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Introduzione

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Della commedia intitolata Εξ Άιδου ανιών non è conservato alcun fram-
mento, ma, in base al titolo, è forse possibile riconoscere un riferimento al
motivo dell’anastasis dall’oltretomba, non estraneo alle vicende di numerosi
personaggi del mito (quali Eracle, Orfeo, Teseo, Odisseo, che scendono e risal-
gono vivi dall’oltretomba; ovvero come Protesilao e Alcesti, che, dopo essere
morti, ritornano alla vita)6.
Della Pandora sono tramandati frammenti di tale scarsa consistenza (frr.
13-19 K.-A.), da non permettere alcuna ipotesi di ricostruzione della trama;
stando al titolo, è però plausibile ritenere che la commedia fosse incentrata
sulle vicende mitiche di Pandora, la cui fama era legata al noto vaso la cui
apertura fu foriera di ogni genere di male per gli esseri umani.
In base al titolo delle Sirene sembra lecito supporre che Nicofonte avesse
parodiato il celebre episodio omerico relativo alle avventure di Odisseo con
le Sirene (cf. Od. 12.39-54, 153-200): nel fr. 21 K.-A. il commediografo avrebbe
proposto una singolare rappresentazione dello Schlaraffenland, in cui fiocchi
di farina d’orzo, piogge di pane e di minestra, fiumi di brodo e di carne avreb-
bero costituito, in luogo del canto delle Sirene di omerica memoria, le nuove
allettanti insidie delle suadenti creature che davano il titolo al dramma; e nel
fr. 22 K.-A. il poeta, per esprimere l’idea di una straordinaria opulenza, avrebbe
immaginato una gara tra cibi per il primato dell’appetibilità. Non pertinente
alla tematica mitologica, e tuttavia notevole, è infine il fr. 20 K.-A., in cui si
allude a una indigestione da σύκα (v. 1), con successiva “febbre” (v. 2: πυρετός)
che incombe nelle ore di sonno (v. 2: καθεύδηι): il frammento, oltre che essere
interpretabile in senso letterale, può forse nascondere un riferimento a un
vero e proprio “incubo” dei cittadini ateniesi; con σϋκον era infatti connessa
l’etimologia di συκοφάντης, voce usata per definire il delatore che, triste-
mente noto nell’Atene del V sec. a. C., ispirò, in Aristofane, vivaci immagini
metaforiche: nelle Vespe (vv. 1037-1042) il Coro identifica i sicofanti con le
“febbri” (πυρετοί: v. 1038) che sconvolgono di notte (νύκτωρ: v. 1039) i sonni
degli Ateniesi; e negli Acarnesi (vv. 703-718) l’angoscia dei vecchi perseguitati
dalle accuse giudiziarie di arroganti procuratori, assimilati, ad es., al sicofante
Evatlo, si esprime nell’impossibilità di “prender sonno” (τούς γέροντας ούκ

6 Non si può però escludere che la commedia nicofontea subisse l’influsso delle
correnti filosofiche (soprattutto pitagorica e platonica), convinte assertrici
della reincarnazione e dell’immortalità dell’anima, ovvero che proponesse la
rappresentazione di un favoloso mondo alla rovescia ambientato nell’Aldilà; né è
improbabile che nella commedia vi fosse un’allusione a false morti e risurrezioni
comiche, un tema che avrebbe poi goduto di particolare fortuna nel mimo (cf, infra,
p. 55).
 
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