Κωμασταί (fr. 18)
131
Κολακοφοροκλείδης Dal punto di vista prettamente morfologico, il
composto risulta formato da una sequenza di elementi nominali, contenenti le
principali accuse rivolte al kòmòdoumenos, e dal morfema suffissale -κλείδης,
in cui gli antichi esegeti riconoscevano la parte finale del nome proprio del
personaggio oggetto di satira: vd., supra, ad Interpretazione. Seguendo la pa-
radosis del codice Marciano, nella parte iniziale dello Spitzname è facilmente
isolabile la radice del sostantivo κόλαξ (“adulatore”, “lecchino”): la prima
accusa sarebbe pertanto quella di κολακεία. Più complessa è invece l’indi-
viduazione del significato del lessema -φορο-, in cui, se coglie nel segno la
proposta ricostruttiva avanzata da Chronopoulos (2006, pp. 142-143), può
forse essere riconosciuto un gioco onomastico tra la parte iniziale del nome
del presunto kòmòdoumenos, Φερεκλείδης, e il sostantivo φόρος (“tributo”)
ovvero il verbo φέρεσθαι («thè normal verb for thè annual payment of tribu-
te»: MacDowell 1971, p. 273 [adV. 1099-1100]): in tal modo, l’accusa sarebbe
quella di appropriazione indebita di denaro pubblico). Una differente esegesi
per questo secondo elemento nominale prospettava invece Meineke (FCGILI,
p. 394), che, con il consenso di molti e autorevoli studiosi (cfr., e.g., Eiselein
1868, s.v, p. 25; Kock CAFI, pp. 234, 374; Ribbeck 1884, p. 10; Starkie 1897,
pp. 185 [ad V. 342], 211 [ad V. 459]; Steinhausen 1910, p. 39; Edmonds FAC
I, pp. 296, 456; Latte 1966, p. 500) e dei lessici moderni (cfr. ThGL3 IV, s.v.
Κολακοφοροκλείδης, p. 1742b; LSJ, s.v., p. 971; Gl3, s.v, p. 13 24133), suggeriva
di emendare il composto in Κολακοφωροκλείδης, di modo che il nomenfictum
contenesse, inter alia, un’accusa all’indole ladresca (-φωρ- da φώρ, “ladro”)
del personaggio messo in ridicolo.
Κορακοφοροκλείδη<ς) Accogliendo come vera lectio il lemma di Hsch.
κ 3579, il composto avrebbe come primo elemento nominale la radice del
sostantivo κόραξ (“corvo”, Corvus corax L.): nell’immaginario popolare gre-
co tale volatile era simbolo dell’impudenza e del furto (cfr. Thompson 1937,
pp. 159-164 [in particolare, vd. pp. 159-160]; Arnott 2007, pp. 109-112) e, come
si è detto in precedenza, l’idea della sottrazione doveva essere presente nella
battuta sul personaggio.
133 In LSJ e in GF, il composto viene fatto derivare dalle radici dei sostantivi κόλαξ,
φώρ (vd. infra), κλέος + -ίδης (inteso come suffisso con valore di patronimico),
e quindi tradotto con le locuzioni «flattering son of a thiefi> (LSJ), «figlio di un
famoso adulatore e ladro» (Gl3). Sulla possibilità che il nomen fictum presentasse
nella parte finale una «Patronymiconendung» vd. già Eiselein 1868, s. v., p. 25. Sulla
desinenza -ίδης cfr. Schwyzer I, P- 509.
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Κολακοφοροκλείδης Dal punto di vista prettamente morfologico, il
composto risulta formato da una sequenza di elementi nominali, contenenti le
principali accuse rivolte al kòmòdoumenos, e dal morfema suffissale -κλείδης,
in cui gli antichi esegeti riconoscevano la parte finale del nome proprio del
personaggio oggetto di satira: vd., supra, ad Interpretazione. Seguendo la pa-
radosis del codice Marciano, nella parte iniziale dello Spitzname è facilmente
isolabile la radice del sostantivo κόλαξ (“adulatore”, “lecchino”): la prima
accusa sarebbe pertanto quella di κολακεία. Più complessa è invece l’indi-
viduazione del significato del lessema -φορο-, in cui, se coglie nel segno la
proposta ricostruttiva avanzata da Chronopoulos (2006, pp. 142-143), può
forse essere riconosciuto un gioco onomastico tra la parte iniziale del nome
del presunto kòmòdoumenos, Φερεκλείδης, e il sostantivo φόρος (“tributo”)
ovvero il verbo φέρεσθαι («thè normal verb for thè annual payment of tribu-
te»: MacDowell 1971, p. 273 [adV. 1099-1100]): in tal modo, l’accusa sarebbe
quella di appropriazione indebita di denaro pubblico). Una differente esegesi
per questo secondo elemento nominale prospettava invece Meineke (FCGILI,
p. 394), che, con il consenso di molti e autorevoli studiosi (cfr., e.g., Eiselein
1868, s.v, p. 25; Kock CAFI, pp. 234, 374; Ribbeck 1884, p. 10; Starkie 1897,
pp. 185 [ad V. 342], 211 [ad V. 459]; Steinhausen 1910, p. 39; Edmonds FAC
I, pp. 296, 456; Latte 1966, p. 500) e dei lessici moderni (cfr. ThGL3 IV, s.v.
Κολακοφοροκλείδης, p. 1742b; LSJ, s.v., p. 971; Gl3, s.v, p. 13 24133), suggeriva
di emendare il composto in Κολακοφωροκλείδης, di modo che il nomenfictum
contenesse, inter alia, un’accusa all’indole ladresca (-φωρ- da φώρ, “ladro”)
del personaggio messo in ridicolo.
Κορακοφοροκλείδη<ς) Accogliendo come vera lectio il lemma di Hsch.
κ 3579, il composto avrebbe come primo elemento nominale la radice del
sostantivo κόραξ (“corvo”, Corvus corax L.): nell’immaginario popolare gre-
co tale volatile era simbolo dell’impudenza e del furto (cfr. Thompson 1937,
pp. 159-164 [in particolare, vd. pp. 159-160]; Arnott 2007, pp. 109-112) e, come
si è detto in precedenza, l’idea della sottrazione doveva essere presente nella
battuta sul personaggio.
133 In LSJ e in GF, il composto viene fatto derivare dalle radici dei sostantivi κόλαξ,
φώρ (vd. infra), κλέος + -ίδης (inteso come suffisso con valore di patronimico),
e quindi tradotto con le locuzioni «flattering son of a thiefi> (LSJ), «figlio di un
famoso adulatore e ladro» (Gl3). Sulla possibilità che il nomen fictum presentasse
nella parte finale una «Patronymiconendung» vd. già Eiselein 1868, s. v., p. 25. Sulla
desinenza -ίδης cfr. Schwyzer I, P- 509.