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Κωμασταί (fr. 16)

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El. 180-181, Ph. 154, 157; X. Cyr. Vili. 3. 24; personaggi del mito: cfr., e.g., Eur.
HF4 [Anfitrione]; dèi ed eroi: cfr., e.g., Th. II. 74. 2; vd. inoltre Trag.Adesp. fr.
164 [δς τόνδ’ εχεις τον σηκόν, ϊλεως γενού]); il costrutto può riferirsi anche a
semplici uomini ovvero a popoli (cfr., e.g., Od. VI. 177,183,195). Nel frammento
il sintagma va sintatticamente riferito al pronome personale ήμΐν (v. 1) che
deve ritenersi verosimilmente allusivo a una pluralità di figure ‘umane’ (che
si tratti forse del coro di κωμασταί?).
τήνδ(ε) ... τήν πόλιν La città in questione andrà forse identificata con
Atene, come spesso accade nell’Aristofane conservato per intero, quando non
vi siano ulteriori specificazioni al riguardo: cfr. Ar. Ach. 27, 492, 498-499, 503,
515, 516, 545, 577 (siamo in un contesto paratragico), 631 (τήν πόλιν ήμών: a
parlare è il corifeo per conto del poeta), 663, 676, 697, Eq. 130, 149, 273, 274,
307-309, 351, 458, 477, 568 (τήνδ’ [...] πόλιν), 576, 763, 796, 814, 839, 863, 867,
874, 982, 1175 (τήνδε τήν πόλιν), 1226, 1302, 1313, 1317 (ή πόλις ήδε), 1334,
Nu. 577, 588 (τήδε τή πόλει), 594, 926b, V. 418, 467, 651, 671, 1077 (τήνδε τήν
πόλιν), 1079, Ραχ 272, 608, 642, 666, 688, 704, 1036, Αν. 36, Eh. 353, 367, 832,
839, 1140 (per il testo vd. il lemma precedente), Ra. 686, 692, 704, 717, 732,
1049, 1083, 1419, 1420, 1429, 1431a/1431b, 1436, 1454b, 1458, 1501, 1530, Ec.53,
104, 107, 108, 175, 194, 210, 229, 253, 305, 397, 414, 430, 455£, 456, 471&, 555,
557, 558, 578 (ή πόλις ήμών: il passo fa parte di un pezzo corale), 824, 854, 861,
1007, PI. 378, 407, 911, 916.
ϊλεως Forma del nominativo singolare della declinazione attica dell’ag-
gettivo di I classe a due uscite ϊλαος. L’esiguità del citatum non consente di
determinarne il genere. Fin dagli albori della letteratura greca, l’aggettivo,
nel significato di “propizio”, “benevolo” (cfr. LSJ, s.v. ϊλαος [1.1], p. 827: «pro-
pitious», «gracious»), registra un largo impiego - soprattutto in contesti di
preghiera (cfr. Ausfeld 1903, p. 538) - come epiteto riferito principalmente agli
dèi (cfr., e.g., II. 1.583; Thgn. 781-782 W2. [άλλα σύ, Φοίβε, / ϊλαος ήμετέρην
τήνδε φύλασσε πόλιν]; Archil. fr. 108 W2.; Aesch. Eum. 1040; Soph. El. 655,
1376, OC 44, 1480; Eur. IT271, Hel. 1007; vd. inoltre Trag.Adesp. fr. 164; Plato
Lg. 712b) ovvero ad eroi e/o personaggi divinizzati (in Pi. O. 3.34, l’epiteto
qualifica l’auriga Théron, cui vengono tributati onori quasi divini; cfr. inoltre
P. 12.3-4, in cui l’aggettivo ϊλαος è riferito alla personificazione della città di
Agrigento). Può tuttavia essere detto anche a proposito di semplici uomini
(cfr., e.g., IL IX.639, XIX.178; Soph. Aj. 1009 [cfr. Tr. 763]; vd. inoltre Plato R.
496e). Nel presente contesto l’aggettivo (impiegato con funzione predicativa)
si riferisce forse a una qualche divinità: che si tratti di una divinità di sotterra
(cfr. l’uso dell’avverbio δεύρο al v. 1)? Sulla base del semplice raffronto con il
sintagma κωμαστής Διόνυσος di Ar. Nu. 606, Mekler (1907, p. 383) ha suggerito
di identificare il referente di tale preghiera con Dioniso, ipotizzando (anche
 
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