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Phrynichos
Neante di Cizico (il cui bios, secondo buona parte della critica, fu poi alla base
del materiale aneddotico sul misantropo che ispirò i racconti di Plutarco e di
Luciano). Sulla vexatissima quaestio della storicità di Timone e sulla cosiddetta
Timonlegende cfr. ora Tornassi 2011, pp. 17-65 (e vd., in particolare, p. 17 n. 38,
per un’utile e selezionata bibliografìa sull’argomento).
3 άγαμον Termine di memoria omerica (cfr. II. III.40), l’aggettivo (si
tratta di un derivato di γάμος, “matrimonio”) è piuttosto comune nei testi in
prosa. In commedia è attestato solo in questo passo; mentre vanta diverse
occorrenze nel teatro tragico, dove può riferirsi sia a personaggi maschili
(cfr., e.g., Eur. Ale. 882, 887-888: i versi fanno parte del soliloquio di Admeto
[vv. 878-888], che, a tal punto afflitto per la perdita della moglie, arriva a
dichiarare la sua ammirazione per gli άγαμοι e per gli άτεκνοι, i quali, vivendo
unicamente per se stessi, non possono “assistere alle malattie dei propri figli
e vedere le proprie mogli strappate via dalla morte dai letti matrimoniali” [vv.
885-888] e, dunque, sono immuni dal patire insopportabili sofferenze) sia a
figure femminili (cfr., e.g., Soph. OT 1502, Ant. 867; Eur. Supp. 786, Hel. 689,
690, IT220, Or. 2O6150); nell’Euripide conservato άγαμος forma con l’aggettivo
άτεκνος una iunctura piuttosto frequente (cfr. Eur. Ale. 882, 887-888, Hel.
689, IT 220, Or. 206); cfr. inoltre Plato Phdr. 240a: άγαμον, άπαιδα. In merito
all’aggettivo άγαμος, giova infine ricordare come la lessicografia di tradizione
atticista (cfr. Phryn. PS, fr. *54 = ΣΒ a 257 [= AGI, p. 336.7; An.Bachm. I, p. 21.9]
~ Phot, a 117]; vd. Poli. III. 47, Hsch. a 300: su queste testimonianze cfr. Latte
1941, p. 85 [= 1968, p. 670]) sia concorde nel segnalare la purezza del vocabolo
di contro aH’utilizzo di άγάμετος, epiteto il cui impiego è documentato in
Sofocle (fr. 970), e della variante ‘prosodica’ άγάμητος, adoperata, secondo
Polluce (III. 47), dai commediografi della nea (= Com.Adesp. fr. 770).
Ιάζυγον]· Così il consensus dei codici della Synagdgè e di Fozio. Sulle
proposte di emendazione relative a questo epiteto vd., supra, ad Testo.
όξύθυμον II termine, formato sulla base dell’aggettivo οξύς (“acuto”,
“aspro” e, in senso morale, “impetuoso”, “irritabile”) e del sostantivo θυμός
(“animo”), indica propriamente “colui che è portato facilmente all’ira” (προς
οργήν εύκολος: così viene chiosato il vocabolo dallo schol. [EEJLh] Ar. Eq.
706a Jones - Wilson). Attestato nella letteratura tragica superstite in Eschilo
(Eum. 705: si tratta della prima occorrenza nota del vocabolo) e in Euripide
(Med. 319, Or. 1198, Ba. 671; cfr. inoltre il deverbativo όξυθυμέω in Andr. 689
e il denominale όξυθυμία in Andr. 728), l’aggettivo ricorre in commedia, ol-
150 Per le donne è di norma usato άνανδρος per cui cfr. Aesch. Pers. 289, Supp. 287;
Soph. OT 1506, Tr. 308; Eur. Med. 435, Hipp. 547, Andr. 347, Hec. 669, Hel. 283; vd.
anche Eur. Cyc. 306.
Phrynichos
Neante di Cizico (il cui bios, secondo buona parte della critica, fu poi alla base
del materiale aneddotico sul misantropo che ispirò i racconti di Plutarco e di
Luciano). Sulla vexatissima quaestio della storicità di Timone e sulla cosiddetta
Timonlegende cfr. ora Tornassi 2011, pp. 17-65 (e vd., in particolare, p. 17 n. 38,
per un’utile e selezionata bibliografìa sull’argomento).
3 άγαμον Termine di memoria omerica (cfr. II. III.40), l’aggettivo (si
tratta di un derivato di γάμος, “matrimonio”) è piuttosto comune nei testi in
prosa. In commedia è attestato solo in questo passo; mentre vanta diverse
occorrenze nel teatro tragico, dove può riferirsi sia a personaggi maschili
(cfr., e.g., Eur. Ale. 882, 887-888: i versi fanno parte del soliloquio di Admeto
[vv. 878-888], che, a tal punto afflitto per la perdita della moglie, arriva a
dichiarare la sua ammirazione per gli άγαμοι e per gli άτεκνοι, i quali, vivendo
unicamente per se stessi, non possono “assistere alle malattie dei propri figli
e vedere le proprie mogli strappate via dalla morte dai letti matrimoniali” [vv.
885-888] e, dunque, sono immuni dal patire insopportabili sofferenze) sia a
figure femminili (cfr., e.g., Soph. OT 1502, Ant. 867; Eur. Supp. 786, Hel. 689,
690, IT220, Or. 2O6150); nell’Euripide conservato άγαμος forma con l’aggettivo
άτεκνος una iunctura piuttosto frequente (cfr. Eur. Ale. 882, 887-888, Hel.
689, IT 220, Or. 206); cfr. inoltre Plato Phdr. 240a: άγαμον, άπαιδα. In merito
all’aggettivo άγαμος, giova infine ricordare come la lessicografia di tradizione
atticista (cfr. Phryn. PS, fr. *54 = ΣΒ a 257 [= AGI, p. 336.7; An.Bachm. I, p. 21.9]
~ Phot, a 117]; vd. Poli. III. 47, Hsch. a 300: su queste testimonianze cfr. Latte
1941, p. 85 [= 1968, p. 670]) sia concorde nel segnalare la purezza del vocabolo
di contro aH’utilizzo di άγάμετος, epiteto il cui impiego è documentato in
Sofocle (fr. 970), e della variante ‘prosodica’ άγάμητος, adoperata, secondo
Polluce (III. 47), dai commediografi della nea (= Com.Adesp. fr. 770).
Ιάζυγον]· Così il consensus dei codici della Synagdgè e di Fozio. Sulle
proposte di emendazione relative a questo epiteto vd., supra, ad Testo.
όξύθυμον II termine, formato sulla base dell’aggettivo οξύς (“acuto”,
“aspro” e, in senso morale, “impetuoso”, “irritabile”) e del sostantivo θυμός
(“animo”), indica propriamente “colui che è portato facilmente all’ira” (προς
οργήν εύκολος: così viene chiosato il vocabolo dallo schol. [EEJLh] Ar. Eq.
706a Jones - Wilson). Attestato nella letteratura tragica superstite in Eschilo
(Eum. 705: si tratta della prima occorrenza nota del vocabolo) e in Euripide
(Med. 319, Or. 1198, Ba. 671; cfr. inoltre il deverbativo όξυθυμέω in Andr. 689
e il denominale όξυθυμία in Andr. 728), l’aggettivo ricorre in commedia, ol-
150 Per le donne è di norma usato άνανδρος per cui cfr. Aesch. Pers. 289, Supp. 287;
Soph. OT 1506, Tr. 308; Eur. Med. 435, Hipp. 547, Andr. 347, Hec. 669, Hel. 283; vd.
anche Eur. Cyc. 306.