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Phrynichos

fr. 45 (43 K.)
Poli. X. 159 [F, ABCL]
χοιροτροφεϊον δε έν ώ χοίροι τρέφονται, ώς (post ώς, Εΰπολις καί legit Manuzio
1502, ρ. 399.47) έν Ποαστρίαις (έν Π. om. AB: Φρύνιχος έν Π. Manuzio Z.c.) Φρύνιχος
choirotropheion (= “porcile”), dove vengono allevati i porci, come (dice) Frinico
nelle Poastriai (o come dicono Eupoli [fr. dub. 493] e Frinico nelle Poastriai, seguendo
il testo di Manuzio)
Bibliografìa Manuzio 1502, p. 399.47; Meineke FCG ILI, p. 596 [Ποά. fr. ili];
Meineke Ed.min., p. 234 [Ποά. fr. iii]; Bothe PCGF, p. 216 [Ποά. fr. 3]; Kock CAF
I, p. 381; Edmonds FACI, pp. 464-465 [fr. 43]; Kassel/Austin PCG VII, p. 414;
Storey FOC III, p. 69 [fr. 45]
Contesto della citazione Da Polluce (X. 159) apprendiamo che, per indicare
il luogo έν ώ χοίροι τρέφονται, Frinico fece uso, nelle Poastriai, del neutro
χοιροτροφεϊον.
Testo NeWeditio princeps dell’ Onomasticon, la testimonianza di Polluce era
registrata nella seguente forma: χοιροτροφεϊον δέ έν ώ χοίροι τρέφονται,
ώς Εΰπολις καί Φρύνιχος έν Ποαστρίαις. Nei principali manoscritti pollucei
non v’è però traccia della lettura Εΰπολις καί (= Eup. fr. dub. 493), per cui è
impossibile stabilire donde Manuzio (1502, p. 399.47) attingesse il testo con la
notizia su Eupoli da lui stampato.
Interpretazione Come segnalato in nota da Kassel/ Austin (PCG VII, p. 414),
un possibile termine di confronto per il frammento di Frinico andrebbe indi-
viduato nel v. 844 & delle Vespe di Aristofane, in cui, per mezzo del sintagma
χοιροκομεϊον Εστίας, si allude - come chiariscono gli scholl. [vett.-Tr.] 844a-
b, 846a - alla pratica degli Ateniesi di allevare nei cortili delle proprie case
maiali, che, poco prima di essere mangiati, venivano sacrificati ad Estia, la
divinità protettrice del focolare domestico (sull’esegesi del passo aristofaneo
vd. MacDowell 1971, p. 244; Mastromarco 1983, p. 510 n. 134; Sommerstein
1983a, p. 208).
χοιροτροφεϊον II composto nominale non è attestato prima di Frinico e
dovrà ritenersi un conio linguistico del commediografo o, più probabilmente,
un vocabolo del sermo cotidianus impiegato dal poeta nel suo dramma.
 
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