42
Phrynichos
adusi a inserire nelle proprie commedie personaggi costretti a trasportare
pesanti bagagli e che finivano col lamentarsi del loro ingrato compito, ricor-
rendo a gags convenzionali e grossolane, finalizzate a suscitare il facile riso
del pubblico presente a teatro.
Da questa comicità banale - e, per certi versi, volgare - Aristofane, attra-
verso le parole del suo personaggio, intende prendere programmaticamente
le distanze:42 il primo bersaglio degli attacchi del poeta è Frinico, il cui nome
ricorre in explicit del v. 13, precedendo i vari Lykis e Amipsia, menzionati nel
trimetro successivo. Non a caso, visto che Frinico partecipava con le Mousai
come diretto avversario di Aristofane agli stessi agoni in cui furono portate
in scena le Rane. Agli occhi di Santia/Aristofane è dunque Frinico il primo dei
poeti φορτικοί, dal momento che, “in ogni occasione, nelle (sue) commedie”
(παρ’ έκαστα έν ταϊς κωμωδίαις), era solito ricorrere a battute grossolane,
come sostiene l’antico scoliaste al v. 13a (= T 9b), richiamandosi all’ auctoritas
di Didimo (p. 248). Contro Γ interpretamentum di T 9b si pone tuttavia lo scolio
vetus al v. 13b (= T 9c), che attesta come, nella produzione superstite (έν τοΐς
σωζομένοις) di Frinico, non vi siano tracce di scene di skeuophoria, né tanto
meno di esempi di comicità banale, adombrando quindi la possibilità che simili
gags fossero presenti in ciò che è andato perduto (έν τοΐς άπολωλόσιν) del
commediografo.43
T 9b. φορτικευομένου Generalmente classificata come φορτική, “gros-
solana” (cfr. V. 66), è, in Aristofane, la produzione degli altri poeti comici, che
diviene oggetto di un’attenta riflessione letteraria, in particolare, nelle parabasi
(cfr. Nu. 516-562; V. 1023-1028; Pax 729-749) e in altri passi di carattere pro-
grammatico, come, per es., V. 54-60 e, appunto, Ra. 1-22.
42 Com’è stato rilevato dagli studiosi (cfr. Sommerstein 1996a, p. 157 [ad Ra. 1-20]),
nella scena iniziale delle Rane, Aristofane non fa altro che servirsi di quella stessa
comicità grossolana di cui accusa i suoi rivali: la prima metà della commedia è di
fatto un alternarsi di scene di skeuophoria (fra Santia e Dioniso), in cui, peraltro, è
frequente l’uso di battute convenzionali (cfr. vv. 1-2) e di un linguaggio scatologico
(cfr. vv. 3: πιέζομαι, 5: θλίβομαι, 8: χεζητιας); cfr. Nu. 537-544, per un’analoga presa
di posizione del poeta contro una serie di motivi burleschi nient’affatto originali e
finalizzati a suscitare il facile riso degli spettatori, molti dei quali vengono tuttavia
impiegati da Aristofane più avanti nella stessa commedia.
43 È opinione comune che lo scolio vetus ad Ai. Ra. 13b (= T 9c) non derivi le sue infor-
mazioni da Didimo, ma da alcuni eruditi che esprimevano considerazioni intorno
al suo commento al citato passo aristofaneo (cfr. Schmidt 1854, p 248; Kaibel 1889,
p. 35; Steinhausen 1910, pp. 22-23).
Phrynichos
adusi a inserire nelle proprie commedie personaggi costretti a trasportare
pesanti bagagli e che finivano col lamentarsi del loro ingrato compito, ricor-
rendo a gags convenzionali e grossolane, finalizzate a suscitare il facile riso
del pubblico presente a teatro.
Da questa comicità banale - e, per certi versi, volgare - Aristofane, attra-
verso le parole del suo personaggio, intende prendere programmaticamente
le distanze:42 il primo bersaglio degli attacchi del poeta è Frinico, il cui nome
ricorre in explicit del v. 13, precedendo i vari Lykis e Amipsia, menzionati nel
trimetro successivo. Non a caso, visto che Frinico partecipava con le Mousai
come diretto avversario di Aristofane agli stessi agoni in cui furono portate
in scena le Rane. Agli occhi di Santia/Aristofane è dunque Frinico il primo dei
poeti φορτικοί, dal momento che, “in ogni occasione, nelle (sue) commedie”
(παρ’ έκαστα έν ταϊς κωμωδίαις), era solito ricorrere a battute grossolane,
come sostiene l’antico scoliaste al v. 13a (= T 9b), richiamandosi all’ auctoritas
di Didimo (p. 248). Contro Γ interpretamentum di T 9b si pone tuttavia lo scolio
vetus al v. 13b (= T 9c), che attesta come, nella produzione superstite (έν τοΐς
σωζομένοις) di Frinico, non vi siano tracce di scene di skeuophoria, né tanto
meno di esempi di comicità banale, adombrando quindi la possibilità che simili
gags fossero presenti in ciò che è andato perduto (έν τοΐς άπολωλόσιν) del
commediografo.43
T 9b. φορτικευομένου Generalmente classificata come φορτική, “gros-
solana” (cfr. V. 66), è, in Aristofane, la produzione degli altri poeti comici, che
diviene oggetto di un’attenta riflessione letteraria, in particolare, nelle parabasi
(cfr. Nu. 516-562; V. 1023-1028; Pax 729-749) e in altri passi di carattere pro-
grammatico, come, per es., V. 54-60 e, appunto, Ra. 1-22.
42 Com’è stato rilevato dagli studiosi (cfr. Sommerstein 1996a, p. 157 [ad Ra. 1-20]),
nella scena iniziale delle Rane, Aristofane non fa altro che servirsi di quella stessa
comicità grossolana di cui accusa i suoi rivali: la prima metà della commedia è di
fatto un alternarsi di scene di skeuophoria (fra Santia e Dioniso), in cui, peraltro, è
frequente l’uso di battute convenzionali (cfr. vv. 1-2) e di un linguaggio scatologico
(cfr. vv. 3: πιέζομαι, 5: θλίβομαι, 8: χεζητιας); cfr. Nu. 537-544, per un’analoga presa
di posizione del poeta contro una serie di motivi burleschi nient’affatto originali e
finalizzati a suscitare il facile riso degli spettatori, molti dei quali vengono tuttavia
impiegati da Aristofane più avanti nella stessa commedia.
43 È opinione comune che lo scolio vetus ad Ai. Ra. 13b (= T 9c) non derivi le sue infor-
mazioni da Didimo, ma da alcuni eruditi che esprimevano considerazioni intorno
al suo commento al citato passo aristofaneo (cfr. Schmidt 1854, p 248; Kaibel 1889,
p. 35; Steinhausen 1910, pp. 22-23).