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Έπιάλτης sive Εφιάλτης (fr. 4)

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merito cfr. Eup. fr. 269.3; un’ampia e dettagliata descrizione άεΙΓόρτυγοκοπία
offre Poli. Di. 102, 107-109; cfr. anche Phot, o 532, 534; Suid. o 642; sull’argo-
mento vd. ora Livrea 1994, pp. 365-369; Campagner 2005, p. 82); una passione
che, di fatto, costò a Midia la qualifica di όρτυγοκόπος, “percuoti-quaglie”, da
parte di Platone comico (fr. 116, dal Perialgès; vd. inoltre Athen. XI. p. 506d)
e il soprannome Όρτυξ, “Quaglia”, da parte di Aristofane (Av. 1297-1299); lo
stesso Frinico, nelle Poastriai (fr. 43), ribadisce le manie ‘ornitofìle’ del per-
sonaggio.
κόβαλος Di etimologia incerta (in merito vd. le notazioni di Frisk GEWl,
s.v., p. 889; Chantraine DELG, s.v., p. 550; Beekes EDG, s.v., pp. 727-728; cfr.
inoltre Willi 2003b, p. 233; Kanavou 2011, p. 64 con n. 285), l’aggettivo κόβαλος
(che, in origine, doveva forse qualificare il “facchino” e, per estensione e con
valore peggiorativo, la “persona volgare”: in merito vd. Grégoire 1938, p. 287;
Chantraine 1962, pp. 391-392; Beta 2004, p. 254) designa, soprattutto in com-
media, la figura del “briccone”, di colui al quale viene riconosciuta un’astuzia
truffaldina, spesso accompagnata da una buona dose di spiritosa millanteria:
nelle testimonianze letterarie e in quelle scoliastiche e lessicografiche, il vo-
cabolo e i suoi derivati (cfr., e.g., κοβαλίκεομα [Ar. Eq. 322]; έκκοβαλικεύομαι
[Ar. Eq. 270]) vengono semanticamente associati ai concetti di αλαζονεία,
di βωμολοχία e di πανουργία: cfr. Pherecr. fr. 173; Ar. Eq. 270, 331-332, 417,
634-635, Ra. 104, 1014-1015, PI. 279 (con i relativi scoli); e vd. Hsch. κ 3177;
Phot, κ 850, κ 851 (con Theodoridis, ad loca). Il termine è spiegato anche come
sinonimo di κόλαξ (cfr. AGI, p. 272.21-23; vd. Ribbeck 1884, p. 96) e di λάλος
(cfr. Ps.-Hdn. Epim. p. 70.2 Boissonade; schol. [MA] Eur. Hec. 131 Schwartz).
πτωχαλαζών In letteratura l’aggettivo è attestato in Frinico e in un
passo di Ateneo (VI. p. 230c), per lungo tempo scambiato come frammento
comico (= Alex. fr. 303b, nell’edizione di Kock; in merito vd. le notazioni di
Kassel/Austin [PCG II, pp. 24-25] e di Arnott [1996, pp. 61-62]70). Vanta
inoltre due occorrenze negli scoli ad Ar. V. 325b-c, dove ricorre a qualificare
Prossenide e il “figlio di Sello” (sulla figura di Prossenide, presentato come ó
Κομπασεύς, “del demo di... Vanto” [trad. di G. Mastromarco], in Ar. Av. 1126,
vd. Dunbar 1995, p. 595; sulla figura del “figlio di Sello” vd., infra, ad fr. 10).
Si tratta di un composto formato sulla base degli aggettivi πτωχός (“mendi-
cante”, “pitocco”; cfr. LSJ, s.v. [I], p. 1550: «beggar») e άλαζών (“ciarlatano”,
“fanfarone”; cfr. LSJ, s.v. [II], p. 60: «charlatan», «quack»). In Esichio (σ 98) si

70 Sulla possibilità che Ateneo (VI. 230c) avesse desunto l’aggettivo πτωχαλαζών «a
Phrynicho» si era espresso Meineke (FCG Π.1, p. 582).
 
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