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Phrynichos
Cercando di mantenersi il più vicino possibile al testo di V, Bothe (PCGF,
p. 209) proponeva di editare i versi come segue: όνομα δέ τούτω, ήν τε σωθέν
γ’, ήν τε μή, / έστω ’φιάλτης, ανδραγαθίας οϋνεκα / ότι κάπί γ’ άλλοις χρηστά
λέγων άπωλόμην: per lo studioso, il frammento (che così veniva tradotto:
«Nomen autem hujus, sive id memoria retinui, sive non, / esto Ephialtes,
quandoquidem probitatis (mese) causa / et aliis in rebus recta (vera) dicens
perii») sarebbe stato pronunciato, nel corso del prologo, «a servulo», il qua-
le, «veritus ne forte memoria falsus fuerit (quod pertinere dicas ad alteram
nominis formam Έπιάλτης)», rivelava all’uditorio l’identità del personaggio
eponimo del dramma che di lì a breve avrebbe fatto il suo ingresso sulla scena.
Interventi più consistenti sulla paradosis prospettava Emperius (p. 309),
al quale faceva difficoltà lo scarto sintattico tra i vv. 1-2, in cui compaiono
soltanto forme verbali alla 3a persona singolare, e il v. 3, che si chiude con
un verbo di la persona singolare: di qui la scelta dello studioso di emendare
il testo, per far sì che a parlare fosse un personaggio (l’Ephialtès che dava il
titolo al dramma) in propria persona: όνομα δέ μοι τοΰτ’, ήν τε σωθώ γ’, ήν τε
μή, / έστω ’φιάλτης άνδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή ’πιήλας (ovvero έπεί ’πιήλας)
έργα χρήστ’ (oppure χρηστά λέγειν) άπωλόμην. Muovendo da analoghe mo-
tivazioni, Kock (CAF1, p. 370) sistemava così la citazione: όνομα δ’ έμοί ταϋτ’,
ήν κάτω τ’ ώ καν άνω, / έστίν Εφιάλτης άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότιή ’πιήλας
'Ηρακλεΐ διωλόμην.62 Un esercizio di vera e propria riscrittura, che, per quanto
accolto (con correzioni minime) da Blaydes (Adv. II, p. 5163), fu aspramente
criticato da van Herwerden (1903, pp. 32-33).
Altre proposte di emendazione offrono Kaibel (1889, p. 39): όνομα δέ τούτω
γ’, ήν τε θεόθεν ήν τε μή, / έστω Εφιάλτης άνδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή (ovvero
έπεί) έπιήλας χρηστόν άνδρ’ άπολώλεκεν,64 Breitenbach (1908, ρ. 66 η. 170),
62 Così Kock giustificava la sua ipotesi di lettura: «mihi Ephialtae nomine simul etiam
civis aliquis Atheniensis significari videtur, qui, ut Ephialtes ipse cum Hercule [il
riferimento è al fr. 68 del mimografo siciliano Sofrone: Ηρακλής Ήπιάλητα πνι-
γών; sul nome Ήπιάλης vd., supra, ad nn. 51. 54; sull’esegesi del passo sofroniano
vd. ora le notazioni di Hordern 2004, pp. 178-179], cum principe civitatis, e. c.
Cleone, certans victus sit».
63 Όνομα δ’ έμόν (oppure δέ μοι) ταϋτ’, ήν κάτω τ’ ώ καν άνω, / έστιν Εφιάλτης
άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότιή ’πιήλας Ήρακλεΐ διωλόμην. In Adv. I, ρ. 43, lo stu-
dioso aveva avanzato altre ipotesi di lettura del frammento: όνομα δέ μοι τοΰτ’,
ήν τε σωθώ γ’ ήν τε μή, / έστω (ovvero έσται) ’φιάλτης άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότι
έφιήλας (ovvero ότιή ’φιάλας) χρηστά λέγειν (ovvero δράν) άπωλόμην.
64 Da Kassel/ Austin (PCG VII, p. 395) veniamo informati che, in una nota mano-
scritta inedita, G. Kaibel leggeva così i versi: όνομα δ’ έγώ τοΰτ’, ήν τε θεόθεν ήν
Phrynichos
Cercando di mantenersi il più vicino possibile al testo di V, Bothe (PCGF,
p. 209) proponeva di editare i versi come segue: όνομα δέ τούτω, ήν τε σωθέν
γ’, ήν τε μή, / έστω ’φιάλτης, ανδραγαθίας οϋνεκα / ότι κάπί γ’ άλλοις χρηστά
λέγων άπωλόμην: per lo studioso, il frammento (che così veniva tradotto:
«Nomen autem hujus, sive id memoria retinui, sive non, / esto Ephialtes,
quandoquidem probitatis (mese) causa / et aliis in rebus recta (vera) dicens
perii») sarebbe stato pronunciato, nel corso del prologo, «a servulo», il qua-
le, «veritus ne forte memoria falsus fuerit (quod pertinere dicas ad alteram
nominis formam Έπιάλτης)», rivelava all’uditorio l’identità del personaggio
eponimo del dramma che di lì a breve avrebbe fatto il suo ingresso sulla scena.
Interventi più consistenti sulla paradosis prospettava Emperius (p. 309),
al quale faceva difficoltà lo scarto sintattico tra i vv. 1-2, in cui compaiono
soltanto forme verbali alla 3a persona singolare, e il v. 3, che si chiude con
un verbo di la persona singolare: di qui la scelta dello studioso di emendare
il testo, per far sì che a parlare fosse un personaggio (l’Ephialtès che dava il
titolo al dramma) in propria persona: όνομα δέ μοι τοΰτ’, ήν τε σωθώ γ’, ήν τε
μή, / έστω ’φιάλτης άνδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή ’πιήλας (ovvero έπεί ’πιήλας)
έργα χρήστ’ (oppure χρηστά λέγειν) άπωλόμην. Muovendo da analoghe mo-
tivazioni, Kock (CAF1, p. 370) sistemava così la citazione: όνομα δ’ έμοί ταϋτ’,
ήν κάτω τ’ ώ καν άνω, / έστίν Εφιάλτης άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότιή ’πιήλας
'Ηρακλεΐ διωλόμην.62 Un esercizio di vera e propria riscrittura, che, per quanto
accolto (con correzioni minime) da Blaydes (Adv. II, p. 5163), fu aspramente
criticato da van Herwerden (1903, pp. 32-33).
Altre proposte di emendazione offrono Kaibel (1889, p. 39): όνομα δέ τούτω
γ’, ήν τε θεόθεν ήν τε μή, / έστω Εφιάλτης άνδραγαθίας οϋνεκα, / ότιή (ovvero
έπεί) έπιήλας χρηστόν άνδρ’ άπολώλεκεν,64 Breitenbach (1908, ρ. 66 η. 170),
62 Così Kock giustificava la sua ipotesi di lettura: «mihi Ephialtae nomine simul etiam
civis aliquis Atheniensis significari videtur, qui, ut Ephialtes ipse cum Hercule [il
riferimento è al fr. 68 del mimografo siciliano Sofrone: Ηρακλής Ήπιάλητα πνι-
γών; sul nome Ήπιάλης vd., supra, ad nn. 51. 54; sull’esegesi del passo sofroniano
vd. ora le notazioni di Hordern 2004, pp. 178-179], cum principe civitatis, e. c.
Cleone, certans victus sit».
63 Όνομα δ’ έμόν (oppure δέ μοι) ταϋτ’, ήν κάτω τ’ ώ καν άνω, / έστιν Εφιάλτης
άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότιή ’πιήλας Ήρακλεΐ διωλόμην. In Adv. I, ρ. 43, lo stu-
dioso aveva avanzato altre ipotesi di lettura del frammento: όνομα δέ μοι τοΰτ’,
ήν τε σωθώ γ’ ήν τε μή, / έστω (ovvero έσται) ’φιάλτης άνδραγαθίας ε'ίνεκα, / ότι
έφιήλας (ovvero ότιή ’φιάλας) χρηστά λέγειν (ovvero δράν) άπωλόμην.
64 Da Kassel/ Austin (PCG VII, p. 395) veniamo informati che, in una nota mano-
scritta inedita, G. Kaibel leggeva così i versi: όνομα δ’ έγώ τοΰτ’, ήν τε θεόθεν ήν