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Phrynichos
Del tutto arbitraria è invece la proposta di Blaydes (Adv. I, p. 44; cfr. Blaydes
Adv. II, p. 53) di sostituire l’ultimo aggettivo, δρομάς, con σοβάς (“capric-
ciosa”), sulla base del confronto con Eup. fr. 373 (παρά τήδε σύ σοβάδι
κατηγάγου).
Interpretazione II frammento consta di tre appellativi di tono scommatico
volti a risaltare la lascivia di un ignoto personaggio femminile, che sia Bergk
(1838, pp. 314-315) sia Meineke (FCG II.l, p. 593) - entrambi partendo dal
presupposto di un plot drammatico incentrato sul certamen poetico tra Sofocle
ed Euripide: vd., supra, ad Contenuto - ritenevano di poter identificare con
la “Musa” che ispirava la tragedia euripidea.* * * * * * * 242 Simili sequele di insulti ‘al
femminile’ non sono affatto infrequenti nei testi comici: cfr. Cephisod. fr. 7
(ώ kcù λέων καί μυγαλή και σκόρπιός); Pherecr. fr. 186 (άνδροκάπραινα καί
μεθύση καί φαρμακίς); Hermipp. fr. 9 (ώ σαπρά καί πασιπόρνη καί κάπραινα);
Com.Adesp. fr. 516 (ώ προδότι καί παραγωγέ και μύραινα σύ). Un’analoga
sequenza di ingiurie ‘al maschile’ è, per es., in Ar. fr. 26 (ώ μιαρέ καί Φρυνώνδα
καί πονηρέ σύ).
κάπραινα II sostantivo, equivalente femminile del nome κάπρος (“cin-
ghiale”, “verro”), è piuttosto raro: ricorre in commedia (oltre a Frinico, cfr.
Hermipp. fr. 9; vd. inoltre il composto άνδροκάπραινα in Pherecr. fr. 186), nel
fr. 1.15 del de arboris avibusque fabulae (= GDRKT, p. 35 Heitsch), componi-
mento lirico anonimo databile al II-III secolo d. C. e, infine, nei lessicografi, che
chiosano il termine come sinonimo di γυνή ή όργώσα προς μ<£>ίξεις (Ael.Dion.
κ 9) ovvero di καταφερής (Hsch. κ 737). Un valore traslato, quello documentato
dai lessici, che va senz’altro riconosciuto nel frammento di Frinico e nei su
citati passi di Ermippo e di Ferecrate, dove l’epiteto serve a qualificare un
quelle parole facessero parte di un altro frammento: «nisi diversum fragmentum
indicatur»). Giova ricordare che Blaydes, nella sua diortosi, non faceva altro che
recuperare una precedente suggestione di H. Jacobi (ap. Meineke FCG V.l, p. xcv),
che, nei Supplemento, addendorum al II volume dei FCG, nel riportare la lettura del
codice A, stampava le parole καί φορβάς con una spaziatura maggiore rispetto al
resto della pericope pollucea, alludendo alla possibilità che quel sintagma facesse
sempre parte del citatum (un’analoga scelta editoriale s’incontra in Kock [CAPI,
242 P· 379])'
Cfr. Ar. Ra. 1306-1308, in cui la Μουσ’ Εύριπίδου è descritta «come una vecchia
laida, se non addirittura come una prostituta capace delle prestazioni più infime»
(Beta 2009, p. 150 n. 110); sul passo aristofaneo cfr. Dover 1993b, pp. 351-352;
Sommerstein 1996a, p. 274; Totaro 2006, pp. 682-683 n. 208; De Simone 2008; Di
Marco 2009; il merito di aver individuato delle possibili analogie tra il verso di
Frinico e il passo delle Rane si deve a Kock (CAPI, p. 379).
Phrynichos
Del tutto arbitraria è invece la proposta di Blaydes (Adv. I, p. 44; cfr. Blaydes
Adv. II, p. 53) di sostituire l’ultimo aggettivo, δρομάς, con σοβάς (“capric-
ciosa”), sulla base del confronto con Eup. fr. 373 (παρά τήδε σύ σοβάδι
κατηγάγου).
Interpretazione II frammento consta di tre appellativi di tono scommatico
volti a risaltare la lascivia di un ignoto personaggio femminile, che sia Bergk
(1838, pp. 314-315) sia Meineke (FCG II.l, p. 593) - entrambi partendo dal
presupposto di un plot drammatico incentrato sul certamen poetico tra Sofocle
ed Euripide: vd., supra, ad Contenuto - ritenevano di poter identificare con
la “Musa” che ispirava la tragedia euripidea.* * * * * * * 242 Simili sequele di insulti ‘al
femminile’ non sono affatto infrequenti nei testi comici: cfr. Cephisod. fr. 7
(ώ kcù λέων καί μυγαλή και σκόρπιός); Pherecr. fr. 186 (άνδροκάπραινα καί
μεθύση καί φαρμακίς); Hermipp. fr. 9 (ώ σαπρά καί πασιπόρνη καί κάπραινα);
Com.Adesp. fr. 516 (ώ προδότι καί παραγωγέ και μύραινα σύ). Un’analoga
sequenza di ingiurie ‘al maschile’ è, per es., in Ar. fr. 26 (ώ μιαρέ καί Φρυνώνδα
καί πονηρέ σύ).
κάπραινα II sostantivo, equivalente femminile del nome κάπρος (“cin-
ghiale”, “verro”), è piuttosto raro: ricorre in commedia (oltre a Frinico, cfr.
Hermipp. fr. 9; vd. inoltre il composto άνδροκάπραινα in Pherecr. fr. 186), nel
fr. 1.15 del de arboris avibusque fabulae (= GDRKT, p. 35 Heitsch), componi-
mento lirico anonimo databile al II-III secolo d. C. e, infine, nei lessicografi, che
chiosano il termine come sinonimo di γυνή ή όργώσα προς μ<£>ίξεις (Ael.Dion.
κ 9) ovvero di καταφερής (Hsch. κ 737). Un valore traslato, quello documentato
dai lessici, che va senz’altro riconosciuto nel frammento di Frinico e nei su
citati passi di Ermippo e di Ferecrate, dove l’epiteto serve a qualificare un
quelle parole facessero parte di un altro frammento: «nisi diversum fragmentum
indicatur»). Giova ricordare che Blaydes, nella sua diortosi, non faceva altro che
recuperare una precedente suggestione di H. Jacobi (ap. Meineke FCG V.l, p. xcv),
che, nei Supplemento, addendorum al II volume dei FCG, nel riportare la lettura del
codice A, stampava le parole καί φορβάς con una spaziatura maggiore rispetto al
resto della pericope pollucea, alludendo alla possibilità che quel sintagma facesse
sempre parte del citatum (un’analoga scelta editoriale s’incontra in Kock [CAPI,
242 P· 379])'
Cfr. Ar. Ra. 1306-1308, in cui la Μουσ’ Εύριπίδου è descritta «come una vecchia
laida, se non addirittura come una prostituta capace delle prestazioni più infime»
(Beta 2009, p. 150 n. 110); sul passo aristofaneo cfr. Dover 1993b, pp. 351-352;
Sommerstein 1996a, p. 274; Totaro 2006, pp. 682-683 n. 208; De Simone 2008; Di
Marco 2009; il merito di aver individuato delle possibili analogie tra il verso di
Frinico e il passo delle Rane si deve a Kock (CAPI, p. 379).