. 182.18-183.3 Dindorf = K 75 Keaney) documenta l’atte-
stazione di κορδακισμός («danza del cordace») oltre che in Demostene (Or.
2.18) anche in Nicofonte, precisando che εστι δε τούνομα καί έν τήι άρχαίαι
κωμωιδίαι, ώς παρά Νικοφώντι. Il cordace, «sempre menzionato come la dan-
za caratteristica della commedia» (Pickard-Cambridge 1996, 353; e cf. anche
Pickard-Cambridge 1962,164,167-169 con bibliografia a p. 168 n. 2), prevedeva
diversi σχήματα, tipici di «una danza alquanto oscena, spesso effettuata a piedi
uniti, caratterizzata dalla volgare rotazione dell’addome e dall’oscillazione
delle natiche; la musica veniva eseguita col doppio flauto» (Beta 1992, 108).
 
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