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Hermippos
di Ermippo molto probabilmente Diagora di Melo non era ancora conosciuto
ad Atene.
In Suid. τ 343 Τερθρεύς è indicato come un nome proprio, anche se sembra
riecheggiare in maniera chiara il sostantivo τερθρεία “pedanteria” (Isoc. 10.4) e
τερθρεύομαι “sono pedante” (Arist. Top. 156b 38; cfr. τερθρευόμενος in Pherecr.
fr. 20 K-A) e quindi si potrebbe trattare di un nomignolo scherzoso. Resta in
ogni caso complesso da stabilire se il genitivo τού Τερθρέως sia da interpretare
formalmente come un patronimico (Ar. V. 74 Αμυνίας μεν ó Προνάπους, Ra.
1512 μετ’ Αδειμάντου τού Λευκολόφου) ο come un demotico (Ar. Αν. 1126
Προξενίδης ό Κομπασεύς, Whitehead 1986, 331-331): anche un astrakan del
Ceramico, databile intorno al 471 a. C. (Willemsen-Brenne 1991,155; Siewert-
Brenne 2002, 69), riporta il nome Τερθρεύς, che è stato interpretato come un
patronimico (Masson 1992, 117; Siewert-Brenne 2002, 164) o come un demo-
tico scherzoso (Schròder 1993, 41-43) su confronto col frammento di Ermippo.
I μείζων “più grande”. L’aggettivo μέγας è riferibile tanto alla stazza
fisica (cfr. Hermipp. fr. 7 K-A) quanto alla grandezza morale o alla potenza:
prendere una decisione in assenza di contesto è impossibile e non è detto
che il testo abbia necessariamente un senso univoco, cfr. il caso di μεγάλους
πιθήκους in Phryn.Com. fr. 21.1 K-A con Starna 2014, ad l.
ή νυν δή “di poco fa” in opposizione al presente di μείζων γάρ... ’στι. Per
delle costruzioni analoghe dal punto di vista sintattico cfr. Ar. P. 1259 άμεινον q
νυν αϋτ’ άποδώσεται πολύ, Th. 459-460 ετερον αύ τι λήμα τούτο | κομψότερον
ετ’ ή το πρότερον άναπέφηνεν.
II significato di νύν δή (Phot, ν 294; Denniston 1954, 206-207), un cluster
attestato in commedia, tragedia e nella prosa platonica, dipende dal valore
temporale dell’enunciato: di solito con un verbo al presente indica “proprio
ora” (Ar. Eq. 756, V. 526, Ec. 571; PI. Ly. 217e), mentre con un verbo al passato
significa “poco fa” (Magn. fr. 6 K-A; Ar. P. 5, Av. 923, Ra. 410). Anche se la dif-
ferenza tra le due accezioni è piuttosto sottile e anche se i casi di impiego di νύν
δή con un verbo al passato possono ovviamente essere tradotti come “proprio
ora”, nel caso di Ermippo tale distinzione semantica è utile alla comprensione
del testo. L’ordine delle parole di E. Hipp. 233 νύν δή μεν e Ar. Lys. 327 νύν
δή γάρ mostra la tendenza di δή ad anticipare particelle come μεν e γάρ, alle
quali è normalmente posposto in cluster (Scheppers 2011, 94). Il fenomeno può
essere interpretato come univerbazione di νύν e δή (da cui la grafia νυνδή,
proposta per questo frammento da Herwerden 1855, 19-20), oppure come
spostamento del δή con valore enfatico rispetto al νύν che lo precede.
καί... δε Una sequenza di particelle utilizzata per introdurre un nuovo
elemento nel ragionamento dopo una pausa (Denniston 1954, 201-202): cfr.
anche supra, Testo v. 1.
Hermippos
di Ermippo molto probabilmente Diagora di Melo non era ancora conosciuto
ad Atene.
In Suid. τ 343 Τερθρεύς è indicato come un nome proprio, anche se sembra
riecheggiare in maniera chiara il sostantivo τερθρεία “pedanteria” (Isoc. 10.4) e
τερθρεύομαι “sono pedante” (Arist. Top. 156b 38; cfr. τερθρευόμενος in Pherecr.
fr. 20 K-A) e quindi si potrebbe trattare di un nomignolo scherzoso. Resta in
ogni caso complesso da stabilire se il genitivo τού Τερθρέως sia da interpretare
formalmente come un patronimico (Ar. V. 74 Αμυνίας μεν ó Προνάπους, Ra.
1512 μετ’ Αδειμάντου τού Λευκολόφου) ο come un demotico (Ar. Αν. 1126
Προξενίδης ό Κομπασεύς, Whitehead 1986, 331-331): anche un astrakan del
Ceramico, databile intorno al 471 a. C. (Willemsen-Brenne 1991,155; Siewert-
Brenne 2002, 69), riporta il nome Τερθρεύς, che è stato interpretato come un
patronimico (Masson 1992, 117; Siewert-Brenne 2002, 164) o come un demo-
tico scherzoso (Schròder 1993, 41-43) su confronto col frammento di Ermippo.
I μείζων “più grande”. L’aggettivo μέγας è riferibile tanto alla stazza
fisica (cfr. Hermipp. fr. 7 K-A) quanto alla grandezza morale o alla potenza:
prendere una decisione in assenza di contesto è impossibile e non è detto
che il testo abbia necessariamente un senso univoco, cfr. il caso di μεγάλους
πιθήκους in Phryn.Com. fr. 21.1 K-A con Starna 2014, ad l.
ή νυν δή “di poco fa” in opposizione al presente di μείζων γάρ... ’στι. Per
delle costruzioni analoghe dal punto di vista sintattico cfr. Ar. P. 1259 άμεινον q
νυν αϋτ’ άποδώσεται πολύ, Th. 459-460 ετερον αύ τι λήμα τούτο | κομψότερον
ετ’ ή το πρότερον άναπέφηνεν.
II significato di νύν δή (Phot, ν 294; Denniston 1954, 206-207), un cluster
attestato in commedia, tragedia e nella prosa platonica, dipende dal valore
temporale dell’enunciato: di solito con un verbo al presente indica “proprio
ora” (Ar. Eq. 756, V. 526, Ec. 571; PI. Ly. 217e), mentre con un verbo al passato
significa “poco fa” (Magn. fr. 6 K-A; Ar. P. 5, Av. 923, Ra. 410). Anche se la dif-
ferenza tra le due accezioni è piuttosto sottile e anche se i casi di impiego di νύν
δή con un verbo al passato possono ovviamente essere tradotti come “proprio
ora”, nel caso di Ermippo tale distinzione semantica è utile alla comprensione
del testo. L’ordine delle parole di E. Hipp. 233 νύν δή μεν e Ar. Lys. 327 νύν
δή γάρ mostra la tendenza di δή ad anticipare particelle come μεν e γάρ, alle
quali è normalmente posposto in cluster (Scheppers 2011, 94). Il fenomeno può
essere interpretato come univerbazione di νύν e δή (da cui la grafia νυνδή,
proposta per questo frammento da Herwerden 1855, 19-20), oppure come
spostamento del δή con valore enfatico rispetto al νύν che lo precede.
καί... δε Una sequenza di particelle utilizzata per introdurre un nuovo
elemento nel ragionamento dopo una pausa (Denniston 1954, 201-202): cfr.
anche supra, Testo v. 1.