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Incertarum fabularum fragmenta (fr. 69)

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Al v. 2, van Herwerden (1882, p. 73) suggeriva di espungere dal citatum la
voce οίκος, che restituiva ad Ateneo. Non viene tuttavia segnalato dagli ultimi
editori del frammento che, ben prima di van Herwerden, già Bothe (PCGF,
p. 219) avanzava non pochi dubbi sul vocabolo, ritenendolo una glossa pene-
trata indebitamente nel testo di Frinico: «postremum οίκος fortasse de glossa».
Interpretazione Era usanza presso i Greci indicare le dimensioni di una sala
da pranzo o da banchetto, specificando il numero di κλίναι che essa conteneva
ovvero poteva contenere: cfr. Poli. I. 79: λέγεται δε καί οίκος τρίκλινος,
πεντάκλινος καί δεκάκλινος καί απλώς, προς τό μέτρον τού μεγέθους ό των
κλινών αριθμός (vd. inoltre VI. 7 [nella sezione riservata al simposio e ai
termini ad esso correlati]: τό μέν χωρίον συμπόσιον, άνδρώνα, συσσίτιον,
τρίκλινον οίκον ή πεντάκλινον ή δεκάκλινον); in merito cfr. McCartney 1934.
Per quello che ci è dato sapere dalle fonti archeologiche, nell’Atene di quin-
to secolo, le case più piccole disponevano in genere di una sala da pranzo
capace di ospitare fino a un massimo di tre κλίναι (cfr. Pesando 1989, p. 83;
Lippolis / Livadiotti / Rocco 2007, p. 463); negli edifici più grandi il numero di
κλίναι poteva invece raggiungere le undici unità (cfr. Bergquist 1990, p. 38;
Putz 2007, p. vi n. 1). Da X. Smp. 2. 18 si evince che il celeberrimo simposio
organizzato da Callia III, a casa sua, per festeggiare la vittoria di Autolico nella
gara del pancrazio durante le Grandi Panatenee del 422 a. C., ebbe luogo in
una sala con sette κλίναι: un numero non propriamente eccezionale, ma degno
del proprietario dell’oÌKoq presso cui si svolgeva il ricordato banchetto.353 Alla
luce di questi dati, viene da chiedersi se non sia possibile ipotizzare che i versi
di Frinico restituiscano parte di una descrizione degli ambienti da ricevimento
di cui era fornita la casa di un “riccone” del tempo; una lussuosa dimora in cui
era possibile imbattersi in sale da pranzo con sette e addirittura nove lettini
(e non è da escludere che l’elenco di οίκοι proseguisse con la descrizione di
stanze con un numero di κλίναι superiore alle nove unità).
Storey (FOC III, p. 77) ha suggerito di assegnare i versi ai Kàmastai.

traduzioni latine del frammento da parte di Conti (1556, p. 62A: «Septemclinia
domus erat pulchra: postea hoc novemclinium, & quinque lectos Siculos: die aliud,
sicula luvinaria quinque») e di Daléchamps (1583, p. 37: «A. conclave pulchrum
hoc fuit, heptaclinum, deinde enneaclinum: quinque lectos Siculos quinque habu-
is. B. Addis ne quidquam praeterea? A. Cervicalia insuper quinque Sicula»; tale
traduzione fu accolta nell’edizione di Casaubon, che però stampava distintamente
e correttamente i due frammenti nel testo greco a fronte).
353 Cfr. Hub 1999, p. 154: «Fur ein Symposion wie das des Kallias war ein Raum mit
sieben Klinen eine Standardgróbe».
 
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